Immagine di Metaphor: ReFantazio | Recensione - Un brillante inizio
Recensione

Metaphor: ReFantazio | Recensione - Un brillante inizio

Metaphor è una nuova IP per Atlus e Studio Zero, che prende il meglio della serie Persona e cambia ambientazione, temi e personaggi: vediamo la recensione.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In sintesi

  • Una nuova IP capace di unire vecchio e nuovo.
  • Un prodotto mastodontico per contenuti ed ambizioni.
  • L'opera però è afflitta da continuo caricamenti che spezzettano il ritmo.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Metaphor: ReFantazio
Metaphor: ReFantazio
  • Sviluppatore: Studio Zero
  • Produttore: Atlus
  • Distributore: SEGA
  • Testato su: XSX
  • Piattaforme: PC , XSX , PS4 , PS5
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 11 ottobre 2024

Il titolo Lo chiamavano Trinità, che richiamerà il faccione di Bud Spencer e gli occhi di ghiaccio di Terence Hill, e con loro dolci ricordi di schiaffoni e risate nella maggior parte dei nostri lettori, assume un significato ulteriore per gli amanti dei giochi di ruolo di matrice giapponese, ed in particolare per quanti avessero un debole per Atlus.

In quest'ultimo caso, infatti, la trinità è composta da Katsura Hashino, Shigenori Soejima e Shoji Meguro, rispettivamente mente creativa, artista visionario ed eccelso compositore di alcuni tra i giochi di ruolo più belli della storia del medium, su tutti gli ultimi tre Persona.

Quando questo talentuoso trio si mette al lavoro su qualcosa riesce sempre a calamitare l'attenzione degli appassionati, soprattutto quando si tratta di una nuova IP come Metaphor: ReFantazio: dopo quasi novanta ore vissute intensamente ad Euchronia, siamo pronti a condividere con voi il nostro viaggio.

Le crepe di Euchronia

A guardarlo da lontano, con occhio poco attento, il reame di Euchronia potrebbe sembrare un monolite, un paese unito sotto un anziano ma potente regnante, al cui interno vivono tutte ed otto le tribù principali, dai Clemar ai Nidia, passando per gli Eugief, semiumani dalle fogge più diverse.

Ma se, anziché limitarsi ad una veloce scorsa, se ne analizza il tessuto sociale, si scopre di stare in realtà osservando un cadavere in avanzato stato di decomposizione: le divisioni sociali sono nettissime, l'odio razziale divide le tribù che guardano con disprezzo le une alle altre, la corruzione si è insinuata in tutti i gangli statali e, in ultimo, l'incombente minaccia degli Umani è alle porte.

Nessuno sa da dove provengano e come fermarli, e così questi ultimi, enormi e grotteschi esseri dalle fattezze umanoidi, seminano il panico in provincia, lontano dalla capitale Grand Trad, devastando villaggi e mietendo vittime tra i loro abitanti.
In quest'epoca di tumulti, sette anni dopo l'attentato che aveva lasciato la nazione senza un erede al trono, l'anziano sovrano viene pugnalato a morte nel suo stesso letto, dando inizio ad una sanguinosa guerra di successione tra i rimanenti attori politici sulla scena, da Louis Guiabern, le cui mani sono lorde del sangue del Re, alla Chiesa Santista, che muove fili da dietro le quinte.

La prima sortita di Yuichiro Tanaka nel fantasy medievale risulta avvincente e matura nei temi proposti.
In quest'era di tumulti, comizi elettorali per le strade, assassini di inusitata violenza ed esecuzioni sommarie, il giocatore è chiamato a vestire i panni del tipico protagonista dei più recenti giochi di ruolo Atlus
, un ragazzo dai capelli blu appartenente alla tribù degli Elda, di gran lunga la più odiata dell'intero reame.

La sua missione? Recarsi nella capitale Grand Trad ed assassinare il succitato Louis, ritenuto responsabile del vile attacco al principe di Euchronia di sette anni prima – che, contrariamente a quanto tutti pensano, non ha condotto alla scomparsa del giovane nobile ma alla sua caduta in una stato di morte apparente, causato da una potente maledizione.

Le vicissitudini della fazione di lealisti che tenta di spezzare la maledizione e restituire alla nazione il legittimo sovrano saranno però solo una piccola parte di un mosaico sociopolitico ben più ampio, nel quale si inseriscono anche una potente magia post-mortem del Re, che consente a chiunque di ascendere al trono purché si fregi dell'appoggio del popolo, e le macchinazioni della Chiesa, rappresentata da una guida corrotta e spietata come il Santefice Forden.

La prima sortita di Yuichiro Tanaka nel fantasy medievale risulta avvincente e matura nei temi proposti, e per le strade delle cinque location principali lungo le quali si dipana l'avventura si respirano l'incertezza del popolino, le tensioni sociali, l'odio razziale verso i più deboli. Non sempre il ritmo della narrazione è soddisfacente, tuttavia, ed alcuni dei colpi di scena risultano piuttosto telefonati, richiedendo al giocatore una dose extra di sospensione dell'incredulità.

Se, quindi, da un lato mancano la compattezza e l'eccezionale gestione del tempo tipica degli ultimi Persona, dall'altro il distacco dalle vicende di teenager tipiche di quel franchise ha giovato tanto alla varietà quanto al coinvolgimento di fasce di pubblico altre rispetto a quella giovanile, presumibilmente più interessate ad intrighi di corte che a drammi pre-adolescenziali.

Al netto dei gusti personali, comunque, il lavoro svolto sull'ambientazione e sul world building è notevole, ed il neonato Studio Zero ha gettato le basi per un franchise che speriamo non si limiti ad un singolo episodio: le fonti di ispirazione sono numerose, transmediali ed evidenti (su tutte L'Attacco dei Giganti ma anche Il Trono di Spade e Fire Emblem), e quindi in certi frangenti chi avesse avidamente consumato queste opere ritroverà tematiche, motivazioni e personaggi che le richiamano molto da vicino.

Nondimeno, grazie anche ad un protagonista che non si limita ad annuire ma dice la sua e facilita il processo di immedesimazione, il risultato finale è apprezzabile e sorregge la struttura ludica dall'esplosivo inizio fino al climax finale, con qualche momento di fisiologica stanchezza nel mezzo, vista la consistente durata complessiva.

Brillante evoluzione

Com'era lecito aspettarsi visto il successo, tanto di critica quanto di pubblico, riscosso dai precedenti lavori sui franchise Persona e Shin Megami TenseiMetaphor: ReFantazio costruisce sulle fondamenta di questi ottimi JRPG senza snaturarne la formula, ma senza accontentarsi di scimmiottare, mirando piuttosto ad ampliare e migliorare sistemi che già funzionavano benissimo.

Ci sono infatti due nuovi pilastri attorno ai quali ruota il sistema di combattimento, qui ancora più importante rispetto ai Persona per via dei numerosi dungeon opzionali sparsi per il reame: il sistema degli archetipi e la fase action che precede il classico scontro a turni.

Partiamo dalla prima novità, che riteniamo quella più pregnante per il gameplay: lasciato da parte il sistema delle Personae, che assegnava un ruolo ben preciso ad ognuno dei membri del party, in Metaphor c'è un sistema di classi sbloccabili estremamente ampio, che si sviluppa su uno schema che richiama apertamente l'immagine dell'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci.

Il pregio più grande di Metaphor: ReFantazio è riuscire a combinare in maniera efficace la piacevole sensazione di familiarità che sicuramente proveranno i fan del franchise Persona con una serie di migliorie e novità sufficienti ad allontanare lo spettro del déja-vù.

Ad eccezione di una manciata di classi basiche disponibili all'inizio dell'avventura, quelle successive (ce ne sono tre per ogni famiglia, con la terza che eccelle in potenza e mosse speciali disponibili) andranno sbloccate dal giocatore durante l'avventura, in concomitanza con certi snodi narrativi, ma perlopiù coltivando le relazioni interpersonali con numerosi personaggi non giocanti, ognuno legato ad una classe specifica.

Maria, una dolce e sfortunata bambina che il nostro eroe prenderà a cuore, è ad esempio legata all'archetipo del Guaritore, e portare all'ottavo livello il legame con lei permette di sbloccare numerosi benefici legati a questa classe, nonché la sua incarnazione ultima.

A seconda delle sue esigenze sul campo di battaglia, quindi, il giocatore potrà coltivare le relazioni più utili alla crescita del suo party, sbizzarrendosi con la creazione di una squadra mai così variegata e multiforma: ognuno dei membri del party può rivestire qualsiasi ruolo in battaglia, e questi possono cambiare archetipo in qualsiasi momento, dapprima recandosi nel corrispettivo della Velvet Room e in seguito direttamente dal menu di gioco.

Va da sé che questo sistema premia il micromanagement, una gestione assennata del party, che può peraltro essere disposto su due linee, e la creazione  di build ibride, che conservano abilità specifiche di altre classi: un mago capace di colpire dalle retrovie come un cecchino, un paladino proficiente nell'arte del fuoco, un chierico che riesce a donare buff al gruppo e tanto altro ancora.

Il sistema funziona alla meraviglia e consente di cambiare formazione ed equipaggiamento in un istante, ovviando, in qualche modo, all'innalzato livello di sfida del prodotto: abbiamo giocato Metaphor ReFantazio a livello Difficile, il quarto dei cinque disponibili, e lo abbiamo trovato deliziosamente impegnativo, sebbene in certi punti della campagna siano presenti notevoli picchi di difficoltà, che richiedono di abbassare il livello di sfida dal menù o di ripensare drasticamente la propria strategia di attacco.

Cambiare archetipo e sperimentare nuove combinazioni diventa presto un gioco nel gioco e, non potendo sbloccare tutti gli archetipi alla prima run, per via delle consuete limitazioni temporali cui ci ha abituato la saga di Persona, incentiva anche alla rigiocabilità del titolo. Quando si dice, insomma, " due piccioni con una fava".

L'altra grande novità è rappresentata dall'accresciuta importanza data alle fasi action prima del combattimento vero e proprio: se nei titoli Atlus è sempre stato possibile avvantaggiarsi ad inizio battaglia colpendo il nemico per primi, in Metaphor: ReFantazio c'è un vero e proprio combattimento action che porta poi allo scontro a turni, con un rudimentale sistema di schivata ed una barra della resistenza del nemico da azzerare, per fiaccarlo e portarlo ad iniziare lo scontro a turni con un handicap notevole in termini di salute e di priorità nei turni.

La stessa possibilità è però garantita ai nemici, si badi bene: potremo essere sorpresi in combattimento qualora venissimo colpiti, e in questo caso le cose potrebbero farsi decisamente complicate anche al livello di difficoltà di default.

Questo aggiunge pepe alle fasi di esplorazione e costringe il giocatore a tenere sempre gli occhi aperti contro imboscate ed attacchi a tenaglia; qualora, invece, si incrociassero nemici di parecchio inferiori al proprio livello, il combattimento action risolverebbe la disputa senza obbligare a combattere a turni, così da non tediare l'utente con scontri poco gratificanti e tenere sempre alto il ritmo durante l'esplorazione dei dungeon.

Questi ultimi sono in linea con quelli visti in Persona 5 Royal, con un buon design generale, numerosi segreti e finanche delle boss fight opzionali, di certo impegnative ma che garantiscono ricompense quasi sempre adeguate allo sforzo richiesto.

La struttura di gioco fa poi del viaggio un elemento essenziale, piuttosto che una seccatura: recarsi in una zona di caccia o semplicemente in un'altra città per la prima volta richiede due o tre giorni di cammino, che vanno messi a calendario e gestiti secondo le consuete routine di amministrazione del tempo cui i precedenti titoli delle succitate serie ci hanno abituato negli anni.

A conti fatti, il pregio più grande di Metaphor: ReFantazio è riuscire a combinare in maniera efficace la piacevole sensazione di familiarità che sicuramente proveranno i fan del franchise Persona con una serie di migliorie e novità sufficienti ad allontanare lo spettro del déja-vù.

Arte costretta

A frenare, in un certo qual modo, l'ambiziosa visione di Atlus e di Studio Zero c'è un motore di gioco che inizia ad accusare il peso degli anni e che costringe, anche nella versione Xbox Series X oggetto di questa recensione, a continue attese derivanti dai caricamenti, sì abbastanza brevi ma purtroppo assai frequenti.

Al di fuori di sequenze cinematiche eccezionali, che fanno bella mostra di loro anche negli snodi narrativi cruciali di Metaphor, i giochi di ruolo Atlus non hanno mai davvero stupito dal punto di vista tecnico, eccellendo invece da quello artistico, grazie allo sconfinato talento di Soejima.

In questo caso, però, mai come in altre produzioni del medesimo publisher, abbiamo accusato una certa stanchezza dovuta al gran numero di caricamenti, necessari perché le mappe di gioco sono suddivise in piccole sottosezioni divise da una schermata di caricamento le une dalle altre.

Questa è una spiacevole eredità del motore di gioco, il medesimo utilizzato per Persona 5 Royal, che non tiene minimamente conto del balzo prestazionale garantito dalle console di attuale generazione rispetto a PS4  ed Xbox One.

Probabilmente una mappa open world avrebbe ovviato a questa problematica o, qualora essa si fosse scontrata con la visione del team di sviluppo, si sarebbe potuto almeno lavorare per ottimizzare ed assottigliare i tempi di caricamento, passando magari dagli attuali quattro o cinque secondi ad un paio al massimo.

Non crediamo di esagerare se diciamo che almeno tre o quattro delle quasi novanta ore spese ad Euchronia le abbiamo passate ad osservare lo schermo nero del caricamento, perché, ancor più che nei Persona, qui entrare ed uscire dagli edifici risulta un'attività estremamente comune per riscattare taglie, visitare negozi e locande, imboccare un dungeon.

In particolare, nella giornata settimanale dedicata agli sconti, in cui tutti i negozi del reame abbassano i prezzi del venti o trenta per cento, il viavai tra i menu dei negozi dei vari vendor si farà massiccio, con conseguente allungamento dei tempi di attesa.

E non è tutto qui: l'età del motore grafico si riflette anche in altri elementi, come texture in bassa risoluzione che adornano scenari altrimenti splendidi, modelli dei personaggi non giocanti ripetuti ad nauseam (nelle scene pubbliche, con assembramenti di cittadini per i comizi, vi capiterà di contare lo stesso modello almeno quattro o cinque volte) ed un set di animazioni limitato ai soli protagonisti,  con molti elementi dello scenario fissi ed immoti come i JRPG classici dell'era Super Nintendo.

Ed è un peccato, soprattutto perché queste limitazioni si scontrano con l'eccellente lavoro artistico e di caratterizzazione del già citato Shigenori Soejima e con la colonna sonora di grande pregio del solito Meguro.

Se il primo riesce a tratteggiare benissimo un Paese medievale che sta marcendo, a differenziare a sufficienza le otto differenti tribù e a donare espressioni vivide al party del giocatore, il secondo ci regala un altro pezzo di bravura, con un accompagnamento musicale di straordinaria fattura, nel complesso un gradino sotto quello di Persona 5 (inarrivabile, a nostro parere) ma dotato di pezzi magnetici come il battle theme ed il motivo che accompagna i pellegrinaggi all'Isola Virga.

Note positive anche dal punto di vista delle performance e della quantità di contenuti, sebbene questo non dovrebbe sorprendere chi conosce ed ha apprezzato i precedenti lavori di Atlus.

Siamo felici di riferire che il nostro viaggio ad Euchronia non è mai stato disturbato da fluttuazioni significative del frame rate, che ha mostrato solo piccoli inciampi in concomitanza con alcuni salvataggi automatici o in presenza di effetti a schermo particolarmente impegnativi, senza mai impattare sul gameplay.

Per quanto concerne l'offerta ludica, invece, siamo dalle parti dell'eccellenza già fatta segnare da Persona 5 Royal: completando la quasi totalità delle missioni secondarie disponibili, tra taglie e richieste degli NPC, abbiamo vagato per poco meno di novanta ore nelle lande di Euchronia.

Supponiamo che ne potrebbero bastare una sessantina per completare la sola campagna, ma dal nostro punto di vista sarebbe un peccato lasciarsi dietro i dungeon opzionali e le impegnative boss fight nascoste al loro interno.

Voto Recensione di Metaphor ReFantazio | Recensione


8.8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Una nuova IP che fa centro subito

  • World building di pregio

  • Il sistema degli archetipi dona profondità

  • Una montagna di contenuti

  • Piuttosto impegnativo...

Contro

  • ...anche se non sempre bilanciato a puntino

  • Urge un nuovo motore grafico per Atlus

Commento

Di certo Metaphor: ReFantazio non era un salto nel buio per Atlus, visto che lo Studio Zero è formato da un pugno di veterani dell'azienda e del genere JPRG. Eppure, nel mercato odierno, presentare una nuova proprietà intellettuale (peraltro con un nome impronunciabile e con un limitato battage pubblicitario) rappresenta una scommessa notevole, e siamo felici che il publisher giapponese l'abbia stravinta.
Non siamo ai livelli di eccellenza di Persona 5 Royal, e d'altronde in questo caso siamo all'inizio di un cammino e non nella piena maturità del franchise, ma la libertà ed il grado di personalizzazione garantiti dal sistema degli archetipi e la riuscita ibridazione tra il rodato sistema di combattimento dei Persona e le fasi action che lo precedono sono pietre angolari su cui Studio Zero ed Atlus potranno costruire in futuro.
Alla luce della differente ambientazione e della maturità dei temi trattati, Metaphor: ReFantazio non è solo un passaggio obbligato per tutti i fan dei precedenti lavori di Hashino-san e del suo team, ma anche per tutti coloro che non amassero l'ambientazione contemporanea giapponese ed il cast di adolescenti tipico del franchise Persona. La prima pietra è stata posta e le basi sono di altissimo livello: vedremo quale sarà il possibile futuro di Metaphor.
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