Desideri, bisogni e perché non ci serve nessuna Switch 2 | Occhio critico

La narrativa delle masse vuole Switch incapace di far girare gli AAA, poi arriva The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. Ma che ve ne fate di Switch 2?

Immagine di Desideri, bisogni e perché non ci serve nessuna Switch 2 | Occhio critico
Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Nonostante la prolungata assenza dagli schermi, il nostro Occhio Critico (qui tutte le uscite della nostra storica rubrica) non si è in realtà mai chiuso, scrutando attento il mercato dei videogiochi e l'evoluzione della community come farebbe quello di Sauron dall'alto della sua torre.

La trionfante pubblicazione di The Legend of Zelda Tears of the Kingdom ci ha fornito un assist che è impossibile non sfruttare riguardo all'avanzamento tecnologico e alla presunta inadeguatezza di Switch nell'odierno panorama videoludico.

«Vi sbagliate tutti, gente», sembrano averci voluto dire da Kyoto, e Nintendo, col suo sorriso stampato in faccia, ce lo ha voluto dimostrare ancora una volta.

Nel farlo, peraltro, ci ha regalato uno dei giochi più belli degli ultimi trent'anni. Ma questa è un'altra storia. Benvenuti nella nuova puntata di Occhio Critico, per parlare del confine che passa tra desideri e bisogni.

"Mio cuggino lo fa meglio"

La narrazione è nota: «Switch non ce la fa», «il mio cellulare lo farebbe girare meglio», «cos'è sta definizione?!?» e così via.

Da anni, quando si spense l'eco dell'incredibile successo di Breath of the Wild, che prese per mano milioni di giocatori e li condusse all'interno di un mondo incantevole, il pubblico continua a lamentarsi delle scarse potenzialità grafiche della console ibrida Nintendo, che in effetti già al lancio presentava specifiche tecniche sensibilmente inferiori a quelle della concorrenza.

Noi stessi, in fase di analisi di diversi port, abbiamo più volte sottolineato l'inferiore capacità di calcolo ed i limiti intrinseci dell'hardware, che sono sì oggettivi ma mai davvero impedienti, se non per quelli che sembrano essere diventati gli unici due paradigmi quando si valuta un videogioco: i frame per secondo e la risoluzione.

Se nella storia dei videogiochi avessimo usato questo duplice metro per valutare i prodotti, inutile dire che prima dell'epoca PS3 e Xbox 360 (e anche durante quella, per molti versi) nessun gioco avrebbe mai potuto fregiarsi dell'ambita definizione di "capolavoro", perché entrambi questi valori sarebbero stati visti come risibili dalla community.

Se nella storia dei videogiochi avessimo usato questo metro, oggi nessuno dei giochi PS3 e X360 avrebbe potuto fregiarsi del titolo di "capolavoro".
Invece, fortunatamente, anche titoli che giravano a 20 o 25 fps hanno saputo divertirci, emozionarci e renderci partecipi di un mondo fantastico o della visione dei loro creatori, anche se la definizione complessiva non superava i 480p.

Ma oggi è tutto cambiato: l'avvento dell'alta definizione e la corsa al fotorealismo che ne è conseguita – spesso anche oltre le reali capacità dell'occhio umano di apprezzare certi dettagli e di discernere tra 4K e 8K – ha fatto scadere Switch (e tutte le console che sono sulla sua stessa barca, come la povera Xbox Serie S) al ruolo di prigione per titoli che altrimenti avrebbero brillato su altre piattaforme più performanti.

In questo quadro, incurante delle critiche e orgogliosa di fare una corsa a sé, arriva mamma Nintendo, che, col suo sorriso sornione, ci propina Tears of the Kingdom, capolavoro ludico e, cosa meno importante ma da non trascurare per questa analisi, capolavoro anche dal punto di vista tecnico.

E allora è un fiorire di fegati assurdamente spappolati, di gente che «peccato sia su Switch se no l'avrei preso», di «Nintendo dovrebbe portare le sue IP su console Sony e Microsoft», di «il mio PC Master Race lo emula meglio» (!) e tanti altri "spunti" di questa risma, tanto sui social quanto nei commenti sui siti specializzati come il nostro o d'oltreoceano, cosa ancora più grave perché fatti da un'utenza che dovrebbe essere più informata e più equilibrata nei suoi giudizi.

I punti sono due, e li svilupperemo nei prossimi paragrafi, uno per punto: Tears of the Kingdom è un elefante troppo grosso da non vedere nella camera di quelli che criticano Switch, ma è solo la punta di un iceberg profondissimo.

Secondariamente, Nintendo non avrebbe affatto bisogno di lavorare ad un altro hardware, non per altri due o tre anni almeno, e se farà uscire qualcosa prima di questa data, lo farà per le pressioni di un pubblico probabilmente ignorante, e non per effettiva necessità.

Continuate a leggere e posate i forconi, per favore.

Risultati inimmaginabili, a volerli raggiungere

Chi ha qualche annetto in più sulle spalle sa che Nintendo ha intrapreso una strada differente da quella percorsa dalla concorrenza, che, quindi, non sempre ha senso continuare a considerare tale: da Wii e fino a Switch, la grande N si è concentrata sul concept più che sulla forza bruta, progettando hardware che si piegassero alle idee dei suoi team di sviluppo piuttosto che macchine tecnologicamente avanzate alle quali questi ultimi dovessero poi adattarsi.

Nel farlo, ha corso un rischio non da poco, che ha pagato in tre occasioni su quattro (Wii, 3DS e Switch) e non lo ha fatto solo in una (Wii U), ma per motivazioni non strettamente collegate alle specifiche tecniche della macchina e alla conseguente potenza di calcolo.

Eppure, come sempre, a fare di tutta l'erba un fascio si sbaglia: più ancora che su Wii e su 3DS, Switch ha ricevuto un supporto straordinario dalle terze parti e, con esso, una serie di titoli impressionanti anche dal punto di vista tecnologico, la cui bontà è sempre stata sottolineata su queste pagine e non solo.

Ma per la narrativa che abbiamo già enumerato in precedenza, i risultati raggiunti dalla piccola console ibrida passavano puntualmente in second'ordine, nonostante un gran numero di produzioni Nintendo di primissima qualità tecnica ed una serie di port che si sono guadagnati l'appellativo di "impossibili" non per caso.

Tears of the Kingdom gira a 30 fps estremamente solidi, che calano solo in alcune delle scene più concitate ed in concomitanza con l'uso estensivo dell'abilità Ultramano, e lo fa con una risoluzione dinamica che nulla toglie alla bontà della direzione artistica e della straordinaria visione dei geni (sì, geni) in seno al colosso giapponese.

L'ultima avventura di Link rappresenta la migliore risposta a chi continua ad insinuare che Switch, semplicemente, non ce la fa, ma prima di essa sullo stesso hardware abbiamo visto girare giochi altrettanto vasti e impegnativi dal punto di vista tecnico senza grossi intoppi, con rinunce mirate e mai troppo impattanti.

Partiamo dai titoli della grande N, quelli meglio ottimizzati (con la notevole eccezione di due titoli della serie Pokemon, Arceus e Scarlatto/Violetto) e pensati appositamente per l'hardware di Switch: Splatoon 3 è un piccolo gioiello di velocità e di imbrattamento in tempo reale dell'arena che metterebbe in difficoltà anche macchine più potenti (se volete testarlo, lo trovate su Amazon).

Tutti e tre i titoli della serie Xenoblade, ed in particolare il terzo episodio, immergono il giocatore in mondi sconfinati senza troppe difficoltà e senza troppi caricamenti; Luigi's Mansion 3, i due Octopath Traveler e Bravely Default II portano in dote un livello di dettaglio straordinario, e Super Mario Odyssey rimane uno spettacolo per gli occhi (anch'esso a 60 fps) anche a diversi anni di distanza dalla pubblicazione.

E poi ci sono le terze parti, che hanno imparato negli anni a conoscere l'hardware ibrido di Switch e a capire come sfruttarlo appieno per regalare all'utenza Nintendo esperienze che la costringessero a meno rinunce possibili (ed in qualche caso, ad alcuna rinuncia del tutto) per godersi anche in portabilità i loro videogiochi preferiti.

Giochi come Monster Hunter Rise e Astral Chain sono stati costruiti da Capcom e PlatinumGames attorno alle potenzialità di Switch e ancora oggi sono considerati tra i migliori nei rispettivi generi e non solo per meriti puramente ludici.

E poi ci sono i port che, semplicemente, non credevamo possibili: Alien Isolation (che, secondo i colleghi di Digital Foundry, gira meglio che su PS4 e Xbox One), i due Doom ed i due Wolfenstein, la trilogia di Bioshock, Skyrim, Warframe, The Witcher 3, i due titoli dedicati a Ori, Dying Light, Metro Redux, Nier Automata e il recente No Man's Sky.

E non allunghiamo questa lista solamente per non tediarvi, sperando che il concetto sia chiaro: quando avete visto titoli zoppicanti come gli ultimi due dedicati ai Pokemon, avreste dovuto imputarlo alla scarsa (quando non mancante del tutto) ottimizzazione, perché decine di team di sviluppo hanno dimostrato che, lavorando di buona lena e con il giusto tempo a disposizione, anche titoli graficamente intensivi possono girare su Switch con risultati che vanno dal discreto all'ottimo.

What you want is not what you need

E qui arriviamo al punto conclusivo: come evidente dalla lista di titoli summenzionata e dal successo planetario di Tears of the Kindgdom, capace di spingere anche le vendite hardware di Switch altrimenti in calo dal 2020, Nintendo non avrebbe alcun bisogno di puntare tutte le sue fiches su una nuova console, quantomeno non nell'immediato futuro.

Utilizzando con maestria tecniche come la risoluzione dinamica, la scalabilità del livello di dettaglio, l'upscaling dell'immagine in modalità docked e l'utilizzo di filtri antialiasing sempre più convincenti, Tears of the Kingdom riesce ad offrire un sistema fisico di primissimo livello, raramente visto anche su macchine ben più potenti, un mondo enorme esplorabile senza alcun tipo di caricamento ed un livello di performance più che accettabile, sebbene in tanti ultimamente si vantino di non toccare nemmeno con un bastone alcun gioco che non raggiunga sempre i 60 fps.

Considerando anche l'eccezionalmente lungo ciclo vitale di Wii, che ha debuttato in Europa alla fine del 2006 ed è rimasto in produzione fino al 2017, quando fu lanciata l'ultima variante rappresentata dalla versione Mini, siamo convinti che Nintendo non avrebbe, di suo, alcuna intenzione di sedersi nuovamente dinanzi alla lavagna per dare vita ad un nuovo hardware, e si prenderebbe volentieri almeno un altro biennio, confortata dalle vendite sì in calo ma comunque ancora molto significative di Switch.

Il supporto delle terze parti, d'altronde, è ancora molto forte, e la stragrande maggioranza dei titoli third party in uscita nei prossimi mesi comprende anche una versione per la console ibrida Nintendo.

Servirebbe abbandonare l'insana abitudine di costringere gli sviluppatori a far uscire i giochi anche quando non sono totalmente finiti.
Eppure, il tam tam in Rete, tra forum e siti specializzati, insiste sull'imminente annuncio di una nuova console Nintendo, o, quantomeno, di una revisione potenziata dell'attuale: l'ultima rendicontazione agli azionisti della grande N ci dice che sicuramente non vedremo nulla di simile prima di aprile 2024, quando inizierà il nuovo anno fiscale, e, se volete sapere l'umile opinione del vostro, non avremo tra le mani alcun nuovo hardware Nintendo prima delle festività natalizie del 2024, più probabilmente ancora nel 2025.

Nondimeno, ad accorciare il ciclo vitale di Switch saranno state la smania del mercato verso hardware sempre più potenti, la diminuita pazienza nell'attendere quattro o cinque secondi in più per un caricamento, l'odiosa obsolescenza programmata che costringe molti a cambiare smartphone ogni biennio, indipendentemente dall'efficienza e dalle condizioni estetiche e di funzionalità di quello già in possesso.

In conclusione

Non abbiamo bisogno, quantomeno non nell'immediato, di un successore di Nintendo Switch, tanto quanto non ne abbiamo di PS5 Pro o di una nuovo modello di smartphone con specifiche marginalmente superiori a quello che stringiamo già tra le mani.

A fare la differenza sono l'ottimizzazione e la voglia di continuare a lavorare su un codice anche dopo la pubblicazione, e, da parte dei publisher, l'abbandono dell'insana abitudine di costringere gli sviluppatori a fare uscire dei giochi anche quando non sono totalmente finiti, pur di rispettare scadenze commerciali e fiscali.

Tears of the Kingdom è un gioco dall'impatto dirompente anche per i motivi meno immaginabili, tra cui quelli che abbiamo trattato oggi, e sfidiamo chiunque tra i detrattori di Switch a giocarci a fondo e a dire che la sua console ospite è degna del pensionamento.

Nintendo deve rendere conto ai propri azionisti in quanto società quotata in borsa e finirà probabilmente con l'accontentare il grande pubblico nel corso del prossimo anno fiscale, ma quando i videogiocatori impareranno che ciò che desiderano non è sempre (per non dire quasi mai) quello di cui hanno realmente bisogno sarà sempre troppo tardi.

Nota: Occhio Critico è una rubrica di articoli di opinione in cui il senior editor Gianluca Arena fornisce il suo punto di vista su temi di attualità videoludica. La sua visione non rispecchia necessariamente quella della testata nel suo insieme – che, come ogni gruppo di lavoro, è composta da persone che hanno pluralità di idee e di visioni.