Un paio di giorni fa, durante una conferenza al GameLab di Barcellona, Patrice Desilets, ex Ubisoft e THQ oltre che uno dei creatori del primo Assassin’s Creed, aveva detto la sua circa i titoli tripla A, l’inevitabile futuro digitale dell’industria e i supporti fisici. Il suo discorso si era spinto anche oltre, parlando dell’industria in senso ampio, in termini di approccio culturale allo sviluppo e nuovi punti di vista. Vi riportiamo le sue parole in merito.“Vi sono videogiochi ed esperienze interattive. Io mi occupo di esperienze interattive molto più che di videogiochi.Giocare ai piccoli giochi è una gran cosa – anch’io ci gioco – ma c’è qualcosa di più. I “giochini” che vendono così tanto sono come i giornali: è bello leggere del gossip, ma non lascia nulla ed è difficile interessarsene realmente. Le esperienze interattive sono invece come romanzi, sono qualcosa di più, di diverso. Ti trascinano dentro di essi, assorbono il tuo tempo, li puoi vivere e possono influenzarti. E’ questa la grande differenza”, ha detto Desilets circa i diversi tipi di esperienze legate ai videogiochi.Il game designer e creativo chiede all’industria e alle sue menti di allargare l’attuale limitato punto di vista: “Credo abbiamo bisogno di una rivoluzione. Sono stato all’E3 negli ultimi anni e ho sempre visto bene o male le stesse cose. Voglio dire: a tutti noi piacciono gli space marines e gli shooters, ma abbiamo bisogno di raccontare anche qualcos’altro. Fare giochi con un approccio culturale diverso. Con Ubisoft abbiamo fatto un gioco sulla fede musulmana e uno sul rinascimento italiano, ad esempio (i primi due Assassin’s Creed, ndr). Avere un punto di vista culturale diventerà sempre più importante. Il progetto al quale stavo lavorando (1666: Amsterdam, ndr), penso che potrebbe cambiare l’intera industria”.