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La storia videoludica dei Transformers

La saga dei robottoni giganti di Hasbro ha saputo rinnovarsi nel tempo, seguendo di pari passo le evoluzione tecniche delle console dove, anno dopo anno, atterrava.

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a cura di Doctor.Oz

Io sono Optimus Prime e invio questo messaggio ad ogni Autobot sopravvissuto in cerca di rifugio tra le stelle: noi siamo qui, aspettiamo. E via di attacco di chitarra distorta e batteria compassata, mentre un compianto Chester parte con la prima strofa di What I’ve Done. Alzi la mano chi non ricorda il primo Transformers di Bay, quando nella scena finale il buon Optimus Prime lancia un appello ad ogni Autobot perso nel cosmo chiamandolo a sé a proteggere la Terra dagli affamati e malevoli (nonché figherrimi) Decepticon. Ma facciamo un passo indietro ora, riavvolgete il nastro, rassettate i regali sotto l’albero e mettete a dormire Nonno Carlo dicendogli che lo sveglierete in tempo per la tombola.

E prendetevi due minuti. Da dove vengono i Transformers? Chi sono? Perché tra tutte le auto a disposizione, Ratchet, il medico degli Autobot, ha proprio scelto un FIAT Talento mezzo scassato dell’82 come trasformazione? Come i più stagionati tra di voi ricorderanno, la serie Transformers ha avuto la luce nel lontano 1984 dal sodalizio giappo-americano tra TOEI Animation e Hasbro. I due colossi si misero in società con un semplice scopo: fare soldi a palate. Il gigante americhegno voleva inondare il mercato dei giocattoli con dei nuovi toys trasformabili e chiese alla TOEI di collaborare con la Sunbow affinché creassero una serie che avesse come protagonisti dei robot trasformabili. Da lì ad avere Commander (perché Optimus Prime ce lo chiamate voi uaglioncelli millennials, prima aveva un altro nome) che sotto l’albero di Natale scassava di botte Megatron, il passo fu breve. La linea di giocattoli andò talmente bene che furono fatte ben quattro serie e due lungometraggi sui Transformers, poi declinate in fumetti e, ciò che veramente interessa a noi, una lunga serie di prodotti videoludici, più o meno degni di arrivare nelle case dei videogiocatori. Cosa faremo oggi? Beh, snocciolare gli episodi più significati della serie videoludica, toccando il baratro più profondo fino a risalire la vetta più alta dell’Olimpo del gaming. Siete pronti? Avete a portata una buona scorta di Energon? Controllate fuori, che Starscream è sempre in agguato. E gli piace fare la spia.

Tutti i videogiochi sui transformers

Transformers 1986

Capostipite della generazione videoludica in salsa Transformers, fu lanciato su Spectrum – Commodore 64 appena due anni dopo la prima relise televisiva. Sparatutto 2D, si poteva comandare un timido e violaceo Optimus Prime.

Transformers – Convoy No Nazo (1986)

Al di là del nome vagamente filo-hitleriano, forti del successo di vendite, ISCO e Takara svilupparono e pubblicarono un videogioco per l’ammiraglia di casa Nintendo, la gloriosa NES. Sparatutto 2D che aveva per protagonista Ultra Magnus, uno zio-cugino di terzo grado di Optimus Prime ovvero uno di quelli che ti ricordi avere in famiglia solo perché te li ritrovi dentro casa la Vigilia di Natale, ebbe un discreto successo nel paese del Sol Levante (unico paese dove fu pubblicato). La curiosità del titolo fu in realtà un’altra e non riguarda il videogioco in sé e per sé: durante la trascrizione errata in caratteri kanji del titolo, Mistery of Convoy diventò Mistery of Comvoy, con al seguito le relative spernacchiate di chi aveva visto la serie e non ci si raccapezzava più con i nomi.

Transformers: Beast Wars (1997)

Console nuova, vita nuova, nuovi Transformers. Forti del restyling avuto negli anni ’90 nel quali i Transformers passarono da essere feroci tir usciti da Over the Top guidati da Stallone ad animali preistorici dispersi su di un pianeta Terra ancora in piena fase evolutiva. Questo titolo ebbe vari primati, tra cui un paio abbastanza imbarazzanti. Fu il primo prodotto e sviluppato interamente da Hasbro e fu il primo gioco in assoluto ad approdare sull’ammiraglia di casa Sony dopo la parentesi Nintendo. Tra le cose che vorremmo NON ricordare fu un doppiaggio degno delle migliori parodie web: a causa di uno scherzone dei doppiatori, Black Jack e Megatron vennero ribattezzati, non senza un certo estro artistico bisogna dire, Gorilla e T-Rex e, sempre sulla stessa scia di qualche altro doppiatore col vizietto del gomito alzato, le rispettive trasformazioni vennero doppiate in italiano con Ottimizza! (e de che, poi?) e Terrorizza! (con il compiacente plauso dello Stato Islamico).

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Transformers (2003)

Altro giro, altra corsa siniòre e siniori! Si cambia di nuovo piattaforma, si passa alla Playstation 2 ed il franchise videoludico passa in mano a Takara questa volta. Azienda che i più conosceranno come una delle più grosse ditte spillasoldi dell’universo dei toys: da vent’anni a questa parte, difatti, la Takara tiene in mano tutta la commercializzazione delle toys “per adulti” dei Transfomers con la famose serie Masterpiece. Nerd avvisato, portafoglio mezzo salvato: non andate a cercare in rete il loro sito, davvero. Curiosità regina di questo titolo: ai mass media fu comunicato che il gioco si dovesse chiamare Transformers: Tataki, nome che in fase di pubblicazione non fu mai registrato ma con il quale è conosciuto ancora oggi questo titolo. E cioè, carpaccio di tonno.

Transformers: The Game (2007)

Michelone Nazionale Bay mise nel 2007 le mani su tutto il franchise dei robottoni avviando un fortunoso reboot cinematografico che ancora oggi porta orgogliosamente avanti, fatto di magnifiche esplosioni, pezzi di robot volanti divelti a suon di poderose cinquine che manco Bud Spencer e belle figliuole in età di marito (sì, parliamo proprio di Megan Fox). Hasbro, che fiutò la miniera d’oro che aveva in casa, affidò ad Activision la gestione del primo gioco pensato come multipiattaforma. Nel titolo si poteva giocare con Autobot e Decepticon e seguire due filoni di storie completamente diversi. Una chicca per chi, stufo delle ripetute vittorie del tir da rimorchio Optimus, poteva riprendersi una bella rivincita sull’umanità con il simpatico Pistolone-Megatron (anche se nel videogioco aveva le sembianze del film, e quindi di un aereo).

Transformers: War of Cybertron (2010)

Salto ancora una volta generazionale, ed atterriamo direttamente sulla generazione dei miracoli videoludica: Playstation 3, Xbox 360 e PC. High Moon Studios e Activision diedero il meglio di sé in questo sparatutto in terza persona che tutt’ora oggi viene ricordato con amore dai fan e dalla critica. Videogioco duro e puro, inserì per la prima volta nel franchise la possibilità di contenuti aggiuntivi a pagamento (mica è gratis, signò) che poteva ampliare la longevità e l’universo di gioco

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Angry Birs Transformes (2014)

Fu con questo titolo che Rovio calò l’asso di bastoni nella storia dei titoli Transformers. Rompicapo arcigno, completamente fuori di testa come tutti i titoli Angry Birds, venne annunciato tra scroscianti applausi del pubblico al Comi-Con di San Diego del 2014. Serve dirvi che fu uno dei titoli più scaricati del genere puzzle game su mobile di quello stesso anno?

Transformers: Rise of the Dark Spark (2014)

Questo gioco semplicemente non esiste. E se ne avete il ricordo, per piacere, rimuovetelo. Ricordato solo per essere il punto più basso dell’intera serie videoludica. Ora andate oltre, fatelo per voi.

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Transformers: Devastation (2015)

Affossati da critica e pubblico dopo il pessimo titolo dell’anno precedente di cui si farà il nome per rispetto del buon gusto (vedi titolo precedente a questo), Hasbro decise di affidare lo sviluppo di un nuovo titolo sui robottoni niente po’ po’ di meno che a Platinum Games. Hack&slash purissimo, metteva in campo un cell-shading colorato e talmente affascinante da riaccendere la speranza nel cuore dei fan. Il gioco aveva i suoi limiti, non lo si può negare, come ad esempio una longevità non eccelsa ed una certa ripetitività di fondo, ma venne sapientemente sfumata da un combat system degno del miglior Bayonetta. Ma come tutte le cose belle che sono destinate a finire, su Devastation calò la mannaia della rottura finanziaria di partnership: Hasbro, non contenta delle vendite, rimosse a Platinum Games la licenza. Per questo a partire da dicembre 2017 non è più possibile trovare questo titolo in vendita negli store digitali.

La saga dei robottoni giganti di Hasbro ha saputo rinnovarsi nel tempo, seguendo di pari passo le evoluzione tecniche delle console dove, anno dopo anno, atterrava. Un franchise amato, spesso discusso, ma che è riuscito nel tempo a sedimentare una certa fanbase che non è mai sazia di nuovi titoli. Non tutti i titoli sono stati degli esempi di capolavoro videludico, è vero, ma alcuni di essi hanno saputo intrattenere i fan più o meno accanati con intense sessioni e divertenti ore di gioco. E poi, parlandoci chiaro, quattro schiaffi in amicizia tra robot venuti da un’altra Galassia in cerca di Energon fanno sempre bene all’autostima. E alle esplosioni.

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La saga dei robottoni giganti di Hasbro ha saputo rinnovarsi nel tempo, seguendo di pari passo le evoluzione tecniche delle console dove, anno dopo anno, atterrava. Un franchise amato, spesso discusso, ma che è riuscito nel tempo a sedimentare una certa fanbase che non è mai sazia di nuovi titoli. Non tutti i titoli sono stati degli esempi di capolavoro videludico, è vero, ma alcuni di essi hanno saputo intrattenere i fan più o meno accanati con intense sessioni e divertenti ore di gioco. E poi, parlandoci chiaro, quattro schiaffi in amicizia tra robot venuti da un’altra Galassia in cerca di Energon fanno sempre bene all’autostima. E alle esplosioni.