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Recensione

Shape of the World, la recensione di un tranquillo viaggio psichedelico

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Avatar di Daniele Spelta

a cura di Daniele Spelta

Redattore

Pubblicato il 17/06/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Rilassarsi, esplorare e interagire. Questo è lo scopo di Shape of the World e questa è anche la promessa che il titolo sviluppato da Hollow Tree Games riesce a mantenere al cento per cento. Un viaggio in prima persona senza una reale meta, una forma di contemplazione pura in un mondo in continuo rivolgimento su stesso, dove i confini si mescolano e i cromatismi lavorano all’unisono per trasportare il giocatore in un ecosistema straniante, ma dopo breve tempo famigliare: questa peculiare opera è un vero momento di distacco e di relax rispetto alle fatiche quotidiane, forse non sarà esente da pecche e limiti, ma il viaggio attraverso quest’universo lisergico ha un vero effetto terapeutico e vale pienamente il prezzo del biglietto. 
Lost in the wood
L’impatto con Shape of the World è brutale, ma l’adrenalina e il dinamismo non hanno nessun merito sulla questione: il primo approccio con il mondo di gioco avviene in modo diretto, non ci sono tutorial o HUD a fare da filtro alla cognizione del giocatore, lasciato libero di esplorare a suo piacere e di interagire secondo i suoi schemi con le forme che poco a poco prendono vita attorno a lui. Anche lo scopo rimane ad un livello di pura astrattezza e, se vi sono un inizio ed una fine concreta, nulla vieta di perdersi nei meandri sconosciuti dello scenario. La suddivisione fra i “livelli” – le virgolette sono decisamente necessarie – è scandita dal passaggio attraverso dei portali geometrici triangolari, varchi che proiettano improvvisamente l’utente al cospetto di nuove visioni, a cui è difficile dare una chiave di lettura, perché questa non c’è ed è celata dentro all’interpretazione che possiede chi di volta in volta poggia i suoi occhi sullo schermo. 
Pur nella sua assurdità, l’ambiente che viene a crearsi passo dopo passo ha una sua coerenza interna, che si scontra violentemente con le leggi della fisica e della logica, ma che trova una sua armoniosità grazie ai sapienti giochi di luce e di colori. Il vero punto di forza è insito nella miscela che prende vita dall’unione della flora e della fauna nata dalle menti dei ragazzi di Hollow Tree Games: è facile rimanere in estasi davanti ad una mastodontica balena fluorescente che solca un cielo violaceo, non si sa perché sia lì, forse siamo finiti dentro l’oceano senza nemmeno aacrogercene, oppure è il mondo ad essersi capovolto. Impossibile dare risposte, ma in fin dei conti è l’enigma una delle molle che spinge a continuare il percorso, senza la costrizione di ottenere un punteggio più alto o di abbassare il tempo di un centesimo di secondo. Shape of the World ci chiede solo di sederci e di goderci il viaggio: di questi tempi, è veramente ciò che ci vuole.
I confini del mondo
L’incedere è lento e compassato, non c’è modo di accelerare il passo e di chinarsi, nessun enigma da risolvere o prova da superare, perché il design è volutamente improntato su due pilastri: la contemplazione e l’interazione spontanea. Entrambe le forme riescono a reggere egregiamente in quasi tutta la breve durata del gioco – variabile, ma che si attesta attorno alle due/tre ore – ma perdono in alcuni frangenti la loro purezza per due motivi differenti, imputabili a altrettante sfere. Il passeggiare in mezzo a fiumi purpurei e il perdersi fra il fitto della vegetazione minimalista hanno un vero effetto distensivo sui nervi e tutto scorre accanto all’invisibile alter ego in modo fluido e vivido, fino a quando Shape of the World decide di imporre dei paletti invisibili, frustrando in modo brutale la voglia di esplorare quello su cui si sta gettando lo sguardo. Per via di limiti tecnici, il team di sviluppo ha deciso di affidarsi ai sempre poco piacevoli muri invisibili per disegnare gli spazi della propria opera, soluzione che, se già di per sé risulta sempre poco gradita, assume un valore ancora più limitante al cospetto di una – teoricamente – libera esplorazione. Allo stesso modo, anche se più giustificabile in un’ottica di progetto budget, non è raro incappare in qualche piccolo bug che impedisce un corretto movimento del proprio avatar. 
Interazioni primordiali
I modi con cui il giocatore può entrare in contatto con il mondo sono numericamente esigui, ma riescono lo stesso a trasmettere la sensazione di vestire i panni di un architetto immateriale in grado di plasmare il mondo a proprio piacere. Shape of the World stimola la fantasia e fa sorgere dei semplici interrogativi posti dalla pura curiosità: raccogliendo dei semi, possono essere piantati degli alberi in ogni dove, toccando questi ultimi si riceve una sorta di spinta, mentre l’interazione con dei megaliti genera delle scalinate utili per raggiungere luoghi da cui godere dell’affascinante panorama. La fantasia viene però bruscamente interrotta da alcuni superflui inserimenti, come l’icona dei semi raccolti, che non si sa bene quale valore aggiunto apporti, oppure da qualche avviso sui tasti da premere e su quale oggetto insistere, alert che spezzano la spontaneità di Shape of the World. Questi piccoli nei, ascrivibili a scelte di design poco felici o a limiti tecnici, non compromettono comunque la piacevolezza del trip acido ideato dai dev, accompagnato magistralmente, oltre che da un’estetica quanto mai ideale – è anche un trucchetto per mascherare qualche sporcatura grafica, ma sarebbe da ipocriti soffermarsi eccessivamente su queste lecite sbavature – anche da una colonna sonora perfettamente incastrata con la direzione artistica. Le musiche cambiano direttamente sotto il passo del giocatore, con toni new age e distesi che collaborano in modo fondamentale con la tranquillità dell’ecosistema, in una sorta loop generato dal protrarsi di melodie che paiono fuoriuscire dall’intro infinito di qualche canzone dei Pink Floyd: immaginate il primo minuto di Shine On You Crazy Diamond sotto l’effetto di LSD da cui è impossibile uscire ed avrete la OST di Shape of the World.

– Una fuga dalla frenesia

– Le musiche supportano egregiamente la direzione artistica

– Visivamente ispirato

– Spinge a perdersi

– Quei maledetti muri invisibili

– Qualche piccolo bug

– Sarebbe stato meglio omettere ogni aiuto

7.0

Alla semplice domanda “Shape of the World raggiunge gli obiettivi che si è prefissato?” è impossibile non rispondere in maniera positiva. Per tutta la sua breve estensione, il titolo realizzato da Hollow Tree Games funziona egregiamente come fuga distensiva dalla realtà, non richiede alcuno sforzo e impegno, ma solo di essere goduto in tutta tranquillità. Avanzare critiche sulla pochezza ludica sarebbe del tutto fuori luogo, non è questo lo scopo di Shape of the World, il quale non è comunque esente da pecche: i fastidiosi muri invisibili sono dei paletti che spezzano bruscamente la poesia, mentre sarebbe stato meglio omettere anche quei piccoli aiuti visivi che cozzano con l’immersività.

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