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Recensione

Tekken 6

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Pubblicato il 10/12/2009 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.6

Saga simbolo del lancio della prima, gloriosa, Playstation, Tekken ha accompagnato, negli anni, l’incedere sfrontato e sicuro di sé di Sony nel mondo dei videogiochi, passando per tutte le console della grande S, con risultati sempre più che soddisfacenti. Dopo aver raggiunto l’apice, o quasi, con la versione in HD di cui hanno recentemente beneficiato gli utenti PS3, ecco che la sesta edizione dell’Iron Fist Tournament approda anche sullo schermo LCD di PlaystationPortable, per la gioia degli appassionati.Semplice port o versione riveduta e corretta? Scopriamolo insieme.

Ci vuole il pugno di ferroSe escludiamo il precedente Dark Resurrection e la versione portatile di Soul Calibur (non a caso entrambe a firma di Namco Bandai), la quantità e soprattutto la qualità di picchiaduro tridimensionali sull’handheld Sony non ha entusiasmato, e la mappatura dei comandi, complice l’annosa assenza di un secondo stick analogico e il minor numero di tasti disponibili, di certo non ha migliorato le cose. Eppure, i risultati raggiunti due anni fa da Dark Resurrection parlavano chiaro: con attenzione e con passione, anche su PSP era possibile dare vita ad un picchiaduro sufficientemente complesso, che non premiasse solo il forsennato pigiare dei pulsanti di gioco.Tekken 6 conferma e amplia questo concetto, andando a spodestare il suo predecessore dal trono di miglior picchiaduro per PlaystationPortable, se non di miglior picchiaduro portatile in assoluto sul mercato.La trama, come sempre in questi casi, è una scusa, più o meno articolata a seconda del personaggio scelto, per giustificare la partecipazione al torneo più famoso al mondo di arti marziali, l’Iron Fist Tournament, appunto, e viene alla ribalta solamente durante i filmati finali, di eccellente qualità ma di brevissima durata. Chi alla ricerca di vendetta, chi per puro spirito sportivo, chi perché ricattato, ognuno degli oltre quaranta personaggi disponibili ha un suo motivo per cercare gloria, ma la scelta del lottatore sarà dettata dallo stile di lotta e non dalle presunte motivazioni personali, come d’altronde è sempre stato nella saga.I personaggi sono tutti quelli presenti nella versione PS3, compresi Lars e Alisa che erano apparsi solo nelle seconde edizioni dei cabinati da sala: questo fa del cast di Tekken 6 il migliore disponibile su una console portatile, che terrà impegnato il giocatore per settimane, a patto che si abbia la pazienza di snocciolare la miriade di mosse disponibili per singolo lottatore.Con la sola eccezione del (dimenticabilissimo) Scenario, tutte le altre modalità presenti nella versione next gen sono state miniaturizzate e riproposte, rendendo il piatto ricco almeno quanto quello a cui hanno attinto i possessori dell’ammiraglia di casa Sony: ecco quindi la consueta modalità Pratica, in cui approfondire il proprio feeling con lo stile di lotta del personaggio selezionato, l’Arcade, che riporta in toto l’esperienza del coin-op, le Sfide, decisamente impegnative soprattutto nella seconda parte, e la riuscitissima modalità Battaglia Fantasma, in cui misurarsi contro combattenti gestiti dalla CPU ma come se fossero umani, a ricreare scontri online che purtroppo il gioco non permette.Piccola nota di demerito per la modalità Storia, che si rivela inspiegabilmente corta e che, seppure dopo due scontri durissimi con Jin e l’imponente Azazel, mostrerà il filmato finale dopo solo cinque o sei incontri. Da rivedere.

Dal salotto al tramSe includere praticamente tutte le modalità della versione casalinga era già una sfida non da poco, è sul piano della giocabilità che i ragazzi di Namco Bandai hanno compiuto un vero e proprio capolavoro: portare su una console deficiata da limiti intrinseci notevoli rispetto alla controparte casalinga le stesse emozioni, la stessa reattività dei comandi e la stessa, piacevole sensazione di avere il pieno controllo sul nostro alter ego non era affatto facile, ma è realtà.Chi ha avuto modo di cimentarsi con la versione Playstation 3 sa di cosa stiamo parlando, e apprezzerà, sicuramente più di chi si avvicinerà a Tekken 6 prima in versione portatile: la perfetta riproduzione dell’equilibrio, del sistema di collisioni e del tempismo richiesto che sono da sempre marchi di fabbrica di questo picchiaduro. Due tasti per i pugni (destro e sinistro), due per i calci e la possibilità di parare gli attacchi avversari: con premesse così semplici chiunque trarrà grande divertimento anche solo dalle primissime ore di gioco, ed è proprio questa la grandezza di Tekken 6, che prende per mano tanto il novellino che schiaccia pulsanti ossessivamente, quanto l’esperto che gioca sulle parate e sui contrattacchi, per condurli in un’arena virtuale dove sì ogni stile è ammesso, ma solo uno porterà alla soddisfazione massima e al completamento totale del gioco. Se infatti, comprensibilmente, accanirsi sui pulsanti di PSP paga per i primi scontri, garantendo delle vittorie facili ma che danno poca soddisfazione, alla lunga Tekken 6 tende a premiare il giocatore paziente, appassionato, che dedica ore all’auto miglioramento e a memorizzare infinite combo di tasti per aumentare l’efficacia del proprio stile di combattimento.Come Gran Turismo (nonostante i limiti della sue edizione portatile) premia la guida pulita e differenzia notevolmente il comportamento su strada delle diverse vetture, Tekken 6 incoraggia il giocatore a crearsi uno stile di lotta personale, partendo da quello di uno qualsiasi dei personaggi, e sa regalare soddisfazioni immense (e ben remunerate) a chi ottiene un perfect senza pigiare sui tasti come un ossesso, ma giocando sul tempismo, la velocità d’esecuzione, l’input giusto dato al momento esatto.In altre parole, quello che ha fatto la fortuna di tutte le incarnazioni di Street Fighter, e quello che ogni gioco di combattimento (e non di lotta) dovrebbe proporre.Meglio, poi, se in tre dimensioni e con un comparto tecnico scintillante.

Miniaturizzare lo stato dell’arteE qui arriviamo al terzo, piccolo, capolavoro di Namco Bandai: ridurre sull’hardware ormai quinquennale di PlaystationPortable un titolo tecnicamente magari non eccelso, ma sicuramente al passo con la corrente generazione.I compromessi erano l’unica strada percorribile, e li citiamo per completezza di informazione, ma soffermarvisi per più del tempo di lettura sarebbe un delitto: i modelli dei lottatori sono meno definiti della controparte casalinga, alcune delle mosse risultano meno spettacolari e, ovviamente, i filmati hanno una qualità inferiore, a fronte di tempi di caricamento considerevolmente più lunghi. Ma solo un pazzo si sarebbe aspettato qualcosa di diverso, anche perché, nonostante tutto, quello che si presenta davanti agli occhi è uno spettacolo più che degno, che segna un deciso passo avanti rispetto al precedente Dark Resurrection e sposta un po’ più in alto l’asticella già alzata dall’altro picchiaduro di casa Namco Bandai, il già citato Broken Destiny.L’acqua, la neve, gli effetti di luce, l’espressività dei volti, è tutto incredibilmente simile al picchiaduro giocato solo poche settimane fa su una console di nuova generazione (e ad alta definizione, non dimentichiamolo) come Playstation 3, e senza scendere a patti in termini di velocità e stabilità del framerate, che non tradirà il giocatore nemmeno quando tre quarti dello schermo di PSP saranno occupati dall’enorme Azazel.Anche qui, come per i comandi, sebbene chi possegga una copia della versione originale sia l’acquirente meno probabile, sarebbe anche quello che potrebbe apprezzare meglio la qualità del lavoro svolto, vero e proprio esempio di come un porting da console più performanti dovrebbe essere fatto.Il comparto sonoro è meno entusiasmante, ma svolge senza pecche il suo lavoro, accompagnando alla grande gli scontri e non risultando fastidioso nemmeno nelle sue tracce più “pesanti”.Sempre in tema di compromessi, abbiamo gradito le soluzioni azzeccate adottate dal team di sviluppo: non potendo ridurre i succitati tempi di caricamento, risulta graditissima l’opzione che permette di installare parte del gioco sul vostro hard disk, dimezzando le attese tra un combattimento e l’altro; un’altra scelta consona, seppur dolorosa, è sembrata quella di consentire una sola connessione Ad Hoc per le sfide in multiplayer, che non risentono di alcun effetto lag e sono godibilissime tanto quanto i versus giocati sulla sorella maggiore PS3.Non potendo garantire una modalità infrastruttura veloce e fruibile, questo appare come un compromesso accettabile, che allungherà e di molto, la durata complessiva del titolo, che , va da se, dipende da che tipo di combattenti sceglierete di essere: arruffoni e pigiatori folli o pazienti esperti di arti marziali.In entrambi i casi, le ore di divertimento garantite valgono abbondantemente la candela.

– Per neofiti e per appassionati

– Mappatura dei comandi perfetta

– Graficamente impressionante

– Conversione senza sbavature

– Mancanza della modalità infrastruttura

– Sonoro di ordinaria amministrazione

8.6

Se fosse stato un episodio originale, dedicato alla sola portabilità, questo Tekken 6 ci avrebbe ugualmente divertito, ma avrebbe probabilmente racimolato qualche punticino in meno in fase di voto.

Il punteggio, invece, tende a premiare non solo un eccellente picchiaduro a incontri, nuovo detentore del trono non solo limitatamente a PlaystationPortable, ma anche una conversione con i fiocchi, figlia di una progettazione accurata e dedicata e di tanta passione. Dopo anni di porting tirati via, da Playstation2 prima e da PS3 poi, titoli come questo, o il quasi contemporaneo Little Big Planet, testimoniano la bontà dell’hardware Sony, e la possibilità, a fronte di una reale volontà, di realizzare conversioni perfette, che aggiungano, al prezzo di un downgrade grafico/sonoro, il fattore portabilità a delle esperienze di gioco di prim’ordine.

Tekken 6 sazierà la sete di combattimento di tutti i possessori della piccola di casa Sony, ed è un acquisto che consigliamo senza riserve, finanche a coloro che possono godere della versione casalinga, così da perfezionare il proprio stile di combattimento anche in metropolitana, piuttosto che in fila all’ufficio delle Poste.

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