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Recensione

Punch Club

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 22/01/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Ho fatto il mio tempo, ho avuto le mie opportunità. Ho combattuto fino alla fine, mi sono rialzato. Solo un uomo, e la sua volontà di sopravvivere.
Le parole della colonna sonora di Rocky III – la celebre Eye of the Tiger dei Survivor – riecheggia nelle nostre menti mentre giochiamo a Punch Club. Questo titolo, nato e cresciuto in ambiente indie, è un manageriale 8 bit orientato al mondo del pugilato (o, più propriamente, delle arti marziali miste) i cui cenni alla cultura cinematografica, videoludica e televisiva degli anni ottanta si riflettono in ogni momento. Se avete amato quel periodo, state per imbattervi in qualcosa che amerete alla follia.
Come nella celebre saga di film interpretata da Sylvester Stallone, in Punch Club seguiamo la storia di un ragazzo con una vita triste alle spalle, con del potenziale per diventare un campione ma fuori forma e troppo debole per riuscire ad emergere nel mondo del combattimento. L’incontro con un mentore durante un combattimento di strada, però, gli cambia la vita e lo porta sulla retta via per diventare un campione.
Tutto questo, come detto, è infarcito di continui cenni al mondo della cultura popolare degli anni Ottanta: ritroviamo spezzoni di trama presi qua e la dai fumetti Marvel, troviamo citazioni più o meno esplicite di film sul pugilato, a serie televisive di ogni genere (Simpson inclusi) e qualche strano cameo. In effetti, tutta la parte legata alle citazioni e a rievocare ricordi nel giocatore un po’ più temprato è uno dei punti di forza di questo titolo che, tuttavia, si è rivelato anche un manageriale di buona qualità.
From zero to hero
La gestione del nostro eroe in Punch Club si basa sul mantenimento delle barre della vitalità, energia, umore e fame. Queste quattro risorse vengono spese e ricaricate dalle varie azioni compiute nel gioco, siano esse mangiare, dormire, allenarsi, lavorare. Il lavoro dà accesso ai soldi, i quali ci consentono di comprare cibo e di pagare la palestra. Gli allenamenti determinano la crescita delle barre di forza, agilità e resistenza che risultano determinanti nei combattimenti, e che plasmano le capacità del nostro personaggio. Vi è poi un complesso (e doppio) albero delle abilità che, in seguito ai combattimenti, consente di sbloccare nuove azioni da assegnare al nostro personaggio nelle fasi di lotta. Queste si svolgono passivamente, con il giocatore chiamato ad assistere all’incontro del proprio alter ego senza poter scegliere le mosse da effettuare, con la sola libertà di riorganizzare il set di mosse attive tra un round e l’altro. Vi è dunque un importante elemento strategico nel gioco, che obbliga il giocatore a valutare le caratteristiche del proprio avversario e a selezionare il giusto set di mosse e perk per riuscire a portare a termine i combattimenti con successo. Allo stesso tempo, la passività dei combattimenti e l’aspetto aleatorio dei colpi andati a segno e delle schivate o parate completate tolgono un po’ di mordente a queste fasi fondamentali di gioco. Avremmo di gran lunga preferito la possibilità di dare qualche indicazione al nostro alter ego durante la lotta, anziché assistere impotenti all’esito di ogni round.
Punch Club è impegnativo, e nelle fasi iniziali vi troverete completamente sopraffatti dalla quantità di cose da fare e dalla difficoltà nel riuscire a fare quadrare i conti restando in forma e “sani”. Mano a mano che si procede nell’avventura, il gioco inizia ad arricchirsi di possibilità: la mappa si popola di luoghi da raggiungere e azioni da compiere, vi è la possibilità di prendere parte a incontri clandestini, a svolgere lavori al limite della legalità e a consegnare pizze a strani rettili ninja che vivono nelle fogne. Vi è l’immancabile storia d’amore, e vi sono personaggi apparentemente insignificanti che vi svelano nuovi tasselli di un gioco decisamente più stratificato del previsto. La trama segue quella dei videogiochi anni Ottanta: esile, a tratti pretestuosa, funge più da collante tra le varie fasi di gioco che da reale elemento portante dell’esperienza, e in ultima analisi si occupa solo di fornire un background al nostro personaggio e a darci un motivo per menare le mani.
La gloria del passato
Punch Club è realizzato con uno stile grafico che ricorda le produzioni dell’era arcade. Non è un caso, infatti, che gli sviluppatori abbiano scelto di implementare un facoltativo – ma caldamente consigliato – filtro retrò che applica una griglia dei pixel alle immagini del gioco, restituendo quell’effetto “linee di scansione” che tanto amavamo nei bar e nelle sale giochi venti e più anni fa. La musica, poi, è costituita da temi chiptune che devono tutto alle grandi glorie a 16 bit, e che risultano particolarmente appropriati per questo titolo.
Da un punto di vista strettamente artistico, Punch Club è un gioco molto riuscito: gli sviluppatori devono essere cresciuti tra gli anni Ottanta e Novanta, perché la loro capacità di inserire easter egg e cenni alla cultura di quel tempo è encomiabile. Se siete nati nell’ottanta-e-qualcosa, come scritto in apertura, alcuni aspetti di Punch Club vi faranno letteralmente impazzire.
Per tutti gli altri, questo gioco resta comunque un buon manageriale che, nonostante le meccaniche relativamente ripetitive (ma fisiologiche, in questo genere di giochi) può divertirvi anche per brevi sessioni.

– Stile artistico molto apprezzabile

– Tantissimi rimandi alla cultura popolare degli anni ’80

– Stratificato e con tanti easter egg

– Impegnativo

– I combattimenti passivi e aleatori non sono molto divertenti

– Struttura più ripetitiva del previsto

7.5

Punch Club è un vero e proprio omaggio agli anni Ottanta, un manageriale dedicato al mondo delle arti marziali miste che riesce a citare in un sol colpo Rocky, le Tartarughe Ninja e i fumetti americani. La passività delle fasi di combattimento e una certa ripetitività di fondo sono l’unico freno a quello che, altrimenti, è un titolo da tenere in considerazione. La ricerca e la passione degli sviluppatori per il glorioso decennio che ha visto la crescita dei videogiochi è presente in ogni pixel, e il loro lavoro è certamente realizzato con cura. Da tenere in considerazione.

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