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Life is Strange

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a cura di LoreSka

Pubblicato il 22/01/2016 alle 00:00
Life is Strange è stato un gioco eccezionale. Una incredibile sorpresa che ha conquistato migliaia di giocatori nel corso del 2015, e ha consacrato Dontnod come una delle realtà più importanti nei videogiochi d’autore. In occasione del lancio della versione retail del gioco che, ricordiamo, è stata completamente tradotta in italiano, abbiamo incontrato Michel Koch e Raoul Barbet, co-game director di Life is Strange.
Spaziogames: Anzitutto, congratulazioni. Life is Strange è un gioco davvero eccellente, ha incassato molti premi e ottenuto tanti riconoscimenti. Su Spaziogames, ad esempio, ha vinto il premio come miglior avventura del 2015. Ditemi la verità, siete sorpresi?
Michel Koch e Raoul Barbet: Siamo molto sorpresi. In qualche modo siamo riusciti a raggiungere un pubblico che si è rivelato sin da subito molto attento e disponibile, e la nostra community è riuscita a darci dei consigli, anche in maniera passiva. Ci siamo guardati decine e decine di video di gameplay, e ci siamo accorti come il pubblico iniziasse ad amare i personaggi, ad affezionarsi. Li abbiamo visti emozionarsi di fronte alle scene più importanti del gioco, e questo ci ha reso straordinariamente felici.
Alcuni hanno definito Life is Strange un gioco capace di ridefinire i videogiochi di avventura. Secondo voi, quali sono gli aspetti che rendono questo gioco speciale o diverso dagli altri?
Wow, che figata! (Ridono). Credo che uno degli aspetti più importanti sia dato dal ritmo: non volevamo che il giocatore si sbrigasse a finire il gioco, ma eravamo intenzionati a fare in modo che anche il giocatore potesse vivere gli stessi momenti rilassati dei personaggi…
Come quando Max si siede sul letto per ascoltare lo stereo?
Esattamente. Ovviamente ci sono anche delle scene più stressanti e d’azione, ma Life is Strange è un gioco nato con l’intenzione di mantenere un ritmo lento. Questa cosa è stata estremamente difficile da spiegare ai publisher, ma il pubblico l’ha compresa. Siamo convinti che sia necessario spingere i giocatori a prendersi il proprio tempo, a vivere le emozioni del gioco. Allo stesso tempo, abbiamo lavorato a lungo sui personaggi nel tentativo di renderli credibili, evitando di fare personaggi bianchi o neri ma trovando quella “zona grigia” nel carattere di ognuno che impedisce al giocatore di trarre delle conclusioni o dare dei giudizi, spingendolo a seguire il proprio cuore, magari riflettendo a lungo sulle proprie azioni e, perché no, a commettere degli errori di giudizio.
Life is Strange è stato realizzato con un budget relativamente ridotto. Cosa avreste fatto se aveste avuto maggiori risorse? Credete che il bassso budget abbia influenzato positivamente la riuscita del gioco?
Questa è una domanda molto interessante. Quando abbiamo iniziato, eravamo in cinque. Alla fine dello sviluppo, il nostro team è arrivato a comprendere tra le 40 e le 50 persone. Quindi la storia dello sviluppo di Life is Strange è cambiata nel corso del tempo. Ciononostante, un maggior budget non avrebbe di certo cambiato lo stile artistico del gioco: il fatto che Life is Strange sia realizzato con una grafica non realista, dipinta ad acquerello, è totalmente voluto. Ovviamente abbiamo avuto dei grossi limiti nello sviluppo, abbiamo dovuto fare delle scelte, ma credo che lavorare con dei limiti sia una cosa positiva: quando ti vengono posti dei paletti cerchi sempre un modo creativo per aggirarli, e questo aspetto credo abbia influenzato lo sviluppo del gioco in maniera positiva.
Dontnod è un’azienda francese, e Life is Strange è ambientato in Oregon. Avete fatto un lavoro straordinario creando un ritratto credibile di una piccola città degli Stati Uniti occidentali, perlomeno agli occhi di un europeo. Avete avuto un consulente, o c’è qualcuno originario dell’Oregon nel vostro team?
Non proprio. Il nostro sceneggiatore – Jean-Luc Cano – è francese. In passato ha lavorato per diverse serie TV, ed ha collaborato con noi alla realizzazione di Remember Me. Ha anche scritto i dialoghi, ma volevamo essere sicuri che essi fossero corretti alle orecchie di un americano della West Coast. Così, abbiamo assunto Christian Divine, uno sceneggiatore di San Francisco che ha vissuto a Portland. Ha supervisionato i dialoghi, i testi e persino i poster che trovate nel gioco o il modo in cui vengono scritti gli SMS. Ha corretto anche molti dei nostri errori: prima della realizzazione del gioco avevamo fatto alcune ricerche sull’Oregon e abbiamo trascorso un breve periodo nello stato della west coast, abbiamo raccolto immagini e testi da Facebook, da Tumblr, ma non siamo riusciti a cogliere tutti i più piccoli dettagli. Così, quando abbiamo presentato a Christian una prima versione del gioco, ci ha subito fatto notare come le strisce dei parcheggi fossero troppo strette per gli standard americani. Insomma: è riuscito a farci capire cosa sembrasse “strano” agli occhi di un americano e ce lo ha fatto correggere.
Esattamente, perché e quando avete deciso di dividere il gioco in cinque episodi, e cosa pensate delle critiche rivolte a questo modo di pubblicare i video games?
Riguardo alle critiche, crediamo che ci siano giocatori sinceramente arrabbiati poiché ritengono che un gioco – ogni gioco – non dovrebbe essere venduto incompleto. E capiamo perfettamente. Ma, in verità, ti possiamo confermare che la gran parte dei giocatori ha apprezzato il modo in cui è stato distribuito Life is Strange, perché ha consentito ai giocatori di riflettere alla fine di ogni episodio. Si sono creati veri e propri gruppi di discussione online per parlare di quanto avvenuto alla fine dei capitoli del gioco, si sono create delle aspettative, e in generale la gente ha reagito nella stessa maniera in cui si reagisce alla conclusione di un episodio di una serie televisiva. In definitiva, crediamo che questo metodo di distribuzione abbia giocato un ruolo chiave nella costruzione della community attorno a Life is Strange.
Venendo al perché abbiamo distribuito il gioco a episodi, la verità è che è stata una decisione presa nelle fasi embrionali dello sviluppo, non dettata da logiche di mercato. Volevamo sin da subito creare un gioco a episodi, e sperimentare un modo diverso per raccontare una storia in un videogioco. Inoltre la distribuzione a episodi ci consente di ridistribuire l’attenzione nei confronti di ciascun personaggio e ci permette di creare delle scene topiche che in un unico gioco sarebbero state semplicemente impossibili da inserire. Ad esempio, il secondo episodio è sostanzialmente concentrato sulla figura di Kate, e il suo ruolo non avrebbe avuto un peso analogo se Life is Strange fosse stato un gioco distribuito in un unico, lungo arco narrativo.
Il primo episodio è uscito a gennaio, il quinto a ottobre. Avete cambiato qualcosa nel corso di tutti questi mesi? La storia si è modificata sulla base del feedback ricevuto tra un episodio e l’altro?
No, la storia è stata la prima cosa che abbiamo completato e non l’abbiamo toccata. Però abbiamo apportato qualche piccola aggiunta, qualche rifinitura, abbiamo registrato qualche dialogo extra per personaggi che i giocatori sembravano amare particolarmente e inserito qualche easter egg.
Alcuni giocatori si sono lamentati del finale, estremamente polarizzato, parlando del motto “Choice matters” come di uno specchietto per le allodole. Come rispondete a queste critiche e cosa avete da dire a chi avrebbe preferito più di due finali?
Life is Strange è un gioco che parla di scelte. In questo senso le scelte contano, perché sono il fulcro del gioco. Life is Strange spiega come sia impossibile avere una vita perfetta, e come la vita stessa sia fatta di sacrifici. Le scelte compiute dal giocatore non portano a diversi finali, ma crediamo che il giocatore ne esca profondamente cambiato. E, soprattutto, le scelte compiute si ripercuotono in quello che avviene “dopo”. Una volta finito il gioco, che cosa accade ai protagonisti? Questa domanda resta nell’immaginazione del giocatore, e le possibili risposte non possono che basarsi sulle scelte prese durante l’avventura.
Ora che l’arco narrativo di Max e Chloe si è concluso, una ipotetica seconda stagione di Life is Strange è possibile? E, se così fosse, avrà luogo in un posto completamente diverso con nuovi personaggi?
Ovviamente non possiamo parlare di una possibile seconda stagione. Ma per rispondere alla seconda domanda, la storia di Max e Chloe è finita e crediamo che se ci troveremo in condizione di scrivere un’altra storia, essa sarà completamente slegata da quanto visto in Life is Strange.
Grazie mille. E un sarcastico grazie per avermi fatto piangere alla fine del terzo episodio.
Prego! (Ridono) Grazie a voi e buon divertimento con la versione retail del gioco.
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