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Dark Devotion, provato il connubio tra Castlevania e Dark Souls

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Avatar di Nicolò Bicego

a cura di Nicolò Bicego

Redattore

Pubblicato il 25/08/2018 alle 00:00
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Durante la Gamescom 2018 abbiamo anche avuto modo di provare titoli provenienti da piccoli studi, giunti magari per la prima volta a presentare un loro prodotto a una fiera così importante. È questo il caso di Hibernian Workshop e del loro Dark Devotion, un titolo che prende dichiaratamente ispirazione da titoli storici come Castlevania e Dark Souls, aggiungendo una pennellata di Lovecraft e Poe per quanto riguarda le atmosfere e la narrazione.  Abbiamo provato un livello del gioco: siete pronti ad addentrarvi in questo lugubre tempio?
Ah, non è il castello di Dracula
Non ci è stato svelato molto sulla storia di Dark Devotion: gli sviluppatori ci hanno parlato delle loro influenze, su tutte quelle di H. P. Lovecraft e E. A. Poe, piuttosto che della storia in sé, preferendo lasciare il comparto narrativo avvolto nel mistero. Quello che sappiamo è che tutto ruota intorno ad un enigmatico tempio, tanto imponente quanto lugubre e spettrale. Nei panni della protagonista dovremo esplorare ogni anfratto di questo edificio. Se nel vederlo vi capiterà di pensare al castello di Dracula della serie Castlevania, in una qualsiasi delle sue diverse incarnazioni, sappiate che non siete i soli: la nostra prima impressione è stata quella di trovarci di fronte proprio a un erede della (s)fortunata serie Konami, tanto per via dell’ambientazione e dell’atmosfera quanto per il gameplay, su cui torneremo in seguito. Come abbiamo detto, però, in questo caso ci troviamo di fronte ad un tempio: un luogo di preghiera, solitamente connesso alla speranza piuttosto che alla paura. Invece qualcosa non va in questo tempio: le persone che affrontano i suoi corridoi per provare al Dio la loro devozione non fanno ritorno, e le leggende che circolano sul suo conto sono tutt’altro che fiabe da raccontare ai bambini nelle loro notti insonni. Nessuno sa cosa si celi davvero tra quelle mura: la storia vuole, però, che all’interno del tempio abbia vissuto l’ultimo Re, circondato dalle sue guardie. Un enigma tutto da risolvere, dunque: starà a noi addentrarci nel tempio, nel tentativo di carpirne i segreti senza perdere la vita nel tentativo. Graficamente, il titolo si presenta come un adventure a due dimensioni in pixel art, una scelta stilistica con cui ci siamo abituati ad avere familiarità negli ultimi anni. Ciò che fa la forza di Dark Devotion è la direzione artistica: il design delle ambientazioni quanto dei nemici riesce a convincere, raggiungendo un giusto compromesso tra fedeltà alle fonti di ispirazione e originalità, almeno per quanto abbiamo potuto vedere nel livello che ci è stato mostrato.
Quando Dark Souls incontra Castlevania
Come dicevamo, l’influenza di Castlevania su Dark Devotion non si limita all’ambientazione e all’atmosfera, ma anche al gameplay. Ci troviamo infatti di fronte ad un tipico metroidvania: un action-adventure con numerose stanze e corridoi da esplorare, tutti collegati tra loro, con segreti che spesso richiedono di tornare sui propri passi con nuove abilità per essere scoperti. A differenza di Castlevania, però, gli sviluppatori hanno optato per dividere il gioco in mondi piuttosto che offrire un unico, gigantesco dungeon; una scelta che ci incuriosisce, ma che non abbiamo potuto testare con mano. Se l’esplorazione gioca un ruolo importante in Dark Devotion, lo stesso può dirsi dei combattimenti. È qui che si fa sentire l’influenza di Dark Souls: non solo per la presenza di una barra della stamina, ma anche per la lentezza dei combattimenti, che si avvicinano più ad una versione in due dimensioni dei titoli From Software più che a quanto visto nella serie di Castlevania. Ogni scontro sarà potenzialmente mortale, per cui dovremo valutare bene le nostre possibilità prima di ingaggiare un nemico in combattimento. Gli sviluppatori hanno voluto puntare su un livello di sfida calibrato verso l’alto che però, stando alle loro parole, sarà meno punitivo rispetto a quanto visto nella serie Souls. Sconfiggere un nemico significherà accumulare punti per la nostra Faith Bar: essi potranno essere utilizzati per sbloccare stanze bloccate, che possono contenere potenziamenti ed oggetti utili. Evitare un combattimento, dunque, non sarà sempre la scelta giusta, in quanto potremo presto trovarci di fronte ad un passaggio bloccato senza avere abbastanza punti per aprirlo. A complicare le cose interviene un ulteriore fattore, costituito dalle maledizioni e dalle benedizioni. Durante il gioco, infatti, il Dio potrebbe decidere di premiarci o punirci con dei modificatori per le nostre statistiche, che andranno ad incidere pesantemente sul modo in cui ci dovremo approcciare alle stanze successive. La nostra prova si è conclusa con una boss fight: uno scontro tanto semplice nella struttura quanto complesso nell’esecuzione, che ci ha portati a morire più e più volte di fronte ai colpi del nostro avversario. Tutti questi elementi, sommati insieme, ci hanno dato l’impressione di trovarci di fronte ad un erede spirituale di Castlevania, che pur non disdegnando influenze esterne, come quella della serie Souls, riproduce nella struttura quanto di buono visto nella serie Konami, aggiungendo tocchi personali ad una formula rodata. Per questo, non vediamo l’ora di tornare nuovamente in quel lugubre tempio, cercando di svelare finalmente i segreti che lo circondano.

– Direzione artistica convincente

– Gameplay solido

Nella nostra breve prova, Dark Devotion ci ha ricordato da vicino Castlevania, tanto per la sua ambientazione ed atmosfera quanto per il suo gameplay. Nonostante ciò, il titolo di Hibernian Workshop mostra di avere una sua personalità, grazie a dei piccoli accorgimenti che vanno a modificare la rodata formula metroidvania, con una strizzata d’occhio alla serie dei Souls. Non possiamo che consigliarvi di seguire insieme a noi gli sviluppi di Dark Devotion: potremmo trovarci di fronte ad una piacevolissima sorpresa.

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