God of War Ascension, storia di un Kratos sbagliato: meritava l'oblio?

God of War Ascension, pecora nera di una saga epocale, riesplorato a quasi dieci anni dall’uscita: si meritava davvero l’oblio?

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Prima che uscisse God of War del 2018, uno dei maggiori dubbi a riguardo era il fatto che amplificando il lato umano del protagonista Kratos si sarebbe potuto in qualche modo correre il rischio di “rovinarlo”. Questa apparente paranoia aveva i suoi motivi nel ricordo che un tentativo del genere era già stato fatto nel 2013 e non era andato tanto bene. 

Detta brutalmente: ve lo ricordate God of War Ascension?

A quelli che la saga l’hanno conosciuta da PS4 in su questo nome non dirà niente; a tutti gli altri sarà corso qualche brivido lungo la schiena. Fitte di terrore che, siamo sicuri, hanno attraversato le spine dorsali pure dei dipendenti Sony, talmente intense da spingerli a dimenticare e far dimenticare quello che era nato come un dignitoso addio alla settima generazione.

Il gioco del 2018 è stato eccellente e il suo sequel è in arrivo (God of War Ragnarok, guardatene il leggetene la clamorosa anteprima dopo le prime ore di gioco e poi valutate se prenotarlo su Amazon); adesso andiamo oltre quei brividi: God of War Ascension era davvero così brutto?

https://www.youtube.com/watch?v=YtGiFl_bP00&feature=youtu.be&ab_channel=SpazioGames.it

Kratos… passione, ci vuole passione!

Il nostro punto di partenza è un promemoria: su queste pagine la “stranezza” di God of War Ascension non era passata inosservata. Sia in sede di recensione che quando l’abbiamo ripreso in mano qualche anno fa (potete leggerlo qui) ci eravamo accorti che in questa avventura di Kratos c’era qualcosa che non andava.

Non eravamo riusciti a capire bene cosa fosse perché si tratta di qualcosa di infido e con sbocchi irrazionali.

Parliamo di una mancanza poco quantificabile, nonché con l’ulteriore aggravante dell’essere composta da tante scheggiature minori a loro volta subdole e fumose, di quelle che ci si imbarazza anche solo a far notare.

E che soprattutto si manifestano solo più avanti nella lettura, dopo aver instillato nel giocatore un falso senso di sicurezza. God of War Ascension infatti parte con tutti i crismi, dal boss spettacolare d’esordio a sezioni esplorative d’atmosfera con piccoli enigmi incastonati in scenografie enormi. L’unica cosa che un po’ zoppica è la narrazione, alternata tra passato e presente e con un Kratos sì più umano, ma stranamente incolore.

All’inizio ci si aspetta che i momenti di pura epicità rimettano a posto tutto, del resto pare davvero non mancare nulla: si combattono nemici minori con la solita cruenza, vi sono i tradizionali ammiccamenti seducenti e soprattutto i personaggi della mitologia greca riscritti secondo quel feeling oscuro e crepuscolare caratteristico della saga.

Ma solo a ridosso del finale si realizza amaramente che si è passato un gioco intero ad aspettare una grandeur che non è mai arrivata. È quel pensiero che ti fa dire «è fatto benissimo, gira che è un piacere, rispetta il suo passato, ci fa sentire tutti a casa… ma dov’è l’amore? Dov’è la passione?».

God of War Ascension: un chilo di carne lessa

Quella che abbiamo appena descritto è una sensazione molto difficile con cui fare i conti. Talmente tanto che raramente si resiste alla tentazione di farsi una seconda run per cercare di fugarla via. Uno sforzo inutile, visto che alla seconda visione dei titoli di coda è solo peggiorata.

Il tono incolore prima solo di Kratos si sparge su tutto il resto, con la narrazione che sbiadisce in comprimari velleitari o (quando va bene) direttamente sprecati. La trama di God of War Ascension pare vittima delle stesse illusioni e allucinazioni di cui racconta, talmente concentrata nell’inserirsi in una saga già chiusa da dimenticarsi di creare una propria coerenza interna. 

Questa mentalità purtroppo pervade e imbeve tutto God of War Ascension, contaminando anche quello che in superficie funziona.

Dove la possibilità di raccogliere e usare armi di base come spade e giavellotti è buona solo per qualche inquadratura trendy da schiaffare nel trailer, i combattimenti girano ma vengono resi insipidi dalla mancanza di alternative alle Spade del Caos, i cui moveset e incantesimi offensivi sono solo blandamente variati dai quattro poteri ottenibili e dall’impiego in battaglia degli strumenti già usati negli enigmi ambientali.

Neanche questi ultimi riescono a risollevarsi da quanto già proposto in passato sia dalla saga sia da qualunque altra avventura dinamica uscita da PlayStation 2 in poi. Giocare a God of War Ascension pare certe volte uguale a guardarsi un clip show, ovvero quegli episodi delle serie TV composti solo da una serie di estratti da puntate precedenti.

Tra multigiocatore e qualche idea di umanità

Alla luce dell’eccellente risultato ottenuto con God of War del 2018 (eccolo su Amazon), pare quasi paradossale che in God of War Ascension siano riusciti a rendere Kratos meno carismatico dandogli un po’ di umanità in più.

Eppure è proprio quel che è successo: nella decina di ore dell’avventura vediamo il Fantasma di Sparta interloquire con più comprimari del solito, e soprattutto diversi dai soliti dèi dell’Olimpo. Questi personaggi hanno a che fare con uno spartano dall’animo onorevole ma smarrito, costretto alla spietatezza per dovere, educazione e sopravvivenza.

Ancora una volta gli anni non sono riusciti a limare: la ricerca di libertà e realtà mostrata da Kratos durante i filmati contrasta brutalmente con la sua solita spietatezza quando deve aver ragione di mostri mitologici, ed ecco qui che tutto l’insieme diventa incoerente.

A proposito di incoerenza, neanche il multigiocatore si salvò: legato blandamente alla trama principale (tramite un siparietto che muore lì dove nasce), ampliò l’idea del dedicarsi/vendersi a uno degli Olimpici onde ottenere poteri superiori. In sé non ce lo ricordiamo male, e le stesse ambientazioni e meccaniche traevano la propria forza dall’essere tutto sommato abbastanza uniche nel panorama dell’epoca.

A non convincere è la stessa cosa di qualche anno fa: se un tema consistente della storia di Kratos era (ed è) che l’affidarsi alle divinità porta più male che bene, perché costruire il multigiocatore proprio su questo concetto?

Salvaci tu, Orkos!

In verità sarebbe stupido pensare che God of War Ascension fosse tutto da buttare, e l’abbiamo specificato anche durante questa scomoda disamina.

Tanto che, anche nelle parti che in queste righe paiono irrecuperabili, emerge ancora qualche sforzo da parte dei Santa Monica di sorpassare la sola logica commerciale del “dobbiamo metter fuori un altro God of War su questa console prima che sia tardi”: il più grande è Orkos.

Questo comprimario inaspettato assume i tratti della voce della coscienza e della guida triste, ma che vede in Kratos colui che sarà capace di rompere il sistema divinamente corrotto della Grecia. 

A parte il foreshadowing costruito a ingegneria inversa, quella di Kratos e Orkos è una collaborazione che evolve prima in alleanza e sul finale in stima. Malgrado non sia mai ammesso a voce alta, possiamo tuttora dire che Orkos è per Kratos quanto di più simile a un amico che egli abbia mai avuto.

La sua condanna è stata il venir inserito in un prequel, cosa che appunto lo obbligherà a sparire nel nulla nelle battute finali della storia e non venir ricordato nei capitoli successivi. Eppure, considerando la stima che si era guadagnato presso Kratos, avrebbe avuto senso che lo spartano in qualche modo ne conservasse qualche buon ricordo.

Con il senno di poi, possiamo dire che quest’ultima scelta è stata un’occasione sprecata: sarebbe bastato semplicemente inserire qualche riferimento a Orkos nel capitolo del 2018 per attenuare non poco un ricordo altrimenti molto amaro. Chissà se il personaggio non venga citato in God of War Ragnarok (seguite questo link per un bell'editoriale su come potrebbe essere quest'ultimo).

Conclusione: un punto smorto

Nel 2023 God of War Ascension compirà dieci anni. Un anniversario che, esattamente come il suo proprietario, si prospetta come uno dei pochi compleanni della saga a passare sotto silenzio. Persino i suoi stessi creatori con insistenza l’hanno chiuso a chiave nel dimenticatoio e adesso (ci) raccontano “non è mai successo”.

Lo spioncino che lo fa respirare si chiama PlayStation Plus (il fu PlayStation Now), nel quale il gioco è incluso solo perché, seppur scomodo, fa ancora canonicamente parte della saga.

Che cosa possiamo fare con God of War Ascension? I problemi ci sono, ma allo stesso tempo è un’avventura dinamica nei canoni e un componente della saga tutto sommato onesto.

Non ci sono neanche gli estremi per definirlo “un buon gioco ma allo stesso tempo un esponente troppo diverso e incerto della sua serie”, come era stato con Dark Souls II. Oggi come ieri la parabola di Kratos sta in piedi e prospera anche senza di lui, eppure non è neanche così pessimo da meritarsi l’oblio in cui è stato relegato.

Dovremmo quindi recuperare la chiave e concedergli l’ora d’aria? Noi vi diremmo addirittura di liberarlo e ai fan di fare uno sforzo e finirlo almeno una volta…  per cultura generale, non di più.