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The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me | Recensione - Sulla scia degli slasher

The Devil in Me aveva la possibilità di chiudere con grande decoro la prima stagione della serie horror antologica, ma non fa altro che cadere nei soliti errori. Vi spieghiamo perché nella nostra recensione.

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me
The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me
  • Sviluppatore: Supermassive Games
  • Produttore: Bandai Namco
  • Distributore: Bandai Namco
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , PS5
  • Generi: Avventura , Survival Horror
  • Data di uscita: 18 novembre 2022

Con The Devil in Me, la serie horror The Dark Pictures Anthology prova a invertire la tendenza qualitativa altalenante e tenta in definitiva di mettere fine a quei passi falsi che gli amanti della saga hanno dovuto subire loro malgrado. Se dopo la cocente delusione di Little Hope c'era stato un piccolo sussulto di ripresa con House of Ashes (ecco la nostra recensione), quest'ultimo capitolo prova a chiudere col botto la prima stagione dell'antologia.

La scelta di Supermassive Games di fare uscire un gioco all'anno ha sempre impattato in maniera piuttosto negativa sui prodotti finali, e la reiterazione di certi schemi non ha fatto altro che mettere in luce un ripetersi di situazioni e consuetudini che hanno frenato le ambizioni di tutti gli episodi. Anche le migliorie a livello di gameplay si sono rivelate risibili, e non sono mancati alcuni passi indietro che ci hanno fatto chiedere più volte per quale oscuro motivo il team di sviluppo tendesse a semplificare in modo così netto la formula di gioco.

Da Until Dawn in poi, l'intervento del giocatore è diventato sempre più rarefatto e le avventure a tema horror si sono gradualmente trasformate in un insieme di filmati con poche interazioni di peso, fino ad arrivare a The Quarry, in cui si guardava molto e si giocava davvero poco. Sebbene quest'ultimo non facesse parte della serie, il modus operandi è diventato sempre più evidente. The Devil in Me (che potete acquistare su Amazon) può essere il passo decisivo per il cambiamento?

The Devil in Me, la storia

Il primo elemento narrativo che balza ben presto all'occhio è il cambio di tono, perché da antiche maledizioni, mostri e creature terribili, The Devil in Me sceglie di aderire alla sottocategoria degli slasher, con tutti i classici cliché del caso.

Si capisce dunque come dal terrore (per la verità sempre delegato a spaventi improvvisi, telefonati e gratuiti) si passi adesso a un titolo che possiede di fatto una fisionomia diversa. Inizialmente esplora i territori del mistero, quasi del thriller, mentre successivamente vi metterà di fronte al classico avversario imponente, pressoché immortale e piuttosto stolido che darà la caccia al gruppo di sventurati con l'unico obiettivo di farli fuori a tutti i costi.

La storia di The Devil in Me parte da una base che affonda le radici nella realtà storica del primo serial killer americano e del suo hotel degli orrori. Farete la conoscenza di Henry Howard Holmes proprio nel prologo di gioco, ambientato sul finire del 1800.

Esattamente come avveniva con House of Ashes, c'è dunque una prima parte iniziale che dà un'infarinatura narrativa utile a comprendere quale sarà l'ambientazione principale e come prenderà corpo il racconto, che seguirà le vicende di un assassino imitatore o forse della reincarnazione del killer che in qualche modo continua a vivere anche nella modernità.

Sedotta dal fascino oscuro della sua storia e da un misterioso invito, una troupe decide dunque di avventurarsi su un'isola sperduta in cui si trova proprio l'hotel del famigerato Holmes. Spinti dall'intenzione di girare nuovi contenuti per la tv, i protagonisti si ritroveranno di fatto in una trappola, vittime inconsapevoli di un piano malevolo studiato fin nei minimi dettagli, tra blandi richiami a Saw e a La Casa Nera (senza però la sua verve da commedia). Chi ha già giocato ai precedenti capitoli saprà benissimo cosa aspettarsi, e in tal senso The Devil in Me non si discosta granché dalla solita struttura proposta in passato.

Ancora una volta è possibile morire con un solo QTE sbagliato o con un respiro non trattenuto a dovere, e questa è con ogni probabilità l'onta più grande da cui la serie non è mai riuscita ad affrancarsi.

Oltretutto, può succedere anche con una semplice scelta che potrebbe apparirvi chiaramente come quella più giusta, ma che secondo logiche assenti conduce invece alla dipartita improvvisa di uno dei vostri personaggi. Colpisce in negativo tutta la prima parte di The Devil in Me, che vi rinchiude tra le mura mutevoli dell'hotel senza farvi mai davvero esplorare a fondo l'edificio. Le porte saranno infatti tutte chiuse tranne quella che vi serve e non esiste alcuna possibilità di perdersi.

Se da una parte avevamo già il sospetto che sarebbe andata a finire così, dall'altra speravamo che questo nuovo capitolo potesse offrire più possibilità di girovagare liberamente, anziché condurvi lungo dei corridoi univoci o con un paio di bivi ciechi dove al massimo troverete dei collezionabili.

Questa grande noia si riverbera in tutta la prima metà, dove di fatto non accade nulla di davvero rilevante, la scrittura tocca dei bassi molto profondi e le lungaggini narrative fungono da riempitivi non necessari – soprattutto se si considera che il gioco si può completare in circa sei o sette ore al massimo.

Queste considerazioni sulla trama – badate bene – vanno fatte al di là della natura leggera e senza impegno dell'antologia, che ha da sempre voluto aderire alle dinamiche da teen horror con richiami più o meno velati ai grandi successi del genere. Senza scomodare l'età d'oro degli slasher che va dalla fine degli anni '70 fino alla prima metà degli anni '80, con figure come Vhoorees e Myers, il nemico di The Devil in Me è forse più associabile a quegli antagonisti delle pellicole di seconda categoria che non riescono in alcun modo a incutere timore. A ciò si va ad aggiungere un'atmosfera dove il tasso ansiogeno è ridotto all'osso,  se si eccettuano un paio di sessioni al buio tra sussurri inquietanti e gridolini che sembrano provenire dalle pareti.

Gameplay

La libertà illusoria vista nel precedente capitolo della serie torna anche in The Devil in Me, che prova anche stavolta a camuffare i corridoi nella seconda metà di gioco, ossia quando si esce allo scoperto e l'avventura dà senza dubbio il meglio di sé.

Oltre alla mobilità maggiore, che resta sempre molto goffa e vittima di farraginosità legate ad animazioni e precisi posizionamenti dei personaggi in relazione agli oggetti, questo nuovo capitolo fa registrare altre piccole novità che per il genere non sono affatto trascurabili. Stiamo parlando della possibilità di spostare oggetti al fine di risolvere dei mini puzzle molto elementari, o di utilizzare gli oggetti unici che ogni personaggio ha in dote.

Nel primo caso, si tratta in fin dei conti di spostare dei carrelli o ciò che resta della mobilia per liberare il passaggio o per crearne di nuovi, mentre nel secondo sono semplici azioni circostanziate che diventano realtà quando il gioco lo richiede esplicitamente. Nulla di troppo importante, sia chiaro, ma è senza dubbio la giusta direzione verso cui deve muoversi la seconda stagione.

Per il resto, purtroppo, The Devil in Me ricade nei soliti errori e abbraccia le solite limitazioni del sistema di gioco, tra cui una telecamera che fa le bizze negli spazi angusti e una tendenza a guidare in modo eccessivo il giocatore.

Gli enigmi che The Devil in Me propone sono poi davvero troppo banali e, dove non si tratta di una semplice combinazione da inserire in un tastierino numerico, c'è sempre indicata la soluzione di lato mentre si prova a riavviare un quadro elettrico. Questo finale di stagione tenta dunque di proporre molto timidamente delle piccole novità, ma lo fa quasi per senso del dovere e senza approfondire le meccaniche di base, che restano semplicistiche e ancorate a un lustro fa.

Lo stesso si può dire della conduzione di gioco, che nel tempo ha perso la verve dei primi giochi di Supermassive Games. Se agli esordi il team di sviluppo dimostrava di avere più assi nella manica da tutti i punti di vista, coi successivi progetti la saga sta un po' facendo la fine degli ultimi Final Destination, forzando molto la mano e trascinandosi stancamente dove non è più necessario.

La seconda stagione già pianificata deve innanzitutto liberarsi dal riciclo forsennato e dalle carenze evidenziate, e in ultima battuta deve anche fare quel salto tecnico diventato ormai necessario. Soprattutto in termini di animazioni facciali poco credibili e cosmesi generale altalenante.

Versione recensita: PC

Voto Recensione di The Dark Pictures Anthology: The Devil in Me - Recensione


6.5

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Introduzione di oggetti unici per i personaggi

  • Lievissime migliorie in termini di interazioni e apertura degli spazi

Contro

  • Si muore ancora sbagliando un solo QTE

  • Alcuni esiti dopo le scelte fatte sono illogici

  • Tecnicamente altalenante, con puzzle banali ed eccessivamente guidato

Commento

Il finale della prima stagione di The Dark Pictures Anthology non riesce a chiudere col botto e, pur non essendo il peggiore del lotto, non riesce nemmeno a raggiungere il livello (sempre piuttosto modesto) di Man of Medan e House of Ashes. The Devil in Me lascia intravedere piccole novità che ci auguriamo di vedere espanse nella seconda stagione, ma le limitazioni di gameplay sono ancora troppo evidenti e la struttura di gioco rimane eccessivamente semplificata, guidando il giocatore in maniera eccessiva, fino quasi a ridurlo alla passività.
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