Recensione

The Last of Us

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a cura di Pregianza

Informazioni sul prodotto

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The Last of Us
  • Sviluppatore: Naughty Dog
  • Produttore: Sony Interactive Entertainment
  • Distributore: Sony
  • Piattaforme: PS3
  • Generi: Azione , Avventura
  • Data di uscita: 14 Giugno 2013

Quando una software house guadagna il favore della critica praticamente all’unanimità, è inevitabile che venga circondata da attenzioni e pressioni provenienti sia dai distributori che dal pubblico, sempre desiderosi di nuovi prodotti di qualità. Più si va avanti e più diventa arduo mantenere livelli qualitativi adeguati, rinnovarsi e soddisfare appieno le pretese dei più, vuoi per un blocco creativo, per disguidi organizzativi o tempistiche per una volta mal calcolate. Sono poche le case riuscite ad andare avanti per la loro strada senza mai inciampare, e persino alcune tra le più acclamate recentemente hanno fatto passi falsi o scontentato i loro fan con mosse di furbizia discutibile.
I Naughty Dog no. 
L’azienda californiana non ha mai realmente deluso, sfornando sempre dei must have criticabili solo quando paragonati alle loro stesse opere e guadagnandosi di diritto il titolo di punta di diamante di mamma Sony. Più di un sopracciglio tuttavia si è alzato quando i nostri hanno presentato il loro ultimo lavoro, The Last of Us, un action adventure con elementi survival, basato fondamentalmente sull’ennesima variante sul tema degli zombie. “Uncharted coi non morti”, dicevano i meno informati, “un survival horror con il graficone” affermavano altri ancor meno preparati sull’argomento, eppure il team non si è scomposto ed è andato avanti svelando poco o nulla dell’opera, con l’incedere sicuro di chi sa di avere un asso decisivo nascosto nella manica.
Noi abbiamo chiaramente seguito il gioco con attenzione e curiosità durante tutto il suo sviluppo, accompagnati da molti dubbi e qualche pratica certezza. Ora lo abbiamo finalmente completato, giocandolo fino allo sfinimento. Lo vedete il voto in cima alla pagina? No, non è un’illusione ottica, né un bug del sito. Siamo davvero davanti a qualcosa di memorabile. 
Mors tua vita mea
Se fate parte del gruppo di coloro che divorano documentari dalla mattina alla sera, probabilmente ricorderete un pezzo andato in onda sulla BBC che parlava del Cordyceps, un fungo parassita capace di infestare le formiche, prendere il controllo dei loro minuscoli cervelli e costringerle a raggiungere luoghi elevati, dove può in seguito diffondersi più facilmente. Inquietante, non c’è che dire, ma ora immaginate una versione evoluta di questo parassita, in grado di infestare un essere umano e di trasformarlo in una bestia il cui solo istinto è la diffusione delle spore da cui è pervaso. Questa è la premessa di The Last of Us, una visione dell’invasione di non morti che taglia i ponti col misticismo per radicarsi nelle cause scientifiche e riesce, così facendo, ad apparire nettamente più umana e coinvolgente rispetto alle solite varianti viste e straviste.
Commettereste tuttavia un errore grave a ritenere l’ultima opera dei Naughty Dog una semplice zombie story con un tocco di originalità in più. La trama è infatti incentrata quasi completamente sul rapporto che viene a formarsi tra Joel, un burbero individuo che ha visto iniziare l’infezione e a cui la vita non ha regalato che sciagure, ed Ellie, una sveglia ragazzina nata quando il mondo era già in frantumi, costretta a crescere fin troppo in fretta. Non vi sveleremo nulla più di questo, né il motivo per cui la strana coppia si ritrova a viaggiare insieme, né altri dettagli della storia. Sappiate solo che il gioco vanta una narrativa eccezionale, drammatica ed estremamente matura, che non fa sconti ed evita di seguire i tòpoi videoludici tipici.
In parte l’eccellenza della sceneggiatura è legata senza ombra di dubbio alla perfetta chimica tra i protagonisti e alle crude vicende che li vedono sfidare quasi senza tregua una terra dove ormai la moralità non significa più nulla, ma i Naughty Dog sono riusciti a nobilitare ulteriormente la loro storia compiendo un‘impresa che sembrava impossibile: contestualizzare a dovere la violenza in un videogioco. Anche The Last of Us soffre delle barriere narrative tipiche del media di appartenenza, e a causa delle concessioni che il team è stato costretto a fare al gameplay non mancano situazioni che si trasformano in veri e propri massacri, ma subisce tali limitazioni solo in minima parte, poiché la violenza qui ha un senso ed è una necessità. Le uccisioni, il sangue che scorre e la durezza delle azioni dei protagonisti sono giustificati dalla terribile situazione in cui si trovano, eppure il titolo non commette mai l’errore di perdonarli e, soprattutto, non osa desensibilizzare il giocatore, puntando su scene così brutalmente realistiche da sembrare portate all’eccesso, quando in realtà non è così. La regola è solo una, “uccidere o morire”, e tale concetto può fare da reale supporto alla narrativa solo in un’ambientazione come quella tratteggiata dagli sviluppatori, un mondo ove agli uomini non è concesso nemmeno il lusso di sperare, figuriamoci quello di provare pietà. Mostrando all’utente fino a dove la disperazione può spingere un essere umano e fino a che punto la mostruosità di una piaga inarrestabile può distruggere la vita delle persone, la software house statunitense ha sfondato il muro di preconcetti e convinzioni che vuole il videogioco come inadatto a raccontare una storia, e ha creato un’opera che, pur prendendo a piene mani da lavori di altissima caratura come il The Walking Dead di Kirkman (il fumetto, non la serie tv), si erge sopra a qualunque altra nell’ormai fin troppo popoloso campo delle trame post zombie-apocalisse. 
Seguirete ogni scena di The Last of Us in religioso silenzio, avanzerete per le desolate strade degli Stati Uniti spinti da una forza inarrestabile, e verrete colpiti di continuo allo stomaco dagli eventi, come da un pugno che fa un male cane ma salva un uomo dal soffocamento. 
Survival of the smartest
Con uno scheletro narrativo così imponente sarebbe lecito aspettarsi una giocabilità di pari livello. I Naughty Dog non hanno però tentato una strada inesplorata, congegnando sì un sistema piuttosto unico, ma composto da elementi presi da altri generi e sottogeneri. Strutturalmente The Last of Us è un action-adventure, dove le meccaniche sono principalmente quelle di uno stealth game, con elementi da tps e survival game lanciati nel frullatore a pieno regime. Il collante che mantiene integra la scultura è uno soltanto, la limitazione. Joel  è un duro, ma non è un supersoldato né un agilissimo scalatore. Se coinvolto in uno scontro a fuoco non sarà in grado di sorprendere i nemici con manovre acrobatiche, bullet time o poteri speciali di altra natura… è sopravvissuto per tutti questi anni grazie alla sua capacità di studiare le situazioni muovendosi silenziosamente e a un ottimo udito. 
E’ esattamente così che vi troverete a giocare questo titolo, con calma e ponderando ogni mossa: non potrete in nessun caso buttarvi a capofitto in mezzo a una sparatoria, verrete semplicemente crivellati di colpi, e non riuscirete a eliminare facilmente gli avversari uno ad uno con precisi headshot, considerando che il mirino si allarga facendosi sempre estremamente impreciso quando ci si sposta e le munizioni sono contatissime. Ogni battaglia andrà approcciata in modo tattico, cercando di sprecare meno risorse possibili e utilizzando al meglio gli arnesi a disposizione dei protagonisti. 
Vista la scarsità di oggetti, i momenti di calma saranno di solito dedicati alla ricerca di utili gingilli e suppellettili necessari alla produzione di armi e strumenti vari, come bombe a chiodi, medikit, molotov, o semplici lame improvvisate. Ognuna di queste cose avrà un ruolo preciso nelle battaglie, anche in virtù delle capacità dei vari nemici e della loro estrema intelligenza. Già, perché l’intelligenza artificiale di The last of Us è stellare, tra le migliori che abbiamo mai avuto modo di vedere in un videogame. Gli sviluppatori si sono concentrati moltissimo sulla furbizia degli avversari umani, e quando sarete impegnati in uno scontro contro un gruppo di spietati cacciatori li vedrete seguire pattern estremamente mutevoli, difficili da prevedere e arginare anche con un tattica precisa in testa. Ci sono due o tre vie alternative per raggiungervi? Mantenete la stessa posizione troppo a lungo e vedrete i nemici dividersi per aggirarvi da ogni lato, con attacchi contemporanei o a tempi alterni. Volete distrarre un paio di guardie con un mattone? Solo uno dei due si sposterà verso la fonte del rumore, mentre l’altro lo terrà d’occhio mantenendo il controllo sulla zona, senza contare che, una volta scoperta la causa, il mariuolo in movimento ricomincerà a spostarsi con il doppio della cautela. La variabilità dello script è incredibile, vedrete i cacciatori indietreggiare per riguadagnare una posizione vantaggiosa dopo un attacco o ritirarsi alla ricerca di rinforzi vicini, oltre a osservare spesso le scontate capacità di stanarvi da una cover con una molotov ben piazzata, o di puntare all’assalto diretto se privati di una via di fuga. 
Il sistema stealth del gioco e la cauta preparazione subentrano qui, legati indissolubilmente alla pericolosità degli antagonisti. Muoversi chinati in silenzio e strangolare un energumeno ignaro della vostra presenza è sempre il miglior corso di azione, ma non pensiate che la cosa sia particolarmente facilitata, perché Joel ha bisogno di qualche secondo prima di mettere al tappeto qualcuno soffocandolo, e non ha la forza per trasportare un corpo senza vita in una locazione nascosta. L’unico reale aiuto è rappresentato dalla “Modalità Ascolto”, che permette al giocatore di percepire gli spostamenti attraverso i muri grazie al suono prodotto dai passi, ed è comunque disattivabile in qualunque momento dalle opzioni. Inutile dire che, scoperto il cadavere di un loro amico, i cacciatori inizieranno a cercare la strana coppia molto più attivamente, rendendovi più difficile il superamento di una fase.
Va precisato, inoltre, che la costruzione degli oggetti e l’uso dei medikit non saranno istantanei, ma richiederanno di aprire lo zaino e far passare un po’ di tempo, forzando a valutare attentamente i luoghi sicuri dove riprendere fiato o mettere in atto un piano. Unite l’I.A. superba sopra descritta a questi freni nelle meccaniche, e otterrete un titolo ove ogni scontro è diverso dall’altro, come se la campagna ponesse il giocatore dinnanzi a una serie di livelli sandbox da affrontare in dozzine di modi. Funziona alla grande.
Il vero mostro è sempre l’uomo
Che ne è stato però degli infetti attorno a cui si deve lo stato disastrato del pianeta terra? Semplice, rappresentano una interessante alternativa alle battaglie appena descritte e mettono l’utente di fronte a mostruosità ben più numerose e pericolose di un normale essere umano, ma anche più facili da arginare. Gli infetti si dividono in quattro tipologie, stadi della mutazione che dipendono dal tempo lasciato al Cordyceps per svilupparsi: i Runner sono ancora in grado di vedere, molto rapidi nei movimenti e aggressivi, ma non particolarmente pericolosi se presi singolarmente. Gli Stalker sono una versione potenziata dei Runner, capace di nascondersi e dotati di una vista meno acuta. I Clicker sono invece infetti abbastanza lenti e ciechi, ma dotati di un notevole udito e capaci di eliminare Joel all’istante se attaccati senza un’arma per il corpo a corpo. Infine abbiamo i Bloater, enormi ammassi ambulanti di spore che uccidono in un colpo se avvicinati e attaccano a distanza con granate fungine esplosive. 
Minacciosi, non c’è che dire, ma molto più “bestiali” dei cacciatori, molto sensibili al fuoco e ai suoni, e limitati di solito a movimenti inconsulti a zig zag o a un assalto diretto di gruppo. Come spiegato da un personaggio incontrato durante il gioco, Bill, “la compagnia degli infetti e meglio di quella degli umani, sono più prevedibili”. 
Le sessioni contro gli infetti sono le più ricche di tensione del gioco, perché, anche se tatticamente meno impegnative, possono portare a una rapida morte a causa delle orde che si scatenano dopo aver fatto un rumore di troppo. I Naughty Dog hanno usato espedienti da horror tipico ben congegnati, limitando la visibilità in zone ricche di spore, e inserendo questi zombie “naturali” in aree spesso prive di illuminazione da rischiarare con la torcia (a cui i Runner peraltro non fanno caso pur vedendoci, poiché danno peso solo alle creature viventi e non alle fonti di luce) o particolarmente ramificate e angoscianti.
La varietà limitata degli avversari non deve spaventare. Ogni scontro è uno studio, e la notevole larghezza e complessità delle mappe di gioco rende praticamente impossibile annoiarsi durante le fasi più pericolose. Il fatto che Ellie, la vostra giovanissima compagna, sia spesso anche più intelligente dei nemici umani incontrati, poi, non fa altro che migliorare l’esperienza.
La ragazza vi aiuterà attivamente nelle sparatorie, attaccando i nemici e stordendoli saltuariamente con dei mattoni, o indicando la loro posizione con un urlo nel caso decidano di comparire alle vostre spalle. Dovrete anche curarvi raramente del suo status, visto che non farà rumore né si esporrà di sua iniziativa, e si troverà realmente in pericolo solo se attaccata direttamente dagli infetti (ma in quel caso basterà un colpo deciso all’assalitore per salvarla). Altri compagni temporanei trovati durante l’avventura si comporteranno in modo simile, evitandovi qualunque frustrazione legata a loro.  
Gli ultimi tasselli della campagna di The Last of Us sono rappresentati dai puzzle ambientali e dall’esplorazione. I primi sono semplici rompicapo, di solito legati a scale, bidoni, o rampe da spostare per raggiungere una locazione superando un ostacolo e che necessitano il più delle volte dell’aiuto di Ellie per essere superati. La seconda è invece un’importante fattore dei momenti sereni del gioco, sia per la necessità di raccogliere risorse citata all’inizio, sia per la presenza di collezionabili e di numerose testimonianze scritte o registrate di vittime del Cordyceps, che aiutano a delineare ulteriormente lo splendido quanto terrificante mondo creato da Naughty Dog. Non si tratta certo di aggiunte rivoluzionarie, ma mantengono fluido l’avanzamento della campagna, spezzando un po’ l’ansia e permettendo al giocatore di osservare con calma ciò che lo circonda.
C’è pure un sistema di sviluppo di armi e personaggio, correlato a medicinali e parti meccaniche raccolte nelle varie zone, che favorisce i giocatori più pazienti e dediti alla ricerca. Insomma, non manca nulla, né la profondità, né la varietà, né il livello di sfida, più che accettabile a normal e brutale alla difficoltà sopravvissuto, peraltro sbloccata solo dopo la conclusione della prima run. 
Appurato che la campagna è un’impeccabile fusione di generi supportata da una narrazione inarrivabile, ci siamo buttati sul multiplayer con qualche dubbio più marcato, anche in virtù delle affermazioni forse un po’ troppo galvanizzate degli sviluppatori. Online The Last of Us mantiene un gameplay pressoché identico a quello della campagna in singolo, con una Modalità Ascolto utilizzabile solo saltuariamente per periodi limitati e la stessa enfasi sullo stealth e sulla strategia. Le modalità sono solo due, e vedono squadre da quattro giocatori sfidarsi per raccogliere risorse che andranno poi a nutrire i membri in crescita continua del proprio clan. Obiettivo finale: sopravvivere per ben 12 settimane, dove lo scorrere dei giorni è rappresentato dal completamento di ogni partita.
In Caccia ai Rifornimenti, le due squadre avranno a disposizione un limite di 20 respawn, finiti i quali rischieranno di perdere la partita. Gli scontri avverranno in sette mappe estremamente estese e ricche di nascondigli, in battaglie dove il gioco di squadra è tutto, le uccisioni silenziose alle spalle sono una possibilità concreta ed è importante raccogliere risorse in cassette degli attrezzi sparse per la mappa. Si muore rapidamente, e i proiettili sono anche qui limitati, ma è possibile personalizzare e potenziare i propri loadouts con le risorse ottenute di battaglia in battaglia, o acquistare munizioni e protezioni extra ottenendo prestazioni di tutto rispetto. Tali prestazioni andranno a ripercuotersi sullo stato del clan, poiché le provviste raccolte dopo una buona partita faciliteranno il nutrimento dei membri del gruppo e favoriranno la loro sopravvivenza. Più a lungo il clan sopravvive, più oggetti si sbloccano per personalizzare il proprio personaggio, un’idea semplice ma arguta che aggiunge un tocco di personalità al tutto.
A ogni passaggio di settimana diverrà più difficile mantenere sani e nutriti i propri seguaci, a causa dell’introduzione delle missioni. Queste sono obiettivi specifici, che se completati vi eviteranno problemi, ma se ignorati porteranno una percentuale fissa della vostra popolazione ad ammalarsi, diminuendo le loro chance di una lunga vita. In pratica, se volete sbloccare tutto, vi tocca giocare benone ed evitare i ragequit. 
La modalità Sopravvissuti, ultima chicca, non è altro che un team deathmatch hardcore, senza respawn al meglio di sette match. Risorse e regole dei clan sono sempre le stesse.
Dobbiamo ammettere di essere rimasti discretamente delusi dall’offerta effettiva del multiplayer di The Last of Us, più che altro per la totale mancanza di cooperativa o di un azzeccato horde mode, ma il peculiare gameplay, unito alla forte enfasi sulle strategie di squadra la rendono più divertente di quanto ci si possa aspettare, un “di più” che rappresenta comunque un ottimo valore aggiunto.
La bellezza di un mondo finito
Tecnicamente The Last of Us rappresenta per Playstation 3 un chiaro capitolo conclusivo. Frusta letteralmente il sistema per portarlo al massimo ottenibile, spremendolo fino all’ultima goccia di sangue senza pietà alcuna. La direzione artistica è estremamente ispirata, i modelli tridimensionali dettagliatissimi, le animazioni fluide, l’I.A. superlativa, e l’illuminazione realistica e curatissima. Eppure si notano spesso texture che caricano parzialmente in leggero ritardo, come se la macchina di Sony non riuscisse a processare tanto ben di dio tutto insieme. Il problema è di poco conto davanti alla magnificenza grafica del singleplayer, ma si nota in modo sensibile nel multi, ove la grafica è volutamente scalata verso il basso. Il punto più alto della produzione non è però il comparto grafico, bensì quello sonoro. I doppiaggi in lingua originale sono qualcosa di assolutamente incredibile, con prove d’attore capaci di far impallidire buona parte della cinematografia hollywoodiana, e animazioni facciali praticamente reali durante le cutscene che rendono ancora più emozionante l’avventura. La buona notizia è che stavolta il doppiaggio italiano non è da meno, grazie a un lavoro dei doppiatori nostrani di rara finezza, che dimostra grandissimo impegno e passione. Scattorin ha una voce molto giovanile, che inizialmente può stonare con la figura di Joel, ma recita così bene che ci vuole pochissimo a passare sopra alla cosa e ad accettarlo senza difficoltà. Gea Riva è straordinaria.  
Nella produzione ci sono delle mancanze, abbiamo ad esempio notato alcuni fastidiosi bug visivi e non, e l’intelligenza artificiale, nonostante i suoi complessi script, può a volte venir fregata con espedienti ripetuti o agire in modo non brillantissimo. Ma sono piccolezze in un prodotto di tale livello. 
Chiudiamo questo fiume inarrestabile di parole elogiando la longevità, visto che la campagna si snoda in circa 15 ore di gioco, che possono crescere esponenzialmente o diminuire di poco a seconda dello stile adottato dal giocatore.

– Spezza le barriere della narrativa videoludica

– I.A. superlativa, che rende ogni scontro diverso dall’altro

– Gameplay che costringe a usare il cervello

– Il multiplayer è una gradita aggiunta

– Tecnicamente superbo e sonoro stratosferico

– Qualche bug e singhiozzo grafico

– Poche modalità online

10

Un voto perfetto potrà sembrarvi un eccesso su questo sito. Dopotutto, sulle nostre pagine non si è mai visto. Ma The Last of Us ci è sembrato il giusto titolo per sdoganarlo, non perché impeccabile in ogni suo aspetto, ma perché indubbiamente in grado di ergersi tra le colonne portanti dell’industria videoludica. L’ultima opera dei Naughty Dog è la chiusura ideale dell’attuale generazione, un lavoro che non tratta l’utente come un idiota, e non si preoccupa di turbarlo e maltrattarlo pur di trasmettergli appieno i suoi messaggi. Disintegra le barriere narrative dei videogiochi, proponendo una campagna strutturata con una maestria incredibile, supportata da meraviglie tecniche e brillanti trovate di game design. Non importa quale sia il suo media di appartenenza o chi sia l’autore, chiunque deciderà di affrontare tematiche di questo tipo dovrà confrontarsi con questo capolavoro in futuro, e difficilmente uscirà con le ossa integre dal confronto.

Voto Recensione di The Last of Us - Recensione


10