PlayStation Store è stato temporaneamente sospeso in Cina, come rilevato dall’analista Daniel Ahmad di Niko Partners su Twitter e rilanciato da Eurogamer.net.
Il negozio è stato sospeso, insieme a quanto pare a servizi collegati a PlayStation Network, dalle 7:00 del mattino ora locale del 10 maggio e non ha ancora ripreso le proprie attività di vendita.
Nella comunicazione di PlayStation non viene neanche fornito un orario o una data di ripresa indicativa della piattaforma, per cui potrebbe volerci non poco tempo per un suo ritorno.
The PlayStation Store (PSN) has been temporarily suspended in Mainland China from 7am on May 10. No time or date given for resumption of services.
The official reason given is to carry out security upgrades. But it is unclear what this means exactly. pic.twitter.com/ZoU71zR9tX
— Daniel Ahmad (@ZhugeEX) May 10, 2020
Come spiega Ahmad, la versione ufficiale è che questa sospensione è stata messa in atto per applicare upgrade legati alla sicurezza di PlayStation Store, ma le cose potrebbero essere decisamente più complicate.
Utenti Xbox avrebbero sottoposto a PlayStation China, tramite il social locale Weibo, prove dell’utilizzo di backdoor sul negozio che permetterebbero l’acquisto e la fruizione di contenuti non autorizzati nel paese.
PlayStation Store, come altri negozi virtuali, ha in vendita soltanto titoli e contenuti approvati e pubblicati in apposite edizioni sul territorio, e questo contravverrebbe alle regolamentazioni cinesi. Lì, i giocatori hanno espresso una preferenza non del tutto imprevedibile per PS4.
Parrebbe che PlayStation stia verificando queste falle e provvedendo a chiuderle, e inoltre a setacciare il negozio – e tutti i suoi prodotti – alla ricerca di “contaminazioni” che li renderebbero illegali nella nazione asiatica.
Un’operazione di questo tipo richiederebbe evidentemente qualcosa in più di qualche ora per venire completata, e questo andrebbe a scapito dei malcapitati giocatori del posto che avrebbero soltanto voluto godersi un weekend di relax con le loro PS4.
La Cina non è nuova a problematiche di questo tipo, visto che le stringenti regole imposte all’entertainment spingono in molti a cercare modi per aggirarle e fruire di contenuti non autorizzati.
Il caso di Animal Crossing: New Horizons, utilizzato per raccogliere gli aderenti alle proteste di Hong Kong nonostante non fosse in vendita in un’edizione approvata, è stato in tal senso abbastanza significativo sia della voglia di intrattenimento globale in un paese che inizia ad essere stanco di queste censure, sia dei controlli alquanto dilettantistici delle autorità in materia di videogiochi.
Fonte: Eurogamer.net