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Recensione

Another World

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Avatar di Zartas

a cura di Zartas

Pubblicato il 25/09/2011 alle 00:00
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3,99€, Compatibile con iPhone, iPod touch e iPad. Richiede iOS 3.1.3 o successive

Era il 1991 quando Another World veniva pubblicato per la prima volta da Interplay su Amiga 500: il gioco era un mix di platforming e azione costellato da enigmi di ogni genere, basato su un feroce trial & error che non lasciava spazio al minimo errore. Ispirato al primo Prince of Persia (1989) e, nella sua componente parzialmente cinematografica a un archetipo come Dragon’s Lair (1983), Another World fu un grande successo di critica e pubblico, tanto da meritare la pubblicazione su tante piattaforme differenti per approdare oggi, vent’anni dopo, sul device Apple.

Tornare indietro nel tempoGiocare – e ancor di più, valutare – Another World oggi è un’operazione complessa che rischia di non rendere pienamente giustizia al valore di questo titolo: fin dalla prima sequenza introduttiva l’impatto audiovisivo stupisce, non necessariamente in negativo. I giocatori di vecchia data non potranno non emozionarsi (per il sottoscritto sono passati 15 anni, ndr) nel rivedere come l’enigmatico protagonista, ‘Il Professore’, in seguito a un esperimento con un acceleratore di particelle si veda teletrasportato in un ostile mondo parallelo. D’altra parte, i giocatori più giovani, quelli abituati alla cultura videoludica dell’ultimo decennio, potrebbero maturare un sentimento di perplessità (se non di irritazione) di fronte a un titolo che propone un’interfaccia grafica essenziale e una difficoltà vecchio stile, premiando non tanto l’abilità del giocatore quanto la memorizzazione di certi pattern.L’Another World è infatti un mondo inospitale e ostile per il nostro protagonista, che si ritroverà immediatamente coinvolto in una lotta per la sopravvivenza: gli ostacoli saranno molto vari, includendo piante velenose, bestie selvagge e naturalmente gli scimmieschi alieni locali i quali avranno l’unico scopo di impedirvi il ritorno a casa. Il gameplay fa quindi perno sul continuo avanzamento di enigma in enigma, con una forte componente platform in cui il tempismo e la precisione sono tutto: il livello di difficoltà del gioco originale era infatti tarato verso l’alto, pertanto gli sviluppatori hanno deciso di includere due ulteriori modalità, una più semplice e una ancora più difficile, dedicata ai veri masochisti.

Longevità, sonoro, grafica?Cercare di inquadrare un titolo come Another World all’interno di una struttura ‘classica’ di recensione sarebbe come cercare di contare il numero di sillabe della Divina Commedia: possibile, ma noioso e di scarsa utilità. Nel 1991 Another World era un titolo che introduceva qualcosa di nuovo. Riusciva a trasmettere al giocatore la sensazione di essere davvero trasportato in un ambiente ostile, sia grazie all’elevata difficoltà, sia grazie a fini accorgimenti grafici: Il Professore è alieno a partire dalla sua fulva chioma, cromaticamente estranea in un mondo dominato da tinte blu e nere che vanno a disegnare lande desolate e strutture ultratecnologiche. Il paragone fatto in apertura con Prince of Persia torna a esserci utile: confrontato con Another World, il titolo di Jordan Mechner non differiva soltanto dal punto di vista del gameplay, maggiormente improntato al platforming, ma lasciava il giocatore e il suo alter ego digitale, il principe, in un mondo fantastico ma noto, vicino, a portata di mano. L’Arabia, il palazzo del Visir, una principessa. Sull’altro piatto della bilancia invece, Another World non solo proponeva una formula più flessibile, che alternava frenetiche sequenze di corsa a puzzle dove la logica faceva da padrona, ma mirava a un bersaglio molto più difficile da centrare: creare un’esperienza di gioco originale, a sé, pulsante di vita propria e carica di una forte identità che prendeva forma proprio grazie alla totale antitesi rispetto al giocatore. Se costui inizialmente percepiva quell’ambiente come ostile, alieno, successivamente avrebbe identificato se stesso quale elemento fuori luogo: il sentimento di estraneità e il successivo ribaltamento dell’oggetto di questo sentimento (non più gli alieni, ma sé stessi) davano spazio solo alla fuga del Professore nel disperato tentativo di tornare a casa. In chiusura, la domanda che possiamo porci adesso è dunque la seguente: Another World è ancora così carico di significati?

– Il ritorno di un classico

– Atmosfera

– Farà commuovere i vecchi giocatori

– Prezzo

– Molto (troppo?) di nicchia

0

20 anni (videoludici) e non sentirli: chi ha già giocato a Another World non potrà non commuoversi nel rivedere un titolo che nasceva sull’Amiga 500, una console che da sola era simbolo di una generazione passata. I più giovani potrebbero invece storcere il naso di fronte a un titolo figlio di un periodo in cui videogioco significava trial & error e continuo perfezionamento delle proprie azioni, con l’unico scopo di superare ostiche sequenze di gioco: inoltre, il costo di 3,99 € è un’ulteriore barriera all’acquisto per gli indecisi. Da questa probabile ma non dimostrata inconciliabilità fra due diverse generazioni di giocatori viene la nostra decisione di non dare un voto ad Another World, un titolo che per poter essere goduto appieno dovrebbe essere inquadrato e compreso in quello che era il panorama videoludico del 1991. Se siete in grado di fare questa astrazione (o se avete vissuto quegli anni, ovviamente) l’acquisto è caldamente consigliato: in caso contrario aspettate un’offerta futura.

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