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Recensione

Dragon Quest I, il ritorno di un piccolo classico - Recensione

Abbiamo giocato la riedizione del primissimo Dragon Quest per Nintendo Switch! Leggi la recensione!

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Avatar di Marcello Paolillo

a cura di Marcello Paolillo

Editor-In-Chief

Pubblicato il 16/10/2019 alle 14:30
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  • Pro
    • Pur sempre un grande classico.
    • Ottima colonna sonora
  • Contro
    • Meccaniche di gioco davvero arcaiche.
    • Lavoro di restyling non al top.

Il Verdetto di SpazioGames

7
Al netto della sua impostazione da JRPG preistorico (sia dal punto di vista tecnico che come ossatura ludica), Dragon Quest I per Nintendo Switch ha dalla sua quel fascino indiscutibilmente retro che non potrà non mandare in brodo di giuggiole i fan più sfegatati, o magari anche molti giocatori più giovani che hanno imparato a conoscere la serie "rivale" di Final Fantasy solo in epoca moderna (magari proprio con il bellissimo Dragon Quest XI S: Echi di un'era perduta). Questo perché non si può conoscere il presente senza avere avuto a che fare con il passato.

Dragon Quest è una serie che con gli anni ha guadagnato nuovamente visibilità, grazie anche e soprattutto agli ultimi due ottimi capitoli della saga (vale a dire Dragon Quest VIII: L’odissea del re maledetto e Dragon Quest IX: Le sentinelle del cielo) particolarmente amati da critica e pubblico. Ora, con l’uscita di Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta – Edizione definitiva anche su console Nintendo Switch (avete già letto la nostra recensione del gioco?), la casa di sviluppo giapponese ha deciso di fare un’ulteriore sorpresa a tutti i fan, specie i più giovani: la riproposizione dei primi, storici episodi della saga di JRPG, in una ideale trilogia per la piattaforma ibrida che ne conserva intatto tutto il suo splendore tipicamente retro.

Un JRPG d’altri tempi… forse anche troppo

Partiamo dalle origini: conosciuti come i tre capitoli della saga di Erdrick, i primi Dragon Quest (noti con il nome di Dragon Warrior negli Stati Uniti) raccontano le gesta dei discendenti dell’eroe leggendario nel regno di Alefgard e di come questi siano chiamati a sconfiggere il malvagio Dragonlord, il terribile signore della notte. Nel primo capitolo, la sfera di luce che per secoli ha tenuto a bada le forze del male è stata rubata e nei panni di un coraggioso e intrepido guerriero dovremo salvare il mondo dall’oscurità. Una trama classica – per non dire arcaica, se paragonata alle intricate narrazioni dei JRPG più moderni – ma che ancora oggi è in grado di restituire quel genuino retrogusto da gioco di ruolo d’altri tempi.

Il titolo nasce infatti nell’ormai lontanissimo 1986 da un’idea di Yuji Horii, forte di una rivoluzionaria (perlomeno ai tempi) colonna sonora composta da Koichi Sugiyama e la direzione artistica del grande illustratore Akira Toriyama (noto ai più per essere l’autore dell’intramontabile manga di Dragon Ball). Questa nuova edizione per console Nintendo Switch mantiene intatto il suo fascino tipicamente retro, restituendo in tutto e per tutto quel feeling provato sull’ormai storico Nintendo Entertainment System a 8-bit (noto anche come NES). Horii ha più volte ammesso di essersi ispirato, per la creazione del gioco, a celebri RPG occidentali come Wizardry e Ultima, tanto che è possibile scorgere diverse somiglianze coi titoli in questione (soprattutto a livello puramente strutturale).

Il primo Dragon Quest è in ogni caso tremendamente semplicistico, pur essendo sempre un titolo di fondamentale importanza storica: li giocatore si troverà infatti di fronte a un gameplay che proporrà un solo eroe a disposizione, al fine di affrontare una lunghissima schiera di mostri da combattere nei canonici scontri casuali a turni. Questi ultimi sono impostati come da tradizione, ossia in una visuale in soggettiva che mostra i vari avversari posti esattamente di fronte a noi. Inutile specificare che il meccanismo è quello basilare di attacco/difesa/magia, senza particolari guizzi o novità imprescindibili, le quali verranno aggiunte solo nei capitoli successivi della serie prodotta dallo studio di Horii, chiamato Armor Project (specie con Dragon Quest III, il più completo e ricco della trilogia classica di Erdrick).

Per quanto riguarda il processo di conversione, Dragon Quest 1 (così come i successivi episodi) è sostanzialmente lo stesso capitolo visto alcuni anni fa su PlayStation 4 e sistemi mobile. Lo stile grafico offre ancora una volta quello strano ibrido tra personaggi in 2D ben definiti e classiche ambientazioni scandite da pixel enormi tipici della tradizione a 8-bit. La scelta risulta però alquanto sgradita all’occhio, visto che sarebbe bastato uniformare i fondali di gioco (magari aggiungendo anche qualche animazione ai vari nemici, i quali rimarranno immobili durante gli interminabili scontri) per rendere il comparto estetico e tecnico quantomeno originale. Fortuna vuole che le musiche di Koichi Sugiyama sono state invece arrangiate – e orchestrate – a dovere (sebbene il primo capitolo offra sempre le stesse tracce in loop, cosa piuttosto fastidiosa sulla lunga durata).

+ Pur sempre un grande classico.

+ Ottima colonna sonora

- Meccaniche di gioco davvero arcaiche.

- Lavoro di restyling non al top.

7.0

Al netto della sua impostazione da JRPG preistorico (sia dal punto di vista tecnico che come ossatura ludica), Dragon Quest I per Nintendo Switch ha dalla sua quel fascino indiscutibilmente retro che non potrà non mandare in brodo di giuggiole i fan più sfegatati, o magari anche molti giocatori più giovani che hanno imparato a conoscere la serie “rivale” di Final Fantasy solo in epoca moderna (magari proprio con il bellissimo Dragon Quest XI S: Echi di un’era perduta). Questo perché non si può conoscere il presente senza avere avuto a che fare con il passato.

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