Immagine di Hundred Days - Winemaking Simulator | Recensione - Imparare l'arte del vino
Recensione

Hundred Days - Winemaking Simulator | Recensione - Imparare l'arte del vino

Avete sempre sognato di diventare produttori di un buon vino? Hundred Days è il gestionale che fa per voi.

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Hundred Days - Winemaking Simulator
Hundred Days - Winemaking Simulator
  • Sviluppatore: Broken Arms Games
  • Produttore: Broken Arms Games
  • Distributore: Broken Arm Games
  • Piattaforme: PC
  • Generi: Gestionale
  • Data di uscita: 13 maggio 2021

Il grigio delle città, il frenetico stress da ufficio e le interminabili code nel traffico alle otto del mattino di un qualsiasi lunedì. Alzi la mani chi non ha mai pensato di mollare tutto per dedicarsi ad una nuova vita bucolica immerso nella natura. Molto più facile a dirsi che a farsi ma, almeno virtualmente, Hundred Days - Winemaking Simulator ci offre proprio questa possibilità di escapismo 2.0, alla ricerca del perfetto vino nelle nostre langhe piemontesi.

Un po’ gestionale e un po’ puzzle game, questo peculiare titolo a tema vitivinicolo non poteva che provenire da un team italiano. I Broken Arms Games sono stati capaci di tradurre in schemi ludici il delicato processo di trasformazione dell'uva in vino, in un gioco che, accanto ad una sfida tarata verso il basso, vuole innanzitutto trasmettere questa antica arte, attraverso numerose informazioni dall’alto valore educativo.

I primi passi nelle vigne

Hundred Days - Winemaking Simulator - d’ora in avanti solo Hundred Days per amor di sintesi - non è uno di quei manageriali in cui sbattere la testa fra infinite statistiche, pop up che saltano fuori da ogni dove e conti che finiscono in rosso senza un reale perché. Il loop di gioco è abbastanza semplice, ma i primi passi avvengono un po’ alla cieca, come da tradizione in questo genere. Il modo migliore per comprendere tutti i segreti del vino è quindi iniziare questa nuova avventura attraverso la modalità storia, una sorta di lungo tutorial che si perde piacevolmente fra rimandi alla cultura nostrana e allo stile di quelle città incastonate nelle delicate colline piemontesi.

Forse si perde anche troppo. Catapultati dalla fredda Londra in questo angolo di paradiso italiano, siamo subito stati intercettati dalla nostra nuova vicina Anna, poi dall’enologo Gianni, poi da Satoshi, il gestore del winebar del paese e da tanti altri personaggi che, poco a poco, ci hanno spiegato come diserbare e diradare i campi, fino ad arrivare all’invecchiamento dei vini nelle botti o alla gestione dei lieviti, senza dimenticare la parte più commerciale, fra ordini e visite guidate.

Purtroppo le informazioni vengono però diluite in un fiume di parole che spesso nasconde i passaggi chiave, chiacchiere che vorrebbero dare un tocco di personalità ad un gestionale, ma che producono l’effetto opposto. Tener nota delle varie informazioni diventa inoltre più complicato data l’assenza di un taccuino in cui vengono riportati in modo schematico tutti i processi e il risultato finale è dunque una serie di tentativi nella speranza di non imbottigliare un Barbera disgustoso.

Incastrare la perfetta vendemmia

Gli ostacoli iniziali vengono superati con un po' pratica - e casualità - e diventano ben presto un lontano ricordo nel momento in cui si apprende il corretto ciclo e si capisce come orientarsi fra magazzini, capanno degli attrezzi e cantina. Hundred Days è un gestionale molto particolare e non solo per la sua ambientazione. Tutto parte da una piccola vigna, da curare attraverso la potatura, il diradamento e l’eventuale cura contro qualche parassita. Si passa poi alla vendemmia e, una volta raccolta l’uva, occorre pigiare e pressare gli acini, per poi infine passare all’imbottigliamento, alla degustazione e infine alla vendita.

Tutte queste azioni, in concreto, assumono le sembianze di alcune carte da gioco, le quali a loro volta occupano degli spazi che ricordano da vicino i tetramini, da incastrare sapientemente in una plancia posta al centro della propria azienda. La scansione della partita avviene seguendo le stagioni, dei turni in cui scegliere con cura le varie azioni, in quello che diventa un vero e proprio puzzle game strategico. Infatti, soprattutto quando i macchinari iniziano a rompersi e le botti vanno ad esempio pulite, ci si troverà davanti a scelte spesso sub-ottimali, con variabili che vanno a mescolare ancora di più - letteralmente - le carte, come un’estate particolarmente calda, una forte grandinata o clienti amanti di un certo vino.

Sulle prime tutto fila liscio, ma ben presto ci si accorge che i palati dei degustatori del paese sono difficili da soddisfare e quello che era un banale loop di diradamento-vendemmia-imbottigliamento inizia ad espandersi. Subentrano così passaggi più complessi, il magazzino si riempie di nuovi mezzi, ci si apre alla vendita online, le cime delle vigne vengono potate con nuove tecniche e il semplice Barbera lascia spazio al più raffinato Cortese. Questo percorso è però tutt’altro che lineare e, per quanto Hundred Days ponga l’asticella della sfida abbastanza in basso - si gioca sempre contro se stessi in fin dei conti - occorre prestare parecchia attenzione per non fare il passo più lungo della gamba, accumulando magari costi e carte insostenibili per le casse e per la plancia.

Da una piccola azienda famigliare al mercato globale

La progressione è soprattutto dettata dall’albero delle tecnologie, suddiviso in vari rami e che contiene numerose migliorie per quel che riguarda le vigne, la fermentazione dell’uva o, ancora, il punto vendita, con sale degustazioni e fiere a cui partecipare. Ogni tassello ha un suo costo, richiede determinati prerequisiti e contribuisce alla creazione di vini sempre più sofisticati e costosi. Hundred Days richiede di procedere con cautela e di pianificare la mossa successiva: in poche parole, lo scopo del gioco è trovare proprio questo equilibrio tra crescita e sostenibilità economica.

Purtroppo però, una volta trovata la giusta via di mezzo e capito quale è la corretta combinazione delle tecnologie, viene meno il gusto della scoperta e, partita dopo partita, ci si ritrova a compiere in modo mnemonico sempre le stesse azioni che hanno portato i maggiori introiti.

Hundred Days manca di varietà, difetto di non poco conto quando si parla di un gestionale che, almeno sulla carta, dovrebbe intrattenere per ore ed ore. Tutte le partite mettono infatti sul piatto sempre gli stessi ingredienti, le tecnologie sono disposte nel medesimo ordine ad ogni avvio e anche i terreni, con le loro proprietà e caratteristiche, si ripresentano sempre uguali a se stessi.

Gli unici sprazzi di difficoltà - se si esclude una gestione scellerata di terreni e denari - provengono dalla modalità sfida, tipologie di partite in cui, entro un certo limite di turni, viene richiesta la produzione di determinati vini, contraddistinti da particolari caratteristiche. Anche in questo caso, una volta scovato il segreto, la strada da percorrere è più o meno sempre la stessa, nonostante qualche evento casuale cerchi di creare un nuovo ed inaspettato bivio.

Imparare giocando

Hundred Days non è comunque un titolo banale e può essere giocato con due approcci differenti. Il primo, prettamente ludico, non ha molto da offrire dopo qualche ora passata fra le vigne e si riduce ad una serie di operazioni quasi da catena di montaggio. All’opposto, se ci si sofferma sui dettagli, si scopre il lato più istruttivo, forse il vero obiettivo prefissato dallo stesso team di sviluppo.

Grazie alle numerose attività a disposizione è infatti possibile sperimentare a piacere tra percentuali e modificatori e tutte le carte sono sempre accompagnate da note a margine, spiegazioni che arricchiscono la conoscenza dell’argomento. Per questo motivo, Hundred Days offre sempre qualcosa da imparare sul mondo dell’enologia, come le proprietà dei terreni, l’incidenza dell’acidità o il significato dei tannini, parametri da studiare per ottenere un vino dalla perfetta corposità, stando sempre attenti alle differenze fra Barbera, Arneis e Nebbiolo.

In conclusione, se produrre un vino è facile ed immediato, produrre un buon vino è un lavoro di fino, che richiede pazienza e studio, anche in un videogioco.

Infine, qualche riga sulla componente tecnica, certi che gli screenshot forniti in questa analisi siano già abbastanza esplicativi. Hundred Days ha un aspetto grafico semplice, pulito e quasi astratto, con una UI senza troppi fronzoli ma in cui è semplice ritrovare ciò che si cerca e in cui l’uso di colori - rosso e verde chiaramente - mette subito ben in evidenza gli effetti di un’azione. Inoltre, segnaliamo che tutti i dialoghi, i menù e i pannelli delle informazioni sono tradotti in italiano, un aiuto non da poco quando si affronta un gestionale.

Se volete portare a casa un PC da gioco per godere dei tanti gestionali disponibili su questo mercato, vi raccomandiamo di approfittare di questa proposta in offerta su Amazon.

Voto Recensione di Hundred Days - Winemaking Simulator - Recensione


7

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Un gestionale certamente atipico

  • Numerose note e curiosità sul mondo del vino

  • Interfacce ben implementate

  • Un gestionale da vivere in modo placido e rilassato

Contro

  • Manca di varietà

  • Modalità storia e tutorial parecchio approssimativi

Commento

Hundred Days - Winemaking Simulator è un gestionale abbastanza leggero, proprio come i toni e i colori utilizzati. Questa semplicità non fa però rima con banalità e, per quanto apprendere le meccaniche di gioco sia un'operazione immediata - nonostante un tutorial davvero approssimativo - il titolo sviluppato da Broken Arms Games è ricco di dettagli e informazioni, piccoli segreti da comprendere al meglio per ottenere un vino pregiato e così far crescere la propria azienda adagiata nelle langhe piemontesi. Purtroppo, dettaglio non poco, Hundred Days non fa della varietà il suo punto di forza e, partita dopo partita, il piacere della scoperta viene meno, messo in secondo piano da una eccessiva ripetitività.
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