Reynatis | Recensione - Il passo (molto) più lungo della gamba
Reynatis è una nuova IP che prova a fare le cose in grande, ma la forbice tra le idee e la realizzazione è davvero troppo ampia: la recensione.
a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
In sintesi
- Un titolo generico e confusionario.
- Enormi margini di miglioramento in molti campi.
- Bella colonna sonora e qualche spunto dall'art direction.
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Natsuma Atari, FuRyu
- Produttore: FuRyu, NIS America
- Testato su: PS5
- Piattaforme: PC , PS4 , PS5 , SWITCH
- Generi: Avventura , Azione
- Data di uscita: 27 settembre 2024
Il vero e proprio rinascimento del sotto-genere dei giochi di ruolo giapponesi, a cui abbiamo assistito durante l'ultima generazione di console – dopo la crisi che lo aveva colpito durante l'era di Xbox 360 e PS3 – ha portato una ventata di aria fresca per milioni di appassionati, ma anche tanti prodotti a basso budget che hanno (inutilmente) cercato di scimmiottare i prodotti maggiormente in voga per trarne profitto.
Ci spiace dire che in questa trappola è caduta anche FuRyu, casa di sviluppo di tutto rispetto che ha accumulato negli anni un discreto curriculum, che comprende titoli come i due Caligula Effect, The Alliance Alive e The Legend of Legacy.
Ma stavolta, con Reynatis, è stato fatto il passo più lungo della gamba. Scopriamo insieme perchè nella nostra recensione.
Più magia per tutti
In un mondo in cui solo pochi individui possono utilizzare la magia, bandita in pubblico per non avere a che fare con i suoi nefasti effetti collaterali, il gioco ci mette nei panni di due differenti protagonisti per tutta la prima parte delle vicende: da un lato un ribelle, Marin Kirizumi, un lupo solitario che, evitando di schierarsi e di esporsi, è riuscito a tenere celate le sue notevoli abilità magiche.
Dall'altro una soldatessa tutta d'un pezzo, Sari Nishijima, maga di alto livello al servizio della forza costituita ( la M.E.A), pagata per ricercare e rinchiudere gli utilizzatori di magia come l'altro protagonista di cui sopra.
Ad aggiungersi a questo scenario, la massiccia immissione, per le strade di una Shibuya futuristica, di una droga chiamata rubrum, capace di mandare fuori di testa i suoi utilizzatori fino a mutarli in obbrobri ai quali di umano non rimane nulla.
Il succitato Marin, ad esempio, è spinto esclusivamente dalla sua volontà di diventare il mago più forte di tutti, tanto quanto i subordinati di Sari gettano via la carriera militare e mettono a repentaglio la propria vita solo per seguire un superiore che, fino a pochi secondi prima, dicevano di non amare particolarmente.
Non manca qualche buono spunto, ma abbiamo trovato piuttosto intricati certi passaggi e non siamo rimasti particolarmente soddisfatti della conclusione: eppure questi problemi sono nulla se confrontati a quelli del resto della produzione.
Una lista infinita di problematiche
Il sistema di combattimento, cuore di ogni produzione similare, riesce a ben impressionare sulle prime grazie alla sua originalità: centrato sulla capacità di evitare all'ultimo secondo gli attacchi nemici, tenendo premuto il tasto giusto per la giusta quantità di tempo, esso costringe ad alternare fasi di attacco sconsiderato (dove regna sovrano il button mashing) ad altre in cui è invece necessario limitarsi ad evitare gli attacchi nemici, attendendo che la barra magica, posta in basso al centro dello schermo, si ricarichi.
Ben presto, però, appaiono evidenti le numerose falle del sistema: la telecamera può essere considerata a tutti gli effetti un nemico ulteriore durante gli scontri, visto che si rifiuta di seguire l'azione correttamente anche quando abbiamo puntato il mirino contro uno specifico nemico.
Molti di questi dispongono di uno scudo che li rende invulnerabili, che può essere abbattuto solo tramite l'utilizzo di uno specifico personaggio dei sei disponibili, oppure tramite il posizionamento volontario nel suo range di attacco, sperando di azzeccare la tempistica per la meccanica descritta sopra dell'evasione – la quale, non essendo delle più precise, porta spesso a frustranti fallimenti.
Come hanno insegnato anche alle masse i videogiochi creati da Hidetaka Miyazaki ed il suo team, non c'è nulla di male nell'eleggere il tempismo a protagonista di un combat system, ma per farlo è necessario che le finestre temporali per il parry siano cristalline, ancorché brevi, e che sia sempre chiaro al giocatore dove e perché ha sbagliato – e purtroppo in Reynatis non accade nulla di tutto ciò.
Il risultato è che spesso gli scontri si protraggono molto più a lungo del dovuto, in attesa di azzeccare il tempismo giusto per abbattere un nemico che, al netto dello scudo, andrebbe a tappeto con un paio di colpi ben assestati.
Ci sono evidenti problemi anche nel bilanciamento della difficoltà: la passeggiata di salute che il gioco propone anche a livello difficile si interrompe bruscamente nel ventitreesimo dei trentatré capitoli complessivi, quando un picco di difficoltà completamente inatteso costringe ad una buona dose di farming per avanzare lungo la storyline principale.
Per non parlare della possibilità, che porta al game over nel novantanove per cento dei casi, di essere denunciati dai passanti in caso si utilizzi la magia in pubblico: qualora questo dovesse avvenire, il party sarà immediatamente braccato da pattuglie di soldati scelti della M.E.A., praticamente impossibili da battere se non nelle fasi più avanzate della campagna.
Non c'è molto da segnalare nemmeno dal punto di vista della profondità dei sistemi di crescita: gli sviluppatori hanno scelto di portare alle estreme conseguenze la gestione molto snella dei poteri dei personaggi dei due The world ends with you, evidenti fonti di ispirazione per il team di sviluppo, e non è quindi possibile sollazzarsi con gli equipaggiamenti o spendere ore nei menu di gestione del party, perché l'avanzamento di livello è automatico ed il giocatore ha pochissima voce in capitolo per quanto concerne la build dei suoi combattenti.
Il level design dei dungeon, chiamati Alternate, è blando ed estremamente ripetitivo, con lunghi corridoi che si alternano a sezioni più ampie dove si viene immancabilmente attaccati dai nemici, che si limitano a quattro o cinque tipologie per l'intera durata della campagna principale.
Male anche le missioni secondarie, che puntano decisamente più sulla quantità che sulla qualità: portarle a termine garantisce vantaggi tangibili, come più risorse e maggiori Wizart (disegni murali da cui apprendere nuove abilità) sparsi per Shibuya, ma la noia che ne scaturisce va ad appesantire ulteriormente un'esperienza di gioco che, come abbiamo visto, è già minata da numerosi altri problemi.
Il proverbiale passo più lungo della gamba
Nonostante mappe di gioco di modeste dimensioni, con texture in bassa risoluzione che la fanno da padrone ovunque, mappe desolatamente vuote e modelli degli NPC riciclati selvaggiamente, Reynatis necessita di continui e fastidiosi micro-caricamenti tra una zona e l'altra di Shibuya, spezzettando continuamente il ritmo di gioco quasi come se PS5 (console su cui è avvenuta la nostra prova) non riuscisse a gestire un motore che sembra provenire direttamente dai primordi della scorsa generazione di console.
La mancanza di espressione nei volti durante cutscene anche molto drammatiche è palese, così come l'ampia forbice esistente tra le aspirazioni del prodotto e l'effettiva realizzazione: dobbiamo purtroppo segnalare anche diffusi fenomeni di pop-in, rari (ed ad onor del vero quasi mai impattanti) rallentamenti durante i combattimenti più affollati e, in generale, una sensazione di "vorrei ma non posso" che coinvolge tutto il comparto tecnico, nonostante qualche spunto interessante sul versante artistico.
Se si cerca di posizionarsi nel segmento alto del mercato, è normale che si venga poi giudicati con gli stessi parametri dello stesso, e secondo questi parametri, Reynatis si rivela un gioco largamente insufficiente sotto moltissimi punti di vista.
L'unica àncora di salvezza nel mare in tempesta di Reynatis è rappresentata dalla colonna sonora, firmata dalla veterana Yoko Shimomura, passata alla storia del medium per i suoi lavori su franchise amatissimi dal pubblico, tra cui Final Fantasy, Kingdom Hearts, Radiant Historia, vari episodi dei giochi di ruolo di Mario e Luigi e persino della serie Mana.
Tanto il battle theme quanto la stragrande maggioranza dei motivi legati all'avanzamento della vicenda principale soddisfano e risultano purtroppo un po' sprecati in un contesto in cui la storia si avvita più volte su se stessa e le prove recitative degli attori coinvolti nel doppiaggio (solo giapponese, con sottotitoli in inglese) non risultano sempre convincenti.
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Voto Recensione di Reynatis
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Splendida prova di Yoko Shimomura alla colonna sonora
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La narrativa ha qualche spunto
Contro
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Sistema di combattimento monocorde
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Esplorazione e level design monotoni
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Valori produttivi modesti
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Il nemico più forte è la telecamera