La battaglia per la sopravvivenza dei videogiochi dopo la fine del supporto ufficiale ha raggiunto i vertici di Ubisoft, con il CEO Yves Guillemot che si è trovato a dover rispondere direttamente agli azionisti sulla campagna Stop Killing Games, nata proprio in risposta a casi come quello di The Crew, reso inaccessibile anche per chi aveva acquistato regolarmente le copie di gioco.
Durante l'assemblea annuale della società con gli azionisti (via PC Gamer), il dirigente ha affrontato una questione che sta scuotendo l'industria videoludica: cosa accade ai giochi online quando gli sviluppatori decidono di "staccare la spina"?
La scintilla che ha acceso questa battaglia legale è stata, come già detto in apertura, la chiusura di The Crew, il racing game online di Ubisoft che ha cessato di funzionare lasciando i giocatori con un prodotto completamente inutilizzabile.
Questo evento ha catalizzato la nascita dell'iniziativa Stop Killing Games, che ha recentemente superato il traguardo di un milione di firme, qualificandosi come Iniziativa dei Cittadini Europei e guadagnando il diritto di essere esaminata dalla Commissione Europea.
Il movimento non chiede l'impossibile: non pretende supporto infinito, ma semplicemente che i giochi possano continuare a funzionare sui sistemi dei clienti anche dopo la fine del supporto ufficiale.
La difesa di Ubisoft tra giustificazioni e contraddizioni
Guillemot ha inizialmente tentato di difendere l'approccio attuale di Ubisoft, sottolineando come la compagnia fornisca «molto supporto» ai suoi giochi e servizi per mantenerli accessibili 24 ore su 24.
Secondo il CEO, «i giocatori vengono sempre avvertiti in anticipo» quando un gioco sta per essere chiuso, cosa che è già accaduta per il caso di The Crew e di altri videogiochi live-service.
La soluzione proposta da Ubisoft per The Crew ha però sollevato più dubbi che certezze. La compagnia ha offerto The Crew 2 al prezzo simbolico di un euro per due settimane prima della chiusura del titolo originale, una mossa che Guillemot ha presentato come generosa.
Tuttavia, questa argomentazione presenta delle falle evidenti: The Crew 2 è un gioco completamente diverso, non una continuazione diretta del servizio originale: il titolo che era stato effettivamente acquistato, ovvero il primo capitolo, resta ad oggi inaccessibile.
Inoltre, la possibilità di acquistare il titolo per un solo euro è stata naturalmente solo una soluzione temporanea, arrivata in risposta proprio alle polemiche per quella decisione: per quanto sia possibile trovarlo ancora a prezzi economici su store come Amazon, resta il fatto che è un gioco nuovo e non un rifacimento del capitolo originale.
Il cuore della risposta di Guillemot rivela una visione aziendale che accetta l'obsolescenza come legge naturale del digitale. «Nulla è scritto nella pietra e a un certo punto il servizio può essere interrotto. Nulla è eterno», paragonando i videogiochi a qualsiasi altro software che diventa obsoleto dopo 10-15 anni.
Una filosofia che contrasta nettamente con le aspettative dei consumatori che acquistano un prodotto aspettandosi di poterlo utilizzare indefinitamente, anche se Ubisoft ha già ammesso in più occasioni di vendere solo licenze e che, in quanto tali, il software non è mai stato di proprietà degli utenti.
La sua argomentazione si basa sull'idea che i servizi abbiano naturalmente una durata limitata e che l'evoluzione tecnologica renda inevitabile il passaggio a nuove versioni.
Nonostante questa difesa a oltranza, Guillemot ha riconosciuto che si tratta di «una questione di ampia portata» su cui Ubisoft sta lavorando. Il dirigente ha fatto riferimento ai piani di fine vita annunciati per The Crew 2, che dovrebbe essere reso disponibile in futuro anche offline, permettendo ai giocatori di continuare a utilizzarlo anche dopo la fine del supporto ufficiale.
Dichiarazioni che sembrano rappresentare un proverbiale ramoscello d'ulivo verso le richieste della campagna Stop Killing Games e di tanti altri giocatori, con la speranza che non si tratti solo di un caso isolato.
La pressione esercitata dal movimento sembra quindi aver prodotto i primi risultati concreti, spingendo almeno Ubisoft a riconsiderare le proprie politiche, ma è evidente che c'è ancora tanto lavoro da fare: del resto, perfino EA ha deciso di non fare alcun passo indietro, annunciando il fine vita di Anthem proprio nelle scorse settimane.