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Proprio lui?

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a cura di Gottlieb

Pubblicato il 11/01/2017 alle 00:00

Se nell’immaginario moderno Bryan Cranston è uno spigoloso professore di chimica desideroso di risolvere i propri problemi di salute e famigliari intavolando un duro e pericoloso gioco da trafficante di droga, in una delle serie tv meglio scritte dell’ultimo decennio, nella memoria di chi ha qualche anno in più e la passione per la serialità l’ha scoperta quando le piattaforme on demand non erano ancora disponibili, Cranston ha un enorme passato da commediante. Il suo passato nei panni di ditirambico padre di Malcolm, nell’omonima serie tv che vedeva Frankie Muniz in the middle, viene a galla accanto a uno sboccato James Franco, che dopo la parentesi thriller di Good People si rilancia a petto nudo, coperto di soli tatuaggi, in una piena commedia americana. Per fortuna, però, Proprio lui? non è soltanto questo.

Vacanze di Natale. Dal Michigan alla California, a Stanford, per andare a trovare Stephanie, l’adorata figliola prossima alla laurea. Questa è la storia di Ned, un padre iperprotettivo, proprietario di una grande azienda di stampa e tipografia, chiamato a conoscere il fidanzato di sua figlia. Laird è un imbarazzante ragazzo della Silicon Valley, che ha creato una reggia sfarzosa nella quale gestisce i suoi affari in maniera impulsiva e agitata, come un animale impazzito. La sua genuinità e la sua vita senza filtri hanno però sedotto la giovane Stephanie, ma non l’austero Ned: tra i due nasce una rivalità che porterà il secondo a un altissimo livello di panico quando Laird gli chiederà il suo benestare per fare la fatidica proposta alla figlia.
Il più forte dei pregi offerti dalla sceneggiatura di Proprio lui? è il voler porre l’accento su un argomento che persino noi in Italia sentiamo d’attualità, ma che ancora non abbiamo imparato ad affrontare: il conflitto tra la generazione dei giovani attuali e quella dei genitori oltre i quarant’anni, con questi ultimi che perseguono l’ideale di professioni ancorate alla laurea e bramose di una solidità che appartiene all’idea di industria vecchio stile; i primi, invece, capitanati da James Franco, che riesce a plagiare la testa della giovane e intraprendente Stephanie, figlia di Bryan Cranston, rappresentano l’ideale del coraggio, del mettersi in gioco, del lanciarsi in attività completamente innovative, leggasi la produzione di app o di videogiochi, con un fare scanzonato ma incredibilmente produttivo. Ed è qui che l’azienda di famiglia di Ned, una tipografia oramai in decadimento a causa del boom di internet, è costretta a chiedere soccorso, figurativamente, al magnate Laird, che nonostante i suoi appena trent’anni riesce a bearsi di un conto in banca di oltre cento milioni di dollari e di tutto lo sfarzo necessario per identificarsi come un degno giovane fuori dai ranghi. In questo conflitto la commedia riesce a offrire degli spunti interessanti, perché nell’esuberanza di Franco e nella volgarità tipica della commedia americana, che spesso vediamo trasposta anche nella versione dei cinepanettoni italiani, Proprio lui? diventa ripetitivo, ridondante ed eccessivamente sopra le righe. Alcuni dettagli sono realmente di cattivo gusto, così come alcune situazioni sono al limite del credibile, portandoci ad accusarne il peso a causa della durata ingiustificata per una commedia, che va quasi oltre l’ora e mezza. Nonostante quindi il piacevole citazionismo, con i Kiss in pieno spolvero e Kaley Cuoco pronta a ironizzare sul suo terrificante cachet per The Big Bang Theory, lo sfarzo dopo un po’ inizia a far storcere il naso, soprattutto nelle ripetute lotte completamente gratuite tra James Franco e il suo maggiordomo, che come tale non vuole essere identificato ed etichettato. Se quindi la commedia europea, con Italia e Francia a fare da portabandiere, si è ancorata al conflitto tra nordisti e sudisti, quella americana vuole incessantemente che vi sia battaglia tra le diverse generazioni, offrendoci un argomento sicuramente più tangibile e più di attualità, oltre che maggiormente ispirato. D’altronde, in questi che sono gli anni del cambiamento sociale nel nostro Paese, il messaggio di Franco è forte e dovrebbe rimbombare nella testa dei nostri adulti: allo stesso tempo, però, questa non è una commedia che, per il linguaggio usato e per la scurrilità eccessiva, può facilmente indirizzarsi a un pubblico più avanti con l’età. 

Il piacere, in ogni caso, di tornare ad apprezzare un Bryan Cranston ben immerso nella commedia ha un sapore nostalgico che andrebbe colto: se il suo momento più alto, sia per notorietà che per riuscita, è da ricollegare a Breaking Bad, è importante ricordare l’importanza pop che ha avuto l’attore americano nei già citati panni di padre di Malcolm, con le sue smorfie facciali che lo hanno reso, nell’immaginario comune, l’ideale padre di famiglia, ancorato ai lavori di un tempo e pronto a impugnare il vessillo per guidare la famiglia al successo. Nel duello con James Franco, che nella sua interpretazione propende pedissequamente alle movenze di un Adam Sandler arricchito, è sicuramente Cranston che ne esce vincitore, nonostante il suo ruolo da condannato alla sconfitta, all’accettazione del tempo che avanza. Nel finale, però, nella risoluzione del plot, le idee sono al limite del credibile, pur provando a trovare una conclusione diversa da quella scontata: dopo 110 minuti ritrovarsi con poco e niente tra le mani non è assolutamente quello che ci si aspetterebbe e in questo Proprio lui? si conferma una commedia americana da godere nello svolgimento piuttosto che nella risoluzione. 

Proprio lui? in poche parole è una commedia che avrebbe dovuto avere una durata molto inferiore rispetto a quella proposta: arrivare a ridosso delle due ore per esaurire un conflitto generazionale tra James Franco e Bryan Cranston conduce la pellicola a essere ridondante e di difficile sopportazione della sua scurrilità, divertente nelle prime gag, ma poi eccessivamente esuberante. Il permetterci di tornare ad apprezzare Cranston nelle vesti di padre di famiglia in una commedia è comunque un punto a favore per John Hamburg, che dopo aver diretto Ben Stiller – qui produttore insieme a Jonah Hill – in tutte le iterazioni de Ti presento i… e Zoolander, continua il suo filone di commedie che puntano al pungente, con qualche buona idea, ma eccessivamente diluite.

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