Giornalista di Channel 4 sfotte il The Guardian perché scrive di videogiochi, l'industria gli risponde

Secondo un giornalista di Channel 4 è quantomeno strambo che The Guardian abbia un giornalista che si occupa di videogiochi, e invece...

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

I videogiocatori sono abituati a battutine di ogni sorta relative al loro medium preferito. Per qualche motivo che è difficile da inquadrare, infatti, alcuni traducono il "gioco" come attività esclusivamente puerile e, essenzialmente, come una perdita di tempo per chi non è cresciuto abbastanza – un'accusa che nessuno muoverebbe ad altre forme comunicative, come il cinema, che sono a loro volta ricreative.

L'ultimo caso in ordine di tempo è quello di Alex Thomson, giornalista e presentatore presso Channel 4 News, che con un cinguettio molto discusso sul suo profilo Twitter ha annunciato di voler segnalare (scherzosamente) alcune assurdità che vede nei titoli assegnati ai giornalisti.

Dopo aver citato il "reality check correspondent" della BBC, che sarebbe chiamato a verificare la veridicità di ogni notizia, Thomson ha inserito nella sua lista quella che ritiene essere un'altra assurdità giornalistica, dal suo punto di vista:

Mi sono accorto che The Guardian ha un giornalista che scrive di videogiochi.

Come era lecito immaginarsi, il suo tweet non è invecchiato molto bene e ci sono molti membri dell'industria, giornalisti o meno, che hanno fatto notare come scrivere di videogiochi su una grande testata generalista sia estremamente giustificato, anziché assurdo.

Tom Warren di The Verge scrive «è stupido avere un giornalista dedicato alla più grande industria dell'intrattenimento al mondo? Ok boomer». Anche Geoff Keighley ha commentato, limitandosi a esprimere il suo disagio circa questa posizione con una (efficace) gif animata.

Lucy O'Brien, giornalista di IGN per l'Australia, scrive «questo approccio è incredibilmente da 2001», mentre Cecilia D'Anastasio di Wired ed ex Kotaku commenta con un lapidario «ok boomer.» L'analista Matt Piscatella si congratula ironicamente per l'alto engagement ricevuto dal tweet, mentre il giornalista di The Indipendent Adam Smith fa notare che «il Regno Unito è il quinto più grande mercato di videogiochi al mondo, e chi ci lavora spesso viene sfruttato costantemente da grosse compagnie per realizzare i loro prodotti, che sono arte (e divertimento). Se nessuna di queste cose ti convince a leggere di videogiochi, allora non so cosa dirti.»

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Dopo le tante reazioni, Thomson ha scritto che non diceva sul serio e voleva solo porre l'accento sui titoli assurdi in ambito giornalistico, tra i quali ha fatto rientrare anche questa figura dedicata ai videogiochi di The Guardian. 

Una precisazione che, comunque, non ha cambiato molto tra i commenti al suo tweet, che non è stato particolarmente apprezzato dagli addetti ai lavori, con qualcuno che ha fatto notare che non si sarebbe parlato di stramberia se il "video games editor" fosse stato "cinema editor". E non possiamo dargli torto.

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