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Recensione

Broken Age

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Avatar di Pregianza

a cura di Pregianza

Pubblicato il 16/01/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.5

Kickstarter è un castello interamente costruito sulla fiducia. Tu proponi un progetto ai tuoi fan chiedendo dei soldi per poterlo completare, e loro decidono di fidarsi ciecamente di te investendo il loro denaro in qualcosa che, spessissimo, è ancora allo stato embrionale. 
Quando sono piccoli sviluppatori poco noti a trionfare in questo modo, questo tipo di Crowdfunding è splendido, a tutti gli effetti una nuova strada separata dalla comune distribuzione per creare giochi poco commerciali e atipici, dotati della forza per lanciare minuscole realtà con più talento di molte grandi case. Va però detto che anche questa forma di supporto è influenzata dalla notorietà e che se da una parte tanti ce la fanno esclusivamente grazie alla loro genialità, dall’altra un grosso nome smuove più denaro di qualunque concept originale. 
Si tratta di una cosa ovvia dopotutto: affidare i propri sudati soldoni a creatori leggendari è considerato una sorta di garanzia anticipata. I punti oscuri iniziano però a palesarsi quando questi sviluppatori tradiscono l’incrollabile fiducia dei fan sfruttandone male il supporto, e se a farlo è uno come Tim Schafer, l’intero castello inizia a barcollare per il colpo. 
Il buon Tim aveva promesso una cosa molto semplice ai suoi backers: un’avventura punta e clicca vecchio stile, di quelle all’altezza dei grandi titoli del passato. Dopo aver ricevuto un milione e passa di dollari si è però reso conto di aver calcolato male i costi del progetto e ha deciso di dividerlo in due parti, per poi correre ai ripari dinnanzi alla furia inarrestabile dei giocatori e annunciare che il secondo atto sarebbe arrivato gratuitamente a tutti i possessori del primo.   
Un errore di calcolo del genere non se lo aspettava nessuno da un veterano dell’industria, cosa che ha fatto nascere qualche sospetto sull’effettiva bontà del titolo, nonostante le indubbie qualità dei Double Fine e di Schafer in persona. Dunque oggi siamo qui, un paio di giorni dopo la release ufficiale dell’attesissimo Broken Age ai backers, e qualche magagna con gli embarghi tra la stampa internazionale, per dirvi se è ancora il caso di credere alle parole di un uomo che ha fatto la storia delle avventure punta e clicca, e se da Kickstarter è spuntato veramente un gioco all’altezza dei classici della defunta Lucasarts.
La risposta, in verità, non poteva essere che positiva.
Vite Spezzate
Shay è un ragazzo rinchiuso in una nave spaziale. Rinchiuso, non residente. Non fatevi ingannare dal materno computer di bordo, dai giochi in cui viene continuamente coinvolto, o dal fatto che il giovane è costantemente servito e riverito. La sua è la vita di un recluso, un uomo importante per qualche oscura motivazione, a cui non viene in alcun modo permesso di mettersi in pericolo, un’esistenza vuota costretta a rivivere ogni giorno la stessa routine, scimmiottando le imprese di un capitano spaziale. Shay è stanco, e stanca quanto lui è Vella, una fanciulla apparentemente immune alla paura che sta per essere sacrificata a un enorme mostro fluttuante di nome Mog Chotra. Si trattasse di un comune sacrificio ci sarebbe poco da fare se non maledire il suo fato amaro, ma Vella si trova in una situazione ben più assurda: un mondo dove i sacrifici di giovani donne sono la norma ogni tot anni e il “pasto” di Mog Chotra viene accolto come una sorta di festività, dove le prescelte sono educate per essere felici e onorate del sacrificio, e dove persino i famigliari delle vittime gioiscono per l’occasione. 
Questi sono i protagonisti di Broken Age, due personalità che hanno poco o nulla in comune, a parte il fatto di essere prigionieri di un crudele destino e di desiderare ardentemente una via d’uscita. A voi, come è giusto che sia, spetterà trovarla, sfuggendo al temibile Mog nei panni di Vella, e cercando di scoprire i segreti della nave su cui si trova Shay.
Nel caso non l’abbiate notato, è una premessa ben più malinconica di quelle a cui Schafer ci ha abituato in passato, ma non temete, non è un’avventura drammatica. Broken Age è un gioco ricchissimo di assurdità e situazioni divertenti, semplicemente non aspettatevi battute costanti o un forte umorismo demenziale. I Double Fine hanno giostrato le risate in modo più sottile questa volta, ed estremamente adeguato all’incredibile nuovo mondo che hanno creato. Non vogliamo rivelarvi alcun dettaglio sulla trama, ma non possiamo esimerci dall’elogiare le ambientazioni di Broken Age, che riesce in poco tempo a delineare un Background vibrante, ricco di misteri e di personaggi indimenticabili, e lo fa con una semplicità magistrale. 
Un destino che si srotola con un click
Proprio la semplicità è il cardine dell’intera produzione. I backers avevano chiesto un’avventura “vecchio stile” e la software house li ha ascoltati. Tutto è il più classico possibile, con un menu dedicato agli oggetti raccolti e una semplice struttura punta e clicca. Schafer però è una vecchia volpe, e anche con questi pochi strumenti ha usato buona parte dei trucchi del mestiere. Non vi sono livelli di pensiero laterale come quelli visti in Monkey Island, ma sappiate che troverete un po’ di tutto, da enigmi logici a momenti in cui sarà necessario combinare strumenti nell’inventario per proseguire, passando per opzioni di dialogo obbligate per la risoluzione di un problema, oggetti il cui vero scopo si rivela solo un po’ più in là, e altre chicche che vi costringeranno bene o male a spremere le meningi. Non è un gioco difficile, tutt’altro, eppure vi farà pensare costantemente, ed è una caratteristica che non tutti i titoli di questo genere possiedono. A voler individuare un difetto, abbiamo trovato la parte dedicata a Shay molto più intuitiva e facilotta di quella di Vella, ma va detto che entrambe sono ispirate e diversificate quel tanto che basta a mantenere una certa freschezza da un protagonista all’altra.
Non è certo comunque il gameplay a fare una grande avventura grafica, ed è quindi sulle personalità e sui dialoghi che Tim Schafer ci ha messo veramente del suo. Broken Age è un’opera scritta alla grande, con personaggi caratterizzati alla perfezione anche con una manciata di linee di dialogo, e risate più contenute in favore di una trama più elaborata e interessante. Il leader di Double Fine ha indubbiamente raggiunto da tempo una certa maturità artistica, se non comportamentale, e lo ha dimostrato senza possibilità di appello in questo suo ultimo lavoro, costruendo pezzo dopo pezzo una narrativa elaborata e avvincente, la cui unica debolezza è il fatto di fermarsi a metà con un cliffhanger di quelli veramente infami e inaspettati, che vi lascerà con la bava alla bocca per il secondo capitolo.
Artisticamente siamo davanti a punte di eccellenza simili, ed è in gran parte merito dello stile unico dei disegni. Il gioco è quasi dipinto e completamente bidimensionale, con personaggi tratteggiati magnificamente e ambientazioni tanto colorite quanto singolari. Il motore mostra qualche debolezza nelle inquadrature ravvicinate, dove si nota il dettaglio non stratosferico di alcune locazioni, o in qualche sporadico bug visivo, ma sono pochezze di fronte alla bellezza complessiva del progetto. L’audio poi è il fiore all’occhiello della produzione, poiché i Double Fine hanno potuto contare su talenti di altissimo livello per dare vita ai propri personaggi, tra cui gente come Elijah Wood e Jack Black, giusto per citarne alcuni.
La longevità è l’unico reale difetto di questo titolo. Sappiamo che si tratta di un primo atto, ma dalle parole di Schafer ci aspettavamo un’avventura ben più titanica e invece siamo riusciti a concluderla in meno di quattro ore. 

– Ricco di personaggi indimenticabili e umorismo

– Narrativa elaborata ed estremamente interessante, specialmente in chiusura

– Gameplay classico ricco di enigmi ben riusciti

– Stile grafico unico

– Molto breve

– Vorrete SUBITO la seconda parte

8.5

I backers desideravano un’avventura classica all’altezza di capolavori come Grim Fandango o Full Throttle. L’hanno avuta. Schafer ha usato buona parte dei suoi assi nella manica, e tutta la sua creatività, per offrire a chi l’ha supportato un gioco splendido, ricco di personaggi unici, dialoghi brillanti ed enigmi capaci di aguzzare l’ingegno, il tutto all’interno di una delle migliori storie mai uscite dalla sua sfrenata creatività. Sarà breve, sarà divisa in due parti, sarà quel che sarà, ma è impossibile infuriarsi con quest’uomo quando sforna creature di questo livello. Se volete una punta e clicca fatta come si deve, Broken Age è la risposta che aspettavate da tempo. Ora però quel secondo capitolo deve arrivare in fretta, perché stiamo graffiando lo schermo in attesa di sapere come diavolo va a finire.

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