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Recensione

The Night of The Rabbit

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Avatar di Shiryo

a cura di Shiryo

Pubblicato il 05/06/2013 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Sognava di diventare un mago, il giovanissimo Jeremias Hazelzut. Ogni giorno di vacanza prima della scuola, un’avventura da vivere nel bosco che contorna la piccola ma graziosa casa in cui vive con la madre. Quello che “Jerry” non poteva immaginare è che, a poche ore dalla cena, il suo destino sarebbe andato ben oltre il raccogliere qualche frutto selvatico o il mangiare una fetta di torta della mamma: una intraprendente voce alla radio capace di interagire con lui e una lettera volante sarebbero stati solo i primi passi di un viaggio indimenticabile.
Baule, coniglio e cilindro. Cliché, ma sempre d’effetto
Un cesto da afferrare, qualche frutto selvatico da raccogliere e di colpo un baule magico… questo è l’incipit del viaggio vissuto dal dodicenne Jerry nell’avvenutura grafica The Night of The Rabbit, sviluppata da Daedalic Entertainment, team già noto, tra gli altri, per A New Beginning, Deponia e relativo seguito.
A due giorni dall’inizio della scuola, il simpatico Jerry si trova ad affrontare un’avventura che lo trasporterà in una dimensione parallela, allo scopo di aiutare gli abitanti di Mousewood, città magica popolata di animali umanizzati. Un mondo nel mondo minacciato da una terribile sciagura… o è forse la sfida con se stesso, quella che il protagonista dovrà saper affrontare?
Fa da guida al protagonista, in questo particolare viaggio, proprio uno di questi animali-umani: un coniglio ben vestito, dai toni e dall’aspetto da lord inglese. Un mago, per essere precisi, che si dimostra un punto di riferimento del protagonista per tutto lo svolgimento della storia, a partire dal loro primo incontro, nel quale gli dona alcuni particolari oggetti magici, tra i quali spicca una moneta bucata in grado di mostrare il mondo sotto un altro punto di vista, quello magico appunto, guardando attraverso il buco.
La moneta si rivela un simpatico espediente per spingere il giocatore ad osservare tutte le schermate di gioco in entrambe le forme, giacché il personaggio può spostarsi ed esplorare il mondo di gioco solo quando lo osserva nella sua forma regolare, e può invece rivelare interazioni particolari, o la natura reale di oggetti apparentemente inutili ed inanimati, solo attraverso l’uso della moneta stessa.
Proprio l’entrare in possesso di questa sorta di talismano magico, dà il via al gioco vero e proprio. 
Tutta la fase precedente è, di fatto, un lunghissimo tutorial che illustra le meccaniche di gioco all’utente, in un misto di comicità e metagaming che solo più sporadicamente verrà riutilizzato nel corso dell’avventura. Il tutorial, in ogni caso, anticipa al meglio il tema ricorrente di tutta la produzione, ovvero dialoghi in inglese divertenti, articolati, ben attinenti al contesto e capaci di raccontare al meglio la storia che muove gli eventi, ma anche eccessivamente lunghi, prolissi, talvolta persino stucchevoli. Ci è capitato diverse volte, dopo qualche mezz’ora di gioco, di voler accelerare la narrazione saltando alcune linee di doppiaggio con un click del mouse, limitandoci alla rapida lettura dei sottotitoli, sempre e comunque in inglese. Attenzione però a questa pratica, perché un click di troppo potrebbe significare riattivare l’NPC interpellato, facendo quindi ripartire il logorroico personaggio di turno da capo. Non ve lo auguriamo.
Alcuni giocatori potranno soggettivamente gradire ritmi di gioco più lenti in favore della più articolata caratterizzazione della personalità dei personaggi, mentre altri potrebbero trovare eccessivamente pesanti ed inutilmente approfonditi i racconti di personalità di minor impatto sulla trama, delle quali si è comunque costretti a sorbire i lunghi ragionamenti sulla vita, sui sogni e sull’esistenza. 
I want to be a magician!
Essere un mago è qualcosa di estremamente complesso; lo capirà bene Jerry nel corso dell’avventura. Daedalic non voleva che “complicato” e “difficile” fossero aggettivi associabili al sistema di controllo del loro ultimo sforzo videoludico. Caratteristica peculiare del titolo è infatti proprio un sistema di controllo a “singolo click”. Per fruire dell’esperienza di gioco non sono necessari né l’utilizzo della tastiera, né di menu a tendina o circolari: i comandi si avviano tutti posizionando il cursore sull’oggetto o personaggio con il quale interagire e premendo il tasto sinistro per attivare/raccogliere/parlare, o quello destro per osservare ed analizzare.
Stessa modalità per lo spostamento, con un click su un punto qualunque della schermata di gioco sufficiente a far muovere il personaggi in una specifica direzione e per il cambio di scenario se attuato su porte o corridoi.
Il sistema funziona piuttosto bene, permettendo di giocare in relativo relax e semplificando le interazioni con lo scenario. Se, da una parte, questo rende l’esperienza più immediata ed intuitiva, dall’altra fa sì che vi sia meno spazio per l’ironia e la comicità vista in altri titoli quando, per esempio, si tenta di dare un comando di dialogo su oggetti inanimati, o altre azioni improbabili similari. 
Ironia e comicità restano comunque protagoniste del titolo sotto altre forme, per tutto il corso di una storyline fatta di alti e bassi qualitativi ma comunque interessante e dark il giusto, che terrà occupato il giocatore per una decina di ore scarse, a patto che questo non si blocchi nel cercare di interpretare alcuni dei numerosi puzzle che lo separano da un finale non troppo sorprendente.
Artisticamente ineccepibile, ma…
Lo stile grafico adottato dagli artisti di Daedalic ci è parso ben ispirato. I numerosi scenari si compongono di vere e proprie tavole artistiche di boschi, città, interni e lande desolate. Su discreti livelli, invece, le animazioni, che appaiono limitate all’essenziale. Il buon aspetto generale viene ben accompagnato da un sonoro capace di coinvolgere il videogiocatore emozionalmente, dal primo all’ultimo minuto di gioco.
Ottime le voci inglesi, con accenti british che sposano perfettamente l’atmosfera fantasy, regale e velatamente gotica del titolo, anche se la mancata localizzazione italiana, testi compresi che restano in lingua originale, può impedire la diffusione verso un pubblico meno avvezzo a un inglese ricco di vezzi, modi di dire e giochi di parole. La proprietà di linguaggio della maggior parte dei personaggi e persino i nomi inusuali di alcuni oggetti, rendono difficile la comprensione anche a chi abbia una decente base d’inglese, rendendo l’esperienza godibile al cento per cento solo da chi particolarmente spiccato nell’uso della lingua anglofona.
Relativamente al comparto tecnico dobbiamo segnalare la triste ed evidente malcuranza di alcune tra le ultime fasi di gioco, nelle quali abbiamo visto, più frequentemente che nel resto del gioco, animazioni ridotte all’osso e qualche bug grafico. Un peccato visto che il gioco in generale è caratterizzato positivamente da uno stile di disegno pulito, invitante, colorato e animazioni che, seppur non facciano gridare al miracolo, sono un gradino sopra gli standard di un titolo dalla natura indie: elementi che, insieme, sono in grado di creare un mondo unico, magico e sempre più tetro, tutto da esplorare e vivere. 

– Atmosfera fiabesca cupa il giusto

– Artisticamente apprezzabile

– Buona recitazione dei personaggi

– Doppiaggio e testi solo in inglese

– Interazioni tra oggetti talvolta molto forzate

– Animazioni migliorabili, soprattutto nel finale

7.0

The Night of the Rabbit è un’avventura grafica di tutto rispetto, che lascerà un buon ricordo anche agli estimatori dei capolavori del genere, sebbene queste pietre miliari restino ancora impareggiate.

Il titolo Daedalic, infatti, non riesce ad affiancarsi ai livelli qualitativi del punta e clicca, a causa di qualche meccanismo da migliorare, un’incessante sequela di puzzle fin troppo ravvicinati e che, talvolta, risultano piuttosto forzati e macchinosi nella loro risoluzione, sebbene questi fattori non compromettano del tutto la qualità complessiva, comunque elevata, del prodotto.

Gli amanti delle atmosfere fiabesche dark adoreranno il gioco e i suoi personaggi, ma solo se in grado di padroneggiare la lingua inglese, a causa della mancata localizzazione anche solo testuale in italiano dei lunghissimi dialoghi.

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