Recensione

Black Mirror, recensione del reboot firmato King ART Games

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

A tredici anni dall’arrivo del primo gioco e dopo due ulteriori capitoli usciti nel 2009 e nel 2011, Black Mirror si ripresenta con una nuova avventura che segna di fatto il reboot della serie. Avventura grafica dalle tinte gothic horror e ottimo esempio di come sviluppare un titolo del genere legato ai canoni classici e con un’ottima atmosfera, la creatura di KING Art Games tenta di adattarsi alla modernità, avvicinandosi al grande pubblico ormai non più abituato alle meccaniche di un tempo. Sebbene il tentativo sia nobile, il risultato – perlomeno a livello tecnico – è ben lontano dall’essere entusiasmante.
Orrori di Famiglia
Black Mirror ambienta le sue vicende nella Scozia del 1926, raccontando la storia maledetta della famiglia Gordon, da generazioni vittima di una sorta di anatema nato dal misticismo e da malefatte per lungo tempo sottaciute. David Gordon non sa quasi nulla della sua famiglia, e dopo il suicidio del padre decide di recarsi nell’antica tenuta proprietaria, che comprende un enorme castello e dei terreni sconfinati. Tormentato da incubi e visioni, David teme che il suo destino sia quello di perdere il senno come già accaduto a suo padre, sprofondato in una spirale di follia che sembra essere legata a doppio filo coi segreti terribili di quel luogo e dei suoi avi. 
A cavallo tra racconto sovrannaturale della letteratura gotica e thriller sullo stile di Conan Doyle, Black Mirror riesce a intrattenere dall’inizio alla fine delle circa dieci ore previste per completare l’avventura, dosando bene i ritmi e le diverse fasi del racconto. I personaggi, benché in parte stereotipati, risultano essere sempre credibili, perlomeno nella scrittura; cadono però vittima di un comparto tecnico che crea situazioni irrealistiche, di distacco con la realtà e di poca aderenza con reazioni che dovrebbero essere credibili ma che si rivelano in fin dei conti goffe e surreali.
Nel nuovo Black Mirror c’è sempre tanta autoreferenzialità e sono presenti situazioni di gioco che i fan della saga non potranno non accogliere con un sorriso tra le labbra, come i tòpos della saga e certi enigmi presi quasi di peso dai precedenti capitoli. Pur essendo un reboot, Black Mirror non vuole insomma tradire le origini della serie e anzi tenta il tutto per tutto per rilanciarla in grande stile, ma durante il processo di sviluppo non tutto è andato come previsto.
Nuovo e Classico
L’elemento di gameplay più significativo del nuovo Black Mirror è rappresentato dalla possibilità di  poter interagire con le apparizioni dei fantasmi, i quali, in determinati momenti di gioco, tendono a ripetere una serie di azioni in cui bisogna intervenire analizzando gli oggetti che brillano solo in certi frangenti. Avvicinarsi troppo alla scena e mancare l’appuntamento con l’interazione significa nella maggior parte dei casi arrivare al game over; al di là di questi momenti, non proprio ben gestiti, non c’è il rischio che dobbiate ricominciare dall’ultimo salvataggio. 
L’ambiente tridimensionale in cui muoversi liberamente potrebbe dare ai giocatori l’impressione che sia possibile avere la possibilità di gestire l’avanzamento di gioco senza limitazioni particolari, ma considerando che Black Mirror non vuole distanziarsi di un centimetro dalla conduzione di gioco classica delle avventure grafiche, ci saranno sempre le solite azioni contestuali a scandire il ritmo dell’avventura. 
Dovrete pertanto raccogliere i giusti oggetti sparsi lungo gli scenari, attendere che la storia avanzi affinché possiate visitare determinati luoghi, intraprendere dialoghi coi personaggi, avere un uso creativo dell’inventario e risolvere degli enigmi. A proposito di questi ultimi, più o meno tutti si sono rivelati abbastanza sfiziosi, e l’idea di potersi muovere a 360° lungo la schermata dei puzzle dà un nuovo significato al concetto di enigmi non statici, che obbligano il giocatore a trovare soluzioni non sempre così scontate.
Se per quanto riguarda la storia e alcune meccaniche di gioco KING Art Games è riuscita a trovare un buon equilibrio, unico vero motore trainante dell’esperienza, lo stesso non si può dire per il comparto tecnico, che a conti fatti si rivela un mezzo disastro.
Brividi
Se l’aspetto e le animazioni un po’ caricaturali dei personaggi possono senz’altro essere considerate delle precise scelte artistiche che danno carattere e unicità all’opera, lo stesso non si può dire per la loro modellazione poligonale, che alterna dei risultati discreti ad altri francamente imbarazzanti e fuori da quest’epoca. 
Black Mirror è un gioco tecnicamente molto grezzo, poco rifinito, pieno zeppo di magagne e bug che possono portare talvolta a risultati infelici. Anche senza voler dare molta importanza alle texture in bassa qualità che ricoprono una buona parte delle superfici, è impossibile chiudere un occhio sulla “pesantezza” che si avverte giocando a Black Mirror, che sembra gestire con enorme fatica ogni fase di gioco. Tra singhiozzi inaspettati quando si cammina, qualche rallentamento, la mancata rifinitura dei contorni di raccordo tra un asset e l’altro, un frequente tearing, un paio di crash dopo i filmati o in seguito ai dialoghi, dei glitch piuttosto buffi, e qualche linea di dialogo non tradotta che si perde nel nulla, c’è davvero poco da salvare nel comparto tecnico di Black Mirror.
A ciò bisogna aggiungere una certa farraginosità nei controlli, mai troppo fluidi e in grado di dare la sensazione che il personaggio s’incagli sempre in qualcosa d’invisibile, assieme a una telecamera semi-mobile che negli spazi più angusti si piazza talvolta proprio dove non dovrebbe stare. La transizione tra una stanza e l’altra è sempre accompagnata da caricamenti che si attestano sui dieci secondi circa, e dato che passare da una scena all’altra è un’operazione assai frequente, le attese diventano ben presto snervanti. Black Mirror avrebbe bisogno di una profonda fase di pulizia, prima di arrivare sul mercato, ma la fretta di rispettare la finestra di lancio più importante dell’anno ha avuto come risultato quello di consegnarci un gioco tecnicamente claudicante, bisognoso di grosse patch correttive.

– Buona storia, sullo stile dei racconti gotici e thriller di fine ‘800 e inizio ‘900

– Enigmi sfiziosi

– Prosegue e non tradisce le tradizioni della serie

– Tanti, troppi problemi tecnici

– Caricamenti lunghi, snervanti e presenti a ogni transizione di scena

– Farraginoso e con meccaniche di gioco poco fluide

6.5

Se riuscirete a passare sopra i marchiani problemi tecnici dell’opera, sopportando anche alcune fasi di gameplay poco curate, potreste davvero apprezzare Black Mirror, che non tradisce affatto le radici della saga. Con una storia ben orchestrata ma non proprio tra le più originali, e un ambientazione tipicamente gotica e affine a quelle tratteggiate dai più popolari romanzi dell’epoca, questo reboot dimostra che il rilancio delle avventure grafiche in chiave moderna non è affatto una chimera.

Voto Recensione di Black Mirror, recensione del reboot firmato King ART Games - Recensione


6.5