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Recensione

Grow Home

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a cura di Pregianza

Pubblicato il 18/02/2015 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Dopo l’apocalisse scatenata da Assassin’s Creed Unity, il roboante casino attorno a Watch_Dogs e la figura non proprio splendida di The Crew, l’internet (dove per “l’internet” si intende la massa informe dei commenti sparsi tra forum e articoli) si è scagliata contro Ubisoft come se fosse il diavolo. Abbiamo già discusso a tempo debito della cosa e di quanto secondo noi molte reazioni siano state e restino tuttora eccessive, fatto sta che moltissima gente sembra anche aver dimenticato che il colosso francese, oltre ad essere una delle poche case a investire seriamente in nuove ip, ha dimostrato più volte di voler diversificare le sue produzioni e sperimentare nel campo dello sviluppo.  È vero, degli errori gravi ci sono stati (spesso anche a livello di comunicazione), ma non ci sembra una ragione sufficiente per dimenticarsi di progetti come Valiant Hearts e Child of Light, e di tutto l’ecosistema digital svezzato da Ubisoft. 
Quasi di sorpresa, poco tempo fa, è apparso un nuovo progetto di questa tipologia, un titolo inizialmente pensato per essere una sorta di tech demo all’interno del team di Ubisoft Revelations e poi trasformatasi in un progetto completo. Gli esperimenti ci piacciono, non l’abbiamo mai nascosto, e il gigante francese si è dimostrato più volte in grado di stupirci con le sue ideuzze inaspettate. Grow Home riuscirà a far breccia nei nostri duri cuori di pietra?
Altro che Manolo
La base di Grow Home è di una semplicità quasi inverosimile: voi impersonate B.U.D., Botanical Utility Droid, un simpatico robottino con incredibili capacità da scalatore. La vostra missione è trovare e far crescere fino a 2000 metri di altezza la possente Star Plant, un colosso vegetale i cui semi, una volta recuperati, basterebbero per rendere ricca di ossigeno l’atmosfera del vostro pianeta natale. Guidati dal computer di bordo della vostra navicella, vi ritroverete all’interno di un coloratissimo mondo composto da isole fluttuanti e ricco di meraviglie inaspettate, che potrete esplorare liberamente solo con l’aiuto della succitata pianta. 
La premessa di cui sopra potrebbe sembrare eccessivamente semplice per offrire un’esperienza indimenticabile e in effetti… è così. Grow Home tuttavia fa della semplicità la sua forza a partire dallo stile grafico, sfruttando un motore praticamente privo di texture e un look cartoonesco minimalista di grande effetto, utile anche agli sviluppatori per creare con facilità location complesse. Inoltre, ve lo ricordiamo, è un progetto atipico e sperimentale, e come tale sfrutta un curioso sistema di animazioni procedurali che permettono al giocatore di controllare separatamente le braccia di B.U.D., e di usarle per scalare la Star Plant o interagire con gli oggetti sparsi per la mappa. Il robottino, non bastasse, ha una presa che farebbe invidia a Bender dopo un gallone di birra, visto che può aggrapparsi a quasi qualunque superficie e alternare le braccia per risalire rapidamente le pareti in caso di caduta. Le animazioni procedurali di B.U.D. non sono perfette, in particolare nel resto del corpo, dove può capitare di vedere il robottino in preda agli spasmi dopo il contatto con qualche elemento del paesaggio o delle movenze inaspettate, ma l’inerzia del nostro piccolo eroe metallico rende la gestione dei suoi movimenti piuttosto avvincente, senza contare la presenza di power up nel gioco che ne aumentano le abilità. Far sbocciare la Star Plant non è infatti l’unica missione del robot in Grow Home: nella mappa sono sparsi ben 100 cristalli, che una volta raccolti sbloccano abilità come una visuale più ampia della telecamera o un comodissimo jetpack (poi potenziabile sempre più). Non bastasse, la presenza di fiori utilizzabili a mò di paracadute improvvisato o foglie che fungono da deltaplano offrono una non sottovalutabile mobilità aerea.
Pollice verdissimo
Ma torniamo alla pianta, perché la Star Plant rappresenta il secondo fulcro del gioco dopo le meccaniche di movimento del protagonista. Questa colossale meraviglia della natura ha bisogno di energia per svilupparsi, energia che va raggiunta facendo crescere i boccioli sparsi sulla superficie del gambo e direzionandoli verso specifiche rocce fluttuanti luminose. Il bello è che non c’è limite al numero di boccioli, visto che ogni crescita ne fa sviluppare di nuovi, una caratteristica che permette a tutti gli effetti di trasformare la già elaborata mappa di gioco in un tripudio di rami e intrecci spettacolare, se lo si desidera. 
Ci si ritrova quindi spesso ad ammirare i disegni nel cielo ottenuti grazie alla crescita della Star Plant, evidenziati dal ciclo giorno notte del gioco, e ad esplorare caverne e zone nascoste delle isole che compongono il mondo creato dai Reflections, per scoprire nuove creature o trovare qualche cristallo nascosto (alcuni dei quali non propriamente facilissimi da raggiungere). Si tratta in pratica di una variante delle “esperienze interattive” proliferate negli ultimi anni, che punta più sul piacere dell’esplorazione e sull’impatto del comparto artistico che non sulla complessità del gioco o della narrativa. Qui tuttavia è anche dove casca l’asino, poiché Grow Home, per quanto piacevole e divertente, è anche un titolo privo dell’impatto artistico di opere come Journey e Flower e di certo non è dotato di una gran longevità. Nel giro di tre ore è infatti possibile completare il completabile, non molto, ma si tratta comunque di una scelta accettabile se si considera il prezzo estremamente contenuto del prodotto.

– Coloratissimo e ispirato

– Meccaniche di gioco interessanti e atipiche

– Prezzo ridotto

– Molto breve se si va dritti al punto

– Concettualmente molto semplice

– Qualche bug, e alcune imperfezioni nelle animazioni di B.U.D.

7.5

Ubisoft sa stupire quando decide di sperimentare e Grow Home non fa differenza. Non è chiaramente un progetto solido quanto Valiant Hearts e Child of Light, ma la sua semplicità, unita a un look coloratissimo e a tante idee interessanti, ce l’ha fatto apprezzare non poco. Dategli un’occhiata, chissà che alcune delle sue meccaniche non riappaiano in futuro in progetti ben più ambiziosi.

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