Il travagliato sviluppo di Anthem, l'ambizioso progetto di mech RPG che si trasformò in uno dei più clamorosi fallimenti di BioWare ed Electronic Arts, torna sotto i riflettori grazie a una testimonianza inedita.
Mark Darrah, ex produttore esecutivo della serie Dragon Age, ha pubblicato un video di oltre un'ora che svela retroscena inediti sui sei anni di produzione che portarono al disastro commerciale del 2019.
La sua narrazione, che rappresenta solo la prima parte di un racconto più ampio, offre una prospettiva privilegiata su come le pressioni aziendali e le incertezze creative abbiano condannato quello che avrebbe dovuto essere il futuro di BioWare.
Il punto di svolta arriva nel 2012, subito dopo il completamento di Mass Effect 3. EA inizia a martellare con insistenza sul concetto che i giochi single player fossero ormai obsoleti, spingendo BioWare verso il mondo dei servizi live. È in questo contesto che Casey Hudson, direttore di Mass Effect 3, presenta ai vertici aziendali il progetto Dylan, nome in codice di quello che diventerà Anthem. La proposta di un nuovo approccio al multiplayer narrativo entusiasma i dirigenti EA, ma incontra resistenze significative all'interno dello studio.
I team di Dragon Age e Mass Effect accolgono con freddezza le dichiarazioni del gruppo Dylan sulla necessità per BioWare di adattarsi ai tempi moderni. Darrah stesso ammette di aver trovato la presentazione iniziale troppo generica, una vaghezza concettuale che si rivelerà fatale per il progetto. Il pitch mancava di una visione chiara, problema che diventerà ancora più evidente negli anni successivi.
Nel 2014 Casey Hudson lascia BioWare, portando con sé la visione originale del progetto Dylan. Nessun altro nel team riesce a comprendere appieno quale fosse l'idea di gioco che Hudson aveva in mente, creando un vuoto creativo devastante. Secondo la ricostruzione di Darrah, troppo tempo viene sprecato in questa fase cercando di definire il gioco in opposizione a titoli già affermati come Borderlands e Destiny, piuttosto che costruire un'identità propria.
Le tensioni interne si intensificano nel 2016, quando emerge la proposta di trasferire il team di sviluppo di Dragon Age 4 sul progetto Dylan. La mossa genera accese discussioni all'interno dello studio, evidenziando le divisioni tra chi credeva nel futuro dei servizi live e chi rimaneva fedele alla tradizione RPG di BioWare.
Gli scontri non si limitano alle dinamiche interne di BioWare. Patrick Soderlund, CEO degli sviluppatori di Battlefield presso DICE, reagisce in modo particolarmente negativo a una delle demo presentate, scatenando nuove polemiche. Anche EA esprime disappunto per quella che percepisce come una riduzione del numero di esoscheletri Javelin disponibili nel gioco, basandosi su cifre preliminari che evidentemente non riflettevano la realtà del progetto.
La confusione regna sovrana anche sul fronte del naming. Inizialmente si pensa di chiamare il gioco "Javelins", dal nome degli esoscheletri protagonisti, ma EA preferisce "Beyond". La scoperta che Sony possiede già i diritti su questo marchio costringe a una nuova ricerca, che porterà infine alla scelta di "Anthem". Darrah nota con ironia che anche l'originale Dragon Age non conteneva draghi quando ricevette il suo nome definitivo.
Il video di Darrah copre gli eventi fino alla fine del 2017, momento in cui lui stesso viene coinvolto direttamente nello sviluppo di Anthem. La sua testimonianza si interrompe proprio nel periodo in cui il progetto entra nella fase più critica, quella che porterà al lancio del 2019 e al successivo abbandono del supporto. La promessa di una seconda parte lascia presagire rivelazioni ancora più dettagliate sui due anni finali di sviluppo, quelli che determineranno il destino del gioco.
Questa prima parte della narrazione di Darrah conferma molte delle voci che circolavano da anni nell'industria videoludica, ma aggiunge dettagli preziosi sulla cultura aziendale e le pressioni che hanno influenzato le scelte creative. Il racconto evidenzia come le ambizioni di trasformare BioWare in uno studio orientato ai servizi live si siano scontrate con la realtà di un team abituato a creare esperienze narrative profonde e articolate, creando tensioni che hanno minato il progetto dalle fondamenta.