Scrive su Facebook insulti sull'azienda per cui lavora e viene licenziata: per la Cassazione è legittimo

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Uno degli argomenti caldi di questo periodo storico è quello di un consapevole utilizzo degli odierni metodi di comunicazione, tra cui ovviamente i social network, spesso usati come valvola di sfogo e non visti, piuttosto, come una grande vetrina online ed una cassa di risonanza.Sull’argomento, sta facendo discutere in queste ore una sentenza della Cassazione, che non ha accolto il ricorso di una donna che era stata appena licenziata dal suo datore di lavoro. Il motivo? Quest’ultima aveva insultato l’azienda per cui lavorava sul suo profilo Facebook, scrivendo «mi sono rotta i cog*ioni di questo posto di me*da e della proprietà». Un messaggio che, in qualche modo, è arrivato anche sotto gli occhi della citata proprietà, che ha deciso di darle il benservito.La donna si è rivolta al Tribunale di Forlì, che aveva già bocciato le sue motivazioni, e successivamente alla Corte d’appello di Bologna, ma non c’è stato modo di ribaltare la decisione: i giudici hanno dichiarato che il suo licenziamento è legittimo, dal momento che la pubblicazione di un messaggio come quello della donna sul suo profilo Facebook «integra una ipotesi di diffamazione». La Corte ha quindi spiegato che «il contegno è stato valutato in termini di giusta causa del recesso, in quanto idoneo a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo.»La Corte ha quindi giudicato la bacheca Facebook della donna come mezzo in grado di veicolare una diffamazione, in quanto idoneo a «determinare la circolazione del commento.»Ciò che emerge, è un importante precedente per gli utenti dei social network: prima di scrivere qualsiasi possibile commento denigratorio verso qualcuno sul vostro profilo, ricordatevi di questa sentenza. Fonte: La Repubblica