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La localizzazione dei videogiochi: la situazione in Italia

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Avatar di Antron93

a cura di Antron93

Pubblicato il 23/10/2017 alle 00:00

La tradizione della traduzione e del doppiaggio è uno dei fiori all’occhiello del nostro Paese. Così come nel campo cinematografico e delle serie TV, anche la traduzione videoludica, o più propriamente la localizzazione, sta prendendo piede rapidamente in Italia. A tal proposito, il 20 ottobre, allo IULM di Milano, si è tenuta una conferenza moderata da Matteo Bittanti con la partecipazione di Elena Cesana, Regional HR Manager di Keywords Studios; Marco Locatelli, linguista e responsabile della formazione di Binari Sonori, società del gruppo Keywords; Daniele Pastina, Localization Project Manager di Synthesis; e Simone Crosignani, giornalista videoludico e responsabile di Jinglebell Localization.

Numeri in pillole
Il primo a intervenire è stato Simone Crosignani che ha brevemente dato qualche numero sulla portata del mercato videoludico in Italia e sulla conseguente localizzazione di alcuni degli ultimi videogiochi usciti. L’Italia è nella top 10 dei mercati videoludici mondiale, esattamente al decimo posto. Il nostro Paese conta venticinque milioni di videogiocatori attivi, equamente distribuiti tra uomini e donne, un record decisamente interessante, soprattutto in rapporto ai sessantuno milioni di abitanti. La maggior parte dei videogiocatori abituali si trovano al sud e nelle isole, il 33% degli abitanti, mentre la percentuale più bassa è a nord est, il 19,1%. Allo stesso tempo, però, l’Italia è uno dei paesi che più necessita di localizzazione. Perché? Perché l’Italia è uno dei paesi più bassi d’Europa, e del mondo, per conoscenza dell’inglese. Allo stesso tempo, il 33% dei videogiochi venduti nel 2016 è stato classificato PEGI 3 e il 57% dei giochi, in generale, è adatto ad un pubblico inferiore ad anni 12. 

Le fasi della localizzazione
A seguire, sono intervenuti nell’ordine Elena Cesana, Daniele Pastina e Marco Locatelli. Anche qui qualche numero. Il primo Mass Effect ha richiesto la traduzione di circa un milione e cinquecento mila parole. Seicentomila, invece, per L’Ombra della Guerra, oltre ai nove mesi di adattamento necessari a rendere la localizzazione del gioco nei minimi dettagli. Interessante e molto, molto curiosa la parte dedicata alla questione culturale della localizzazione. Infatti, nel caso non lo sappiate, alcuni videogiochi richiedono particolari accorgimento a seconda del mercato in cui verranno distribuiti. Si parte da lontanissimo, da Pac-Man, che viene “inglesizzato” dopo che gli sviluppatori originali lo avevano concepito come “Puck-Man”, con un prefisso fin troppo simile ad un vocabolo inglese ben noto. Accorgimento diverso, invece, per Wolfenstein, in cui, in Germania, i nemici affrontati non sono Nazisti ma, bensì, degli ipotetici e malvagi soldati del “Regime”. Lo stesso accade in ben due paesi diversi per Fallout 3. Infatti, in India, il gioco di Bethesda non esce affatto vista la presenza della mucca a due teste “Bramini” mentre, in Giappone, viene totalmente eliminata una missione e si elimina l’arma “Fat-Man” che, per ovvie ragioni, nel Paese del Sol Levante avrebbe potuto sollevare alcune proteste e urtare la sensibilità dei più. Alcuni accorgimenti, anche, nella versione italiana di Dragon Quest, che vede l’utilizzo dei dialetti italiani per differenziare i vari personaggi e le ambientazioni di gioco.
Tra l’altro, la localizzazione è e rimane un processo lungo, complesso e dispendioso. Per molti titoli tripla AAA, la localizzazione dura mesi, a volte quasi un anno. Si lavora prima, durante e dopo l’uscita del gioco. Si traducono stringhe di codice su excel e word, senza immagini a volte, provando a capire il contesto della parola o della locuzione semplicemente dalla codifica o dal contesto. Centinaia di migliaia di euro, trenta-quaranta voci per il doppiaggio e un lavoro estenuante. un lavoro di cui noi italiani siamo diventati maestri assoluti e all’avanguardia.

Alla luce di questi dati e di questa conferenza, fa indubbiamente piacere sapere che il mercato videoludico sia ormai una delle industrie più floride del nostro Paese. Dall’ultimo grande successo targato Ubisoft Milan, Mario + Rabbids, passando per altre realtà che hanno un richiamo internazionale come Milestone, arriviamo a notare una sempre attiva e propositiva industria indipendente. E la localizzazione non fa che seguire il trend, obbligando i producer a puntare su una traduzione videoludica perfetta e impeccabile. Proprio visti questi dati è ormai impossibile pensare, che nel 2017, alcune grandi case ancora non siano corse al riparo tentando di localizzare o almeno sottotitolare alcuni prodotti per adattarli al mercato italiano, andando così a precludersi la possibilità di ampliare le proprie vendite nel marketplace italiano.

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