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Dal dolore nasce la luce: Chris Darril racconta Bye Sweet Carole | Intervista

Bye Sweet Carole è una favola oscura, un film animato giocabile che intreccia lutto, rinascita e amore per un’estetica dimenticata: leggi l'intervista!

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Immagine di Dal dolore nasce la luce: Chris Darril racconta Bye Sweet Carole | Intervista
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Avatar di Marcello Paolillo

a cura di Marcello Paolillo

Editor-In-Chief

Pubblicato il 08/10/2025 alle 10:00

Ci sono storie che nascono per caso, o forse per destino. E poi ci sono quelle che germogliano dal dolore, da quella parte oscura che ognuno di noi custodisce e che, a volte, diventa a suo modo arte.

Non sono mai storie semplici, né lineari: nascono da una frattura, da un’assenza, da qualcosa che si è perso e che si cerca disperatamente di ritrovare in un’altra forma. Alcuni scelgono il silenzio, altri la fuga. Chris Darril ha scelto di creare.

Bye Sweet Carole è esattamente questo: una favola oscura, un film animato giocabile che intreccia lutto, rinascita e amore per un’estetica dimenticata.

È il sogno febbrile di un artista che ha deciso di trasformare la malinconia in linguaggio, l’assenza in immagine, la memoria in colore, ancora più di quanto fatto con i due Remothered (il primo lo abbiamo recensito qui).

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In un’epoca dominata dalla tecnologia e dall’urgenza dell’efficienza, Darril ha avuto il coraggio di tornare all’imperfezione del disegno, all’emozione del fotogramma disegnato a mano, alla lentezza del gesto umano che plasma il movimento.

Ho deciso di parlarci per capire da dove nasce un progetto così intimo, così lontano dalle logiche di mercato e così vicino invece alla verità delle emozioni. Per parlare non solo di videogiochi, ma di lutto, di catarsi, di come la bellezza possa ancora nascere dall’ombra e restituire luce a chi l’ha perduta. Buona lettura!

Marcello Paolillo
Cosa ti ha ispirato a creare Bye Sweet Carole e quale messaggio desideri trasmettere ai giocatori? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Questa “anima” — perché per me Bye Sweet Carole non è solo un videogioco — nasce in un momento molto critico della mia vita. Venivo da un lutto importante, quello di mia madre, dopo una battaglia lunga e devastante. E in parallelo maturava dentro di me una decisione sofferta: quella di lasciare la realtà di Remothered. Era un addio necessario, perché in corso d’opera avevo capito che non credevo più nel progetto come all’inizio.
Una volta conclusa quell’avventura, o disavventura se vogliamo, ho sentito il bisogno di fermarmi. Bye Sweet Carole è nato quasi per caso in quel tempo sospeso, in cui mi ero riavvicinato al cinema e all’animazione. Mi capitò di recuperare una vecchia build 2D di Remothered e, per puro divertimento, decisi di farne una piccola remaster in 4K, senza secondi fini.
Durante quel lavoro, per errore, i layer di luci e ombre si sovrapposero in modo imprevisto, creando un effetto “piatto” ma affascinante, quasi pittorico. Quel momento mi riportò alla mente un fotogramma di Biancaneve: la delicatezza dei colori, la texture dei fondali, la semplicità apparente dietro un’arte complessa. Da lì, è scattata la scintilla.
Mi dissi: “Perché no?”. Proviamo. È iniziato come un esperimento, convinto che sulla carta sarebbe stato meraviglioso ma impraticabile nella realtà. E invece ci siamo accorti che funzionava. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
Parli di un approccio quasi artigianale all’animazione. Quanto è stato complesso dare vita a qualcosa di così ambizioso? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Enormemente. Ogni singola animazione in Bye Sweet Carole è disegnata fotogramma per fotogramma, senza l’uso di cut-out o scorciatoie digitali. Ogni movimento è il frutto di un blend di animazioni reali, di un gesto umano trasformato in immagine. È un processo faticoso, quasi maniacale, ma restituisce quella “vita” che oggi molti giochi, pur bellissimi, perdono nella perfezione tecnica.
In questo senso, Cuphead è stato un riferimento inevitabile, ma il nostro obiettivo era diverso. Lì si punta tantissimo sull’azione, sui boss fight, sull’energia dei livelli. Bye Sweet Carole invece costruisce tutto sul ritmo dell’avventura, sull’atmosfera e sulla tensione narrativa. Ogni stanza, ogni background è una piccola opera in sé.
All’inizio eravamo solo in tre: io, Luigi Giuseppe Madrone (producer e game designer) e Alexia La Sapienza, che oggi è lead animator. Alexia viene da un percorso accademico nell’animazione tradizionale e ha portato nel team una sensibilità rara. Quello che era nato come un test è diventato, passo dopo passo, un mondo vivo. Così è nata Bye Sweet Carole. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
Il personaggio di Lana racchiude innocenza e mistero. Com’è nata la sua figura? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Lana è nata in modo del tutto casuale. Stavo cercando un nome che suonasse dolce ma deciso. Avevo pensato a “Vicky”, ma non mi convinceva. Finché un giorno, mentre ero immerso nei pensieri, il mio cane — che si chiama appunto Lana — mi saltò addosso. Le dissi “Lana!” quasi per rimproverarla, e in quell’istante capii che era perfetto.
“Lana” suona morbido, delicato, quasi musicale. È la versione più tenera di una “Lara”, ma anche più umana. Lana raccoglie in sé tutte le eroine che amo: c’è un po’ di Belle, un po’ di Anastasia, un po’ di Alice e Wendy. E ovviamente tanto di Biancaneve. È una sintesi di femminilità classica e di mistero, di grazia e inquietudine. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
La tua estetica richiama l’animazione Disney più cupa, quella degli anni d’oro. Come hai bilanciato l’oscurità della trama con la bellezza visiva? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
L’animazione è, secondo me, il medium perfetto per l’horror. Nessun altro linguaggio riesce a combinare così bene la meraviglia con la paura.
Pensa alla scena del bosco in Bambi, o alla trasformazione della Regina in Biancaneve: momenti che, da bambini, ci terrorizzavano senza bisogno di sangue o violenza.
In Bye Sweet Carole ho cercato di fare esattamente questo. Non volevo un horror “splatter” o provocatorio. Volevo un orrore elegante, che emergesse nei silenzi, nei contrasti, negli sguardi.
C’è un lato infantile e un lato adulto, che convivono e si osservano a vicenda. L’estetica fiabesca serve proprio a rendere più inquietante ciò che accade. Quando tutto è bello, ogni ombra diventa più spaventosa. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
Hai parlato spesso del dolore come motore creativo. Quanto c’è di personale in Bye Sweet Carole? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Tutto. Non esagero se dico che questo gioco è nato dal lutto. È stata la mia forma di sopravvivenza.
Quando perdi qualcuno di così importante, hai due strade: chiuderti o creare. Io ho scelto di creare.
Bye Sweet Carole parla di separazione, ma anche di trasformazione. Non è un gioco “triste” nel senso classico: è malinconico, sì, ma attraversato da un desiderio di vita.
Ogni scena, ogni colore, ogni inquadratura è un modo per elaborare quel dolore e renderlo qualcosa di bello. Credo che il videogioco, come il cinema, abbia il potere di farci affrontare i nostri fantasmi in un modo che altre forme d’arte non permettono. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
C’è un’idea molto cinematografica dietro al progetto. Ti senti più regista o game designer? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
In realtà mi sento entrambe le cose, ma forse più regista. Perché per me il videogioco è ormai un linguaggio visivo, non solo interattivo.
Non mi interessa stupire con la difficoltà o con la lunghezza: mi interessa raccontare una storia. E per farlo uso la regia, il ritmo, la luce, il colore.
In Bye Sweet Carole tutto è costruito come un film d’animazione: ogni movimento di camera, ogni cambio di prospettiva serve a far “respirare” l’emozione del momento.
Il gameplay non è mai fine a sé stesso: è un’estensione del racconto. E credo che il futuro del videogioco narrativo vada in questa direzione. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
Parlavi prima di Cuphead, ma anche di Metal Slug e Level-5. Quali sono i tuoi riferimenti concreti? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Oltre ai classici Disney e Don Bluth, direi il cinema di Burton, Miyazaki, ma anche Coraline di Henry Selick. Poi, sul piano videoludico, c’è tanto dell’approccio delle avventure anni '90 e i platform cinematografici alla Another World: quel modo quasi ossessivo di dare vita a ogni dettaglio.
E sì, anche Metal Slug, per come costruiva ritmo e dinamismo nei fondali. Ma noi ci siamo mossi più verso un orizzonte emotivo: meno azione, più empatia.
Ogni stanza di Bye Sweet Carole è come un piccolo set teatrale: non esiste un dettaglio casuale, non esiste un’ombra che non abbia un senso. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
Come vivi oggi il rapporto con il pubblico, dopo il successo e le difficoltà legate a Remothered? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Con maggiore consapevolezza. All’inizio, dopo il successo del primo Remothered, mi sono trovato travolto da aspettative e pressioni. Tutti volevano il sequel, tutti avevano opinioni su cosa dovesse essere. Non mi sentivo veramente di incidere, di avere una libertà creativa, di essere ascoltato e certamente non avrei lavorato più con quelle persone.
Con Bye Sweet Carole ho voluto ricominciare da me stesso. Senza pressioni, senza la paura di deludere. Mi sono concentrato su ciò che amo davvero: raccontare storie e creare immagini che restino.
Il pubblico, per me, è fondamentale, ma non può essere il motore principale. Prima devi essere sincero con te stesso. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
Cosa speri che i giocatori portino con sé dopo aver giocato Bye Sweet Carole? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Spero che provino emozioni vere. Non importa se sarà gioia, malinconia, paura o nostalgia. L’importante è che sentano qualcosa. Bye Sweet Carole non è un gioco che si “consuma”: è un’esperienza da vivere con calma, come un film che ti resta dentro.
Vorrei che chi lo gioca, anche solo per un momento, si fermasse a guardare. A ricordare che la bellezza e la tristezza possono coesistere, e che a volte la seconda è solo la forma più profonda della prima. 
Chris Darril
Marcello Paolillo
C’è una frase o un’immagine che riassume tutto il tuo lavoro su Bye Sweet Carole? 
Marcello Paolillo
Chris Darril
Forse una: “Dal dolore nasce la luce”.
È un pensiero semplice, ma per me è tutto. Perché ogni volta che guardo Lana — fragile e forte insieme, luminosa nel buio — mi ricorda che anche le ombre possono avere un cuore. 
Chris Darril
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