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Recensione

What remains of Edith Finch

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 02/05/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

9

Informazioni sul prodotto

Immagine di What Remains Of Edith Finch
What Remains Of Edith Finch
  • Sviluppatore: Giant Sparrow
  • Produttore: Annapurna Interactive
  • Distributore: Annapurna Interactive
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH , PS5 , XSX
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 25 aprile 2017 (PS4, Xbox One), 4 luglio 2019 (Switch)

Steam su instantgaming

€3 €18.49

Nessun genere videoludico riesce a dividere il pubblico quanto i cosiddetti “walking simulator”: prodotti dove la narrativa è regina, per molti decisamente più adatti ad altri tipi di media (dalla letteratura al cinema), per altri titoli innovatori che ampliano e approfondiscono le possibilità dello storytelling in ambito ludico.
Di certo, parliamo di titoli capaci di veicolare emozioni come pochi altri: mi sono emozionato con Gone Home, con Firewatch, con The Stanley Parable e tantissimi altri titoli, ma nessuno di essi avrebbe potuto prepararmi al turbine di emozioni che i ragazzi di Giant Sparrow avevano in serbo per me.
Eccovi la mia recensione di What remains of Edith Finch, in versione PC.
It’s hard to be a Finch
Un battello che raggiunge un’isola in una giornata ventosa, una musica soave che accompagna il giocatore all’orizzonte, una voce narrante incerta che nasconde a malapena l’ansia, e una casa enorme, malandata, che si erge a strapiombo sul mare: così inizia What remains of Edith Finch, e così, dolcemente e senza troppi preamboli, scivoliamo nei panni dell’omonima protagonista, ultima rappresentante della più sfortunata famiglia che abbia mai calcato le scene videoludiche.
I Finch sono sempre stati un manipolo di gente eccentrica, perseguitata da una sorta di maledizione sin da quando, dopo aver lasciato le sponde della Norvegia, loro paese d’origine, si sono spostati oltremare, solamente per vedere la nave su cui erano imbarcati naufragare a poche centinaia di metri dalla costa.
Odin Finch, il capostipite, non si perse d’animo, ed iniziò a costruire una nuova casa proprio in prossimità del luogo del naufragio, e proprio all’interno di questa magione, allargatasi a dismisura nel corso degli anni, si svolgerà la quasi interezza dell’avventura, che non porterà via che due ore e mezza anche ai giocatori più riflessivi.
L’ultima fatica di Giant Sparrow tratta argomenti spinosi, che il medium videoludico ha iniziato a prendere in considerazione solamente negli ultimi tempi, spesso con punti di vista dalla grana grossa, e lo fa con una delicatezza incredibile, a metà tra la presa di coscienza e la rassegnazione.
L’ineluttabile, la morte, il valore della famiglia, l’elaborazione del lutto, il consumo di droga sono solamente alcuni dei temi trattati in un titolo della durata di un film, sfruttando con maestria l’espediente della narrazione ambientale, immergendo il giocatore pian piano all’interno delle sciagurate dinamiche familiari dei Finch.
What remains of Edith Finch non è il primo titolo che raggiunge livelli di immedesimazione ed empatia incredibili, ma è l’unico (insieme al già citato Gone Home) che riesce a farlo in così poco tempo ed indipendentemente dall’età e dall’estrazione sociale di chi lo gioca: non avevo mai pianto dinanzi ad un videogioco e non l’ho fatto nemmeno stavolta, ma ho faticato parecchio a contenere le lacrime in una data scena, strettamente collegata al fatto di essere diventato padre da poco.
Ma se avessi giocato questo capolavoro qualche anno fa, a colpirmi sarebbe stata un’altra scena qualsiasi, perché l’albero genealogico dei Finch è costellato di figure assai differenti tra loro, tra adolescenti, anziani, uomini di mezza età, neonati, accomunati solamente da un destino tremendo.
L’impatto di certe scelte registiche, la profondità dei dialoghi e il grado di immersione nelle amare vicende della famiglia non possono non dipendere dalla sensibilità del singolo e dalla storia vitale di ognuno, ma la tristezza, l’umanità e la dolorosa poesia dell’opera del team californiano vanno oltre le etichette e le standardizzazioni.
Se sono generico è perché entrare nei dettagli costituirebbe un delitto equiparabile al pugnalare i nostri lettori alle spalle: mi limito a dire che chiunque veda il medium videoludico come un’opera d’arte e non solamente come un passatempo dovrebbe sedersi ed abbandonarsi a questo viaggio.
L’unica altra cosa da sapere, prima di imbarcarsi su quel battello, è che, giunti alla fine del viaggio, le domande sopravanzeranno (e di gran lunga) le risposte: non mi riferisco all’arco narrativo, che si chiude in maniera chiara e incontrovertibile, ma ai quesiti più profondi, alle domande che mettono in ansia il genere umano dalla notte dei tempi.
Che senso ha la vita? Ci sono morti più o meno utili, o dignitose? Si può scampare al proprio destino?
In prima persona
Parlare di gameplay in titoli simili, come accennavamo in apertura di recensione, lascia un po’ il tempo che trova.
Eppure, Giant Sparrow, non paga di aver scritto una storia memorabile, ha provato a sparigliare le carte in tavola anche in quanto a meccaniche di gioco, pur nei limiti di una struttura che comunque risulta assai limitata se confrontata a quella di titoli più spiccatamente interattivi.
Pur giocando principalmente nei panni di Edith, adolescente ed ereditiera della grande casa di famiglia, il giocatore vivrà i ricordi più pregnanti dei membri deceduti della famiglia Finch in prima persona, ed ognuno di questi richiederà di cimentarsi in minigiochi sempre differenti e quanto mai adeguati al tono del racconto e alle specifiche storie dei protagonisti.
Lungi da me rivelare qualsivoglia dettaglio, mi limiterò a citare le due storie che mi hanno maggiormente colpito: quella di Barbara Finch, talento precoce rimasto intrappolato nel suo ruolo di bambina prodigio, e Lewis Finch, adolescente dall’immaginazione un po’ troppo fervida, costretto a scendere a patti con la cruda realtà quotidiana.
Ma, anche qui, siamo nello spinoso campo dei gusti personali: ognuno dei nostri lettori svilupperà il suo segmento preferito, ma la qualità media e la cura insita nel rendere intuitive e mai banali queste fasi sono eccezionali, testamento della bravura del team di sviluppo, la cui crescita rispetto ai tempi di The Unfinished Swan è esponenziale.
What remains of Edith Finch non abbisogna di altro per emozionare il giocatore: il mistero della vita e della morte, vissuti in prima persona, sono più che sufficienti per irretire e stupire, e l’esigua durata, che molti potrebbero giudicare inconsistente se commisurata al prezzo richiesto, è invece perfetta per la storia narrata.
Allungare il brodo avrebbe diluito le sensazioni, attutito i pugni allo stomaco, smorzato l’inquietudine: misurare il gioiellino di Giant Sparrow in meri termini quantitativi sarebbe equiparabile al lamentarsi del fatto che il battito d’ali di una farfalla non sia sufficiente a far garrire una bandiera al vento.
Una casa viva
L’aspetto tecnico, come d’altronde quello prettamente ludico, sono qui asserviti completamente allo storytelling, ed è per questo che, pur giocato su un PC non proprio all’ultimo grido, What remains of Edith Finch riesce comunque a veicolare l’illusione di trovarsi davvero all’interno di una casa vissuta, disabitata da mesi ma pregna di ricordi, di oggetti d’uso comune, di segreti, che riflette la natura di chi vi ha a lungo dimorato.
La resa poligonale e gli effetti grafici non fanno gridare al miracolo, ma tutto ciò che serve per calare il giocatore nei panni di Edith è lì, con una cura maniacale per i dettagli anche minimi, che vanno dai titoli di certi libri ai metariferimenti videoludici, tanto a Nintendo quanto a Sony, coproduttrice del prodotto.
Il titolo è stato pensato con in mente il set di comandi di un gamepad, e difatti, sebbene mouse e tastiera possano sembrare perfetti per questa tipologia di prodotti, consigliamo di utilizzare un pad anche in versione PC, perché l’esperienza di gioco ne beneficia a livello di semplicità d’uso.
Menzione di merito per l’intero comparto sonoro: tanto il doppiaggio inglese, con una scelta delle voci perfetta ed un livello recitativo apprezzabile, quanto la colonna sonora, un tappeto discreto e delicato che accompagna l’esplorazione come meglio non potrebbe.

– Un racconto di grande intensità

– Cura per i dettagli maniacale

– Pone domande e suggerisce risposte

– Meccaniche di gioco essenziali ma geniali

– Atmosfera, colonna sonora e doppiaggio al top

– Appartiene ad un genere che molti faticano a digerire

9.0

La messa in scena, la scelta delle voci e quella della visuale in prima persona, gli argomenti trattati, i tempi della narrazione concorrono tutti a rendere What remains of Edith Finch un racconto straordinario, un viaggio triste, breve ma quantomai significativo, nella natura umana, nella sua fragilità e nei legami che essa intrattiene con l’universo.

Il registro narrativo passa continuamente dal particolare all’universale con una naturalezza incredibile, e, nel raccontarci delle sventure della famiglia Finch, ci dice tanto anche di noi stessi, annegandoci in un mare di emozioni contrastanti, che virano alla mestizia senza mai indugiarvi troppo.

In uno dei passaggi più significativi del titolo, Edith si chiede: “What kind of family finishes building a cemetery before starting the house?”

Se volete scoprirlo, e non vi spaventa porvi domande alle quali non sapete rispondere, correte a scaricare questo titolo e gustatevelo.

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