Immagine di Brothers: A Tale of Two Sons |  Recensione - Il remake che serviva?
Recensione

Brothers: A Tale of Two Sons | Recensione - Il remake che serviva?

Un remake in UE5 di Brothers, uno dei titoli più emozionanti dell'ultima decade, che aggiunge una modalità cooperativa in locale: vediamo la recensione.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In sintesi

  • Un remake non necessario, forse, ma ben fatto.
  • Esperienza breve ma significativa.
  • Sistema di controllo a cui serve fare il callo.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Brothers: A Tale of Two Sons (remake)
Brothers: A Tale of Two Sons (remake)
  • Sviluppatore: Avantgarden
  • Produttore: 505 Games
  • Distributore: 505 Games
  • Testato su: PS5
  • Piattaforme: PC , XSX , PS5
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 28 febbraio 2024

Sono passati dieci anni abbondanti dal debutto sul mercato di Brothers: A tale of two sons, che seppe distinguersi all'interno del panorama dell'epoca non per i suoi valori produttivi stellari o per una difficoltà degna di un soulslike, quanto, piuttosto, per il carico emozionale che rilasciava sul giocatore e per l'accorata storia di dolore e redenzione dei due fratelli protagonisti del titolo.

Una decade è sufficiente per rimuovere un titolo del genere dalla memoria? C'era davvero bisogno di un remake completo?

Se voi, come il team di Avantgarden Games (italiano, tra l'altro), siete convinti di sì, non dovete far altro che continuare a leggere la nostra recensione della versione PS5 per scoprire com'è andata.

Ostinati contro un destino avverso

La storia, tanto semplice quanto struggente, incentrata attorno alla madre di tutte le molle narrative, ovvero il viaggio, è senza ombra di dubbio uno degli elementi invecchiati meglio.

Oggi come dieci anni fa l'epopea dei due fratelli del titolo alla ricerca di una cura per il padre morente si rivela tanto leggera quanto emozionante, a metà tra urgenze che più terrene non si può e voli pindarici legati all'ambientazione fantasy del titolo, evidentemente debitrice nei confronti di certa letteratura mitteleuropea, tra troll e foreste incantate.

Più la vita si dimostra dura con i due fratelli, che già in apertura di gioco hanno perso la loro mamma, più il giocatore è portato ad abbracciare virtualmente i due virgulti, tanto sfortunati quanto determinati a salvare ciò che resta della loro famiglia, nonostante la speranza sia legata a miti e leggende e ad un albero distante settimane di cammino dalla loro casa.

La totale assenza di dialoghi, con i due fratelli che comunicano tra loro e con gli altri NPC sparsi per il mondo di gioco in un gibberish incomprensibile, non solo non toglie nulla alla narrazione, ma anzi, in linea con il principio di less is more, costringe il giocatore, aiutato anche dalla sottotitolazione nella nostra lingua, a riempire i vuoti con la propria immaginazione, facendo risaltare ancora di più i motivi del viaggio e l'amore familiare piuttosto che i singoli personaggi.

L'effetto narrativo è riuscitissimo ancora oggi, con l'assenza di dialoghi che non toglie niente alla storia.
Come per il sistema di controllo, in altre parole, Naia e Naiee sono un blocco unico, una famiglia, e si comportano come tali, senza che la voce di uno sovrasti quella dell'altro o che certe battute aumentino l'affezione verso uno dei due a discapito dell'altro.

Probabilmente la scelta all'epoca fu dettata anche dal notevole risparmio in termini di tempi e costi, vista l'assenza del doppiaggio, ma l'effetto a livello narrativo è oggi riuscitissimo come lo fu allora: non empatizzare con i due protagonisti è davvero difficile, per non dire impossibile, come lo è rimanere indifferenti di fronte alle fasi finali e all'epilogo dell'avventura.

Cooperazione, croce e delizia

Il sistema di controllo rappresenta nel contempo la croce e la delizia di questa produzione: una versione prototipica di quello poi impiegato prima in A way out e poi nell'acclamato It Takes two, esso consente di muovere indipendentemente entrambi i fratelli, legati ciascuno a uno stick analogico e a un grilletto del controller (sinistro per il maggiore e destro per il minore, nella versione PS5 oggetto di questa recensione).ù

Il più grande, Naia, si presta meglio a lavori di fatica e alle sparute sezioni di combattimento, laddove Naiee, il più giovane, risulta particolarmente indicato per infilarsi in stretti pertugi e passare inosservato ai nemici che incontreremo lungo il viaggio, che anche in questa versione, molto fedele all'originale, non supererà le tre ore complessive.

L'implementazione è generalmente più che buona, ma non mancano, oggi come allora, una manciata di sequenze piuttosto frustranti, in cui, un po' per errori inconsci della memoria muscolare da videogiocatore, un po' per l'imperizia dei controlli, si finisce con il fallire - o, ancora più spesso, con l'impiegare molto più tempo del dovuto a compiere azioni triviali, come spostare un masso o coordinare i due fratelli.

L'aggiunta della co-op locale, introdotta anche nella conversione Switch di qualche anno fa, è una novità interessante e avvicina il gioco al modello di It Takes Two.
L'aggiunta della cooperativa in locale, assente nell'edizione originale ed inclusa nella conversione per Switch pubblicata cinque anni fa, rappresenta una delle novità più succose e gradite di questa riedizione, avvicinando il titolo alle meccaniche che hanno decretato il successo del già citato It takes two, a costo di abbassare ulteriormente un livello di sfida già minimale di suo, che comunque non rappresenta il punto focale della produzione.

Quest'ultimo è invece rappresentato dai puzzle, che occupano la stragrande maggioranza delle ore di gioco e che tendono a premiare l'osservazione, la cooperazione (anche in single player, intesa tra i due fratelli) e la capacità di pensiero laterale, sebbene il livello di sfida dei puzzle sia piuttosto basso, così da non escludere nessuno dal divertimento.

La vera domanda, che ronzava per la testa durante il nostro playthrough, è relativa alla necessità di questo rifacimento, considerando che la versione originale è già disponibile tramite retrocompatibilità su tutte le piattaforme sul mercato, da PS5 alle console Microsoft, passando per il PC.

La risposta che ci siamo dati è che la mancanza di necessità è controbilanciata dall'amore riposto nell'opera di restauro e dal voler omaggiare una delle opere più intimiste e struggenti dell'ultima decade videoludica.

Un vecchio classico sotto una nuova luce

Il lavoro svolto sul versante artistico è di buona qualità: recuperare oggi l'originale può risultare un'esperienza non esattamente gradevole in termini visivi, laddove questa versione di Brothers: A tale of two sons, forte di un nuovo sistema di illuminazione, di un nuovo motore di gioco (Unreal Engine 5) e di una colonna sonora completamente riarrangiata (dall'orchestra sinfonica di Bratislava, nientemeno), potrebbe essere tranquillamente scambiato per un titolo del tutto nuovo, seppure con un budget lontano dai tripla A che dominano il mercato.

Nonostante sia intercorso qualche giorno dal day-one, invece, abbiamo riscontrato qualche spigolosità di troppo a livello meramente tecnico: se si può chiudere un occhio sulle sporadiche fluttuazioni del frame rate, comunque difficilmente spiegabili su una macchina che fa girare Final Fantasy VII Rebirth, è più difficile farlo sul crash che ci ha rimandato alla dashboard del sistema, facendoci perdere circa mezz'ora di progressi, che non è poca roba su un titolo dalla durata complessiva inferiore alle quattro ore.

Siamo sicuri che il problema sia facilmente risolvibile tramite patch, ma è giusto segnalarlo per quanti volessero provare subito lo struggente viaggio dei due fratellini.

La notevole brevità dell'esperienza, che di per sé segnaleremmo tra i contro in altre circostanze, qui diviene salvifica, non solo perché la sensazione è che allungando il brodo a risentirne sarebbe stata la narrazione, ma anche perché la varietà dei puzzle proposti non era tale, già all'epoca, da far durare il gioco il doppio o il triplo delle citate circa tre ore necessarie a raggiungere il toccante finale.

Anche il prezzo budget, inferiore ai venti euro al debutto, aiuta a chiudere un occhio su un'esperienza fresca e leggera, che svanisce nel breve volgere di una serata di gioco, e che potrebbe durare meno degli acquazzoni infiniti di questi giorni.

Non c'è abbastanza di nuovo per convincere a tornarci quanti avessero già completato il titolo in passato, in altre parole, ma a chi non avesse mai vissuto questa fiaba a tinte fosche di certo suggeriremmo di partire da qui, investendo solo qualche euro in più rispetto alla versione originale, comunque disponibile sugli store digitali.

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Voto Recensione di Brothers: A tale of two sons | Recensione


7.5

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Una storia che scalda il cuore ancora oggi

  • Buon lavoro a livello sia artistico che tecnico

  • La cooperativa in locale è un'aggiunta graditissima...

Contro

  • ... ma non sempre è a fuoco con il resto dell'esperienza

  • Sistema di controllo non dei più intuitivi

  • Qualche crash che si mangia via minuti di progressione

Commento

Senza arrischiarsi in modifiche alla trama o al gameplay, e poggiando sui medesimi punti di forza del prodotto originale, il team milanese Avantgarden confeziona un remake che, pur somigliando un po' troppo ad una rimasterizzazione, riesce a cogliere quanto di buono ci fosse nel titolo pubblicato undici anni or sono, proponendo un'esperienza fresca e leggera anche al pubblico odierno.
Il gioco è breve, il sistema di controllo non è sempre intuitivo (ma era così anche nell'originale, sia chiaro) e, a parte la cooperativa in locale, le aggiunte sono minime, ma se non avete mai giocato Brothers questa versione è sicuramente la migliore sul mercato, e per farla vostra bastano meno di venti euro.
Qualora, invece, aveste già portato a termine il viaggio dei due fratelli qualche anno fa, le motivazioni per tornare su questa nuova versione scarseggerebbero, a meno di non aver guadagnato nel frattempo un figlio/a o un fratello/sorella con cui condividere l'esperienza.
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