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Baten Kaitos I & II HD Remaster | Recensione - Un ritorno che funziona?

Baten Kaitos torna con una raccolta dedicata ad alcuni tra i titoli meno conosciuti di Monolith Soft: vediamoli nella recensione.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In sintesi

  • Due JRPG vecchia scuola in un unico pacchetto
  • Complessi inizialmente ma più che soddisfacenti
  • Almeno un centinaio di ore di contenuti

Informazioni sul prodotto

Immagine di Baten Kaitos I & II HD Remaster
Baten Kaitos I & II HD Remaster
  • Sviluppatore: Monolith Soft, Logicalbeat Co Ltd
  • Produttore: Bandai Namco
  • Distributore: Bandai Namco
  • Testato su: SWITCH
  • Piattaforme: SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 15 settembre 2023

Tra alti e bassi, tra meriti innegabili e risultati commerciali deludenti, il GameCube fu una delle console più controverse della storia di mamma Nintendo, incapace di imporsi come altre consorelle (da NES a Switch, passando per Super Nintendo), ma comunque unico nel design, con un motore sotto la scocca potente e diverse perle nei suoi archivi.

Due di queste, Baten Kaitos Eternal Wings and the Lost Ocean e il seguente Baten Kaitos Origins (mai ufficialmente pubblicato in Europa), rivivono oggi in una raccolta rimasterizzata, che consente anche alle nuove generazioni, così come ai nostalgici più incalliti, di recuperare due tra i giochi di ruolo più oscuri e meglio realizzati della prima decade del nuovo millennio.

Scopriamo insieme com'è andata.

Storie non banali

In maniera conveniente per quanti si avvicinassero solamente adesso al franchise, la narrativa dei due titoli è separata ed autoconclusiva, ed è quindi possibile scegliere di giocarli in qualsiasi ordine (Origins è un prequel, ambientato vent'anni prima del suo predecessore) senza perdersi granché in termini di trama e connessioni.

Sulla scia dei Final Fantasy, i due titoli Monolith (sì, proprio quelli della mastodontica trilogia di Xenoblade Chronicles) afferiscono a due epoche differenti, pur ambientate nel medesimo mondo di gioco, e mettono il giocatore nei panni di due protagonisti molto diversi tra loro anche in termini di personalità e motivazioni.

Kalas, l'alter ego del giocatore nel primo titolo, è infatti un umano dotato di una sola ala naturale e di una meccanica, in un mondo in cui la nostra razza ha compiuto un altro passo evolutivo, costretta a vivere nei cieli dopo il prosciugamento degli oceani, e si rivela da subito un personaggio difficile da amare e piuttosto ombroso, dal carattere duro e spigoloso.

Tra tanti sentimenti, è la vendetta ad animarlo: egli cerca i responsabili della morte del padre e del fratello, ed è disposto a pagare qualunque prezzo pur di riuscire nel suo intento.

Nelle storie che muovono i due Baten Kaitos è possibile vedere i prodromi delle tematiche e degli stilemi poi ritrovati nella trilogia di Xenoblade.
La sua epopea inizia quando, inconsapevolmente, egli recide uno dei sigilli che imprigionano Malpercio, il demone responsabile del summenzionato prosciugamento degli oceani, rinchiuso dalla razza umana dopo una battaglia lunga e sanguinosa, che ha richiesto un tributo altissimi in fatto di vite.

Lontano dagli stereotipi dell'eroe senza macchia tipico di molti JRPG, Kalas percorrerà un lungo e tortuoso percorso di consapevolezza e redenzione insieme al giocatore, supportato da un cast tanto variegato quanto buffo di comprimari.

Sagi, il protagonista di Origins, è invece un soldato che finisce invischiato in un complotto molto più grande di lui, nel quale è chiamato, suo malgrado, a recitare il ruolo dell'agnello sacrificale, accusato di aver assassinato il suo stesso imperatore.

Nonostante già dopo pochi minuti di gioco la sua situazione appaia disperata, Sagi si rivela un essere umano più conciliante e comprensivo di Kalas, in cui è certamente più facile immedesimarsi per il giocatore.

In entrambi i casi, pur tenendo conto degli enormi passi avanti in ambito narrativo che il nostro amato medium ha compiuto nell'ultimo ventennio, le storie che muovono i prodotti Monolith sono godibili e meno scontate di quanto si possa pensare, ed in esse sono evidenti i prodromi delle tematiche e degli stilemi narrativi rivisti poi nell'apprezzatissima trilogia di Xenoblade più di recente.

Carte e velocità di pensiero

A differenziare i due titoli dalla massa di congeneri che già all'epoca affollava il mercato c'era un sistema unico (e ripreso troppo poco in seguito, a nostro parere) basato sulle carte, fondamentali durante lo svolgimento delle battaglie e non solo: su di esse, tele bianche virtuali chiamate Magnus, è possibile imprimere il potere di qualsiasi elemento, scatenando poi la forza degli incantesimi così ottenuti non solo contro i malcapitati nemici ma anche al di fuori degli scontri, per risolvere piccoli puzzle ambientali o per aprirsi la strada fino ad un baule incustodito.

Il sistema di battaglia è un ibrido riuscitissimo, allora, tra l'urgenza dettata dalla presenza di un timer che scorre, non dissimilmente dall'active time battle visto in molti titoli Square, e la necessità di pianificare bene le mosse seguenti, con la possibilità di inanellare combo di carte per infliggere molti più danni: l'influenza che questo franchise ha avuto su titoli come Hearthstone o Slay the Spire è evidente, e questo testimonia come le buone idee fatichino ad invecchiare nonostante siano intercorsi rispettivamente venti e diciassette anni dalla prima pubblicazione.

Le differenze nel sistema di combattimento tra i due titoli sono minime, e vanno tute nella direzione di semplificare un po' la vita ai giocatori, dal momento che una delle critiche più frequenti mosse al primo titolo al debutto riguardava la complessità di certi scontri e la presenza di alcuni picchi di difficoltà non indifferenti.

Origins è allora più morbido, necessita di comporre un solo mazzo di carte per tutto il party e non uno per ogni suo membro, consente qualche distrazione in più ai giocatori – ma continua a non perdonare tanto quelli che costruiscono il loro mazzo con superficialità quanto quelli che non sono capaci di prendere decisioni critiche in una manciata di secondi.

Certo, come sempre con titoli provenienti da un'altra era videoludica, ci sono anche elementi invecchiati meno bene: fasi in cui non è chiarissimo come avanzare lungo la storyline principale, missioni opzionali eccessivamente vaghe riguardo al dove andare e con chi parlare, qualche schermata di caricamento di troppo – e, in alcuni casi, NPC che ripetono ad infinitum la medesima frase, anche quando le condizioni del mondo (per non dire quelle del loro villaggio o della loro stessa casa) sono cambiate radicalmente.

In caso di rimasterizzazioni, comunque, queste problematiche sono da mettere in conto, perché non si va a toccare né la struttura di gioco né il gameplay, e non troviamo che questi momenti meno riusciti detraggano dall'esperienza in maniera troppo impattante.

Giusto segnalarli, insomma, ma nel disegno più grande delle cose entrambi i Baten Kaitos si rivelano ancora estremamente godibili anche oggi, quantomeno se si è appassionati di giochi di ruolo e di deckbuilding.

Questa raccolta porta in dote qualche miglioria da non trascurare tanto alla cosiddetta quality of life quanto al comparto grafico: le prime riguardano la possibilità di aumentare la velocità di gioco fino a 3x rispetto a quella originale, opzione utilissima per diminuire i tempi morti (e controbilanciare la lentezza della camminata di entrambi i protagonisti), disattivare a piacimento i combattimenti – che si possono comunque evitare in quanto i nemici sono visibili a schermo – e finanche (e di questo non siamo grandi fan), azzerare completamente il livello di sfida, impostando il pilota automatico per le battaglie o attivando i danni infiniti così da liquidare anche gli scontri più impegnativi in pochi istanti.

E questo senza dimenticare una salvifica funzione di auto-save che non era presente nella versione GameCube dei giochi e che rappresenta probabilmente l'aggiunta più apprezzabile dell'intero pacchetto.

Frame rate sbloccato, ma...

Abbiamo poc'anzi menzionato le migliorie che questa remaster propone anche a livello grafico e, sebbene non ci sia da aspettarsi la luna nel pozzo, possiamo dirci nel complesso soddisfatti del lavoro svolto.

Stanti i background pre-renderizzati che tanto andavano di moda a cavallo del nuovo millennio, l'aspetto grafico di entrambi i giochi, ed in particolare del più recente dei due, si difende ancora abbastanza bene, soprattutto se giocati sullo schermo integrato di Switch invece che su un televisore di grosse dimensioni.

I modelli dei personaggi principali sono stati rifatti, e con essi sono stati aumentati la definizione ed il livello di dettaglio generale: niente di miracoloso, beninteso, ma quanto fatto, unitamente all'ispirata direzione artistica di entrambi i titoli, consente di goderseli senza troppe remore, tenuto sempre conto dell'età dei prodotti e del fatto che non si tratta di un remake.

Anche il prezzo richiesto al debutto, spesso punto critico in questo tipo di operazioni, risulta a nostro parare adeguato: a poco meno di cinquanta euro il pacchetto propone due giochi di ruolo mastodontici per durata e quantità di contenuti, che possono richiedere tra le cento e le centoquaranta ore complessive per essere portati a termine, a seconda di quanto il giocatore deciderà di indugiare nei contenuti opzionali.

Le oscillazioni del frame rate sono evidenti: sarebbe stato meglio optare per un blocco a 30 fps.
A disturbare un quadretto altrimenti soddisfacente ci sono solamente delle oscillazioni eccessive nel frame rate: il team che si è occupato di questa remaster ha optato per non porre un cap al frame rate, lasciandolo esattamente come l'originale su GameCube, e questa, a conti fatti, non si è rivelata una scelta felice, dal momento che le oscillazioni sono ampie (si passa nel giro di pochi secondi da 20 a 60 fps) e piuttosto visibili anche da un occhio meno esperto.

In due titoli come questi, non certo frenetici per ritmo e gameplay, avremmo forse preferito un frame rate fisso a 30 fps ma stabile, e non possiamo che sperare che le prossime patch tornino su questa scelta o, quantomeno, migliorino consistentemente le performance, soprattutto del titolo d'esordio.

Inalterate, e quindi di pregevole fattura, le colonne sonora a firma Motoi Sakuraba, un veterano nonché una sicurezza quando si parla di JRPG e, più in generale, di produzioni di matrice nipponica: potersele godere con un buon paio di auricolari è una delle cose per cui siamo più grati a questa raccolta.

Chiudiamo segnalando la presenza della sottotitolazione italiana solamente per Eternal Wings, laddove Origins presenta audio in giapponese e sottotitoli esclusivamente in lingua inglese: un fattore che non dovrebbe impedire ai nostri lettori di godersi questi due titoli ma che va tenuto in considerazione per quanti non padroneggino la lingua della fu Regina Elisabetta.

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Voto Recensione di Baten Kaitos I II HD Remaster | Recensione


8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Sistema di combattimento ancora fresco ed impegnativo

  • Buona rimasterizzazione

  • Almeno un centinaio di ore di contenuti di qualità

  • Due storie ben scritte

Contro

  • Frame rate sbloccato e quindi ballerino, soprattutto in Eternal Wings

  • Alcuni aspetti del gameplay invecchiati meno bene

Commento

Con questa raccolta dedicata al franchise Baten Kaitos, Bandai Namco dimostra di aver imparato dagli errori dei tempi recenti (stiamo guardando te, Tales of Symphonia Remastered) e propone un'accoppiata di JRPG complessi, decisamente non per tutti, eppure dannatamente affascinanti soprattutto per i veterani del genere, che erano finora rimasti incastrati sulla console di origine.
Operazioni come questa, considerando che il franchise sembra essere definitivamente morto, consentono di preservare la storia del medium e di non vedere persi per sempre prodotti che, pur essendo figli dei loro tempi, rimangono interessanti e stimolanti da giocare anche oggi, quando sul mercato si possono trovare titoli che proprio da essi hanno trovato origine.
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