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Immagine di Astral Chain: cyberpunk, anime, Evangelion, e tutti i “gimmick” di Platinum Games
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Astral Chain: cyberpunk, anime, Evangelion, e tutti i “gimmick” di Platinum Games

Primo impatto con la personalità di Astral Chain e le sue caratteristiche, in vista dell'arrivo su Nintendo Switch

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Avatar di Valentino Cinefra

a cura di Valentino Cinefra

Ex Staff Writer

Pubblicato il 25/08/2019 alle 16:41 - Aggiornato il 30/09/2019 alle 12:09
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Il Verdetto di SpazioGames

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In questa prima analisi, del tutto preliminare, di Astral Chain volevamo raccontarvi quanto fosse interessante l’impianto estetico e narrativo costruito da Platinum Games. Character design, i tropi del cyberpunk, la colonna sonora, ed infine le chicche di gameplay che faranno ingolosire gli appassionati della storia videoludica dello studio nipponico. Tra qualche giorno vi daremo il verdetto definitivo su Astral Chain, ma per quello che abbiamo visto finora si tratta di un titolo che è senz’altro tra i più affascinanti che Platinum Games abbia prodotto.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Astral Chain
Astral Chain
  • Sviluppatore: Platinum Games
  • Produttore: Nintendo
  • Distributore: Nintendo
  • Piattaforme: SWITCH
  • Generi: Azione
  • Data di uscita: 30 agosto 2019

Uno degli aspetti più caratteristici di Astral Chain è senza dubbio l’estetica. Tra il character design iconico di Masakazu Katsura ed il cel shading semi-realistico, il nuovo titolo di Platinum Games è praticamente un anime videoludico. Non che il team non abbia mai sperimentato con questo stile, se pensiamo a Transformer Devastation, il titolo sulle Tartarughe Ninja di qualche anno fa, e volendo andare ancora più indietro (sebbene il tema era parzialmente diverso) il mai troppo osannato Viewtiful Joe.

Ma Astral Chain è un anime anche perché, dopo il prologo che ci tuffa direttamente nell’azione, c’è una cut-scene costruita come fosse l’opening di un cartone animato giapponese. Ed oltre alla messa in scena generalmente tarata verso l’eccesso, la spettacolarità delle sequenze d’azione, delle mosse, durante l’avventura ci sono almeno un paio di trovate che fanno facilmente immaginare come il titolo di Platinum Games non possa sfigurare nel palinsesto di un’emittente giapponese specializzata di animazione.

Character design, la capacità dello studio giapponese di raccontare per immagini l’azione più galvanizzante possibile, ma soprattutto il cyberpunk, di cui Astral Chain è pregno. Una tipologia di racconto, e prima ancora di estetica, che sta prendendo sempre più piede ed esploderà, con tutta probabilità, con l’arrivo di Cyberpunk 2077 di CD Projekt RED. Il mondo di Astral Chain richiama all’occhio istantaneamente tutti i tropi del cyberpunk moderno. Dal vestiario che richiama i giubbotti gonfi del passato insieme a gadget come occhiali dotati di scanner, computer con schermi quasi olografici, ed ovviamente una città iper-tecnologica nella sua totalità, una plausibile ricostruzione di una metropoli proiettata svariate decine di anni avanti nel futuro. Il futurismo passa anche per la colonna sonora, che pur non avendo delle tracce iconiche o particolarmente evocative, per quello che abbiamo sentito è perfettamente in linea con l’atmosfera. La traccia che fa da sottofondo alle sezioni nel distretto dell’unità Neuron ci ha già conquistato alle prime due note, mentre le fasi d’azione sono accompagnate da chitarre elettriche, suoni sintetici e retrowave tirata a lucido (cromata, oseremmo dire!) per entrare perfettamente nel mondo cyberpunk di Astral Chain.

Nonostante la citata propensione all’estetica tipica delle opere più famose dell’animazione giapponese (dove Neon Genesis Evangelion è solo l’omaggio più palese, narrativo e non solo…), Astral Chain riprende molte delle idee delle opere di genere occidentali. Una tra tutte l’idea, sempre funzionale e che non passerà mai di moda, di mettere al centro del racconto una forza di polizia in un mondo che sembra essere sempre sul punto di perdere il controllo. Che sia il lupo solitario di un Blade Runner, o il classico poliziotto di una storia noir-futuristica, Astral Chain si appoggia sul fascino innegabile della legge contro il caos.

Certo in questo caso parliamo di poliziotti in grado di schierare delle creature addomesticate, agenti in grado di combattere tra evoluzioni acrobatiche incredibili che stracciano qualsiasi libro di fisica, ma poco importa: Astral Chain è per prima cosa riuscitissimo esercizio di stile visivo. Graficamente il lavoro è appagante, a differenza del classico cel shading, in questo caso la volontà di costruire dei modelli realistici (sempre per l’estetica anime di cui sopra) aiuta molto a rendere l’intero impianto visivo più piacevole. C’è molto di Zetman e DNA, per chi conosce le opere di Masakazu Katsura, visibile più in particolare in come sono curati i Legion e le Chimere. In questo senso, l’unica perplessità per ora è su una non eccessiva varietà in termini di creature e mostruosità che si affrontano durante l’avventura. C’è chiaramente uno stile unico nelle Chimere, voluto a rendere l’idea di una vera e propria razza, ma manca quella varietà che abbiamo visto in altre opere di Platinum Games.

Parlando del passato, Astral Chain è anche una splendida enciclopedia di tutto ciò che Platinum Games ha saputo costruire nella sua carriera, e prima ancora che lo studio esistesse. Nel complesso impianto ludico del gioco, talmente tanto che, nelle note forniteci per la recensione, ci è stato consigliato fortemente di controllare frequentemente il tutorial d’addestramento che si aggiorna più volte fino ad un certo punto, ritroverete idee, concept, oppure a volte singole meccaniche della stragrande maggioranza dei lavori dello studio. Quelle che nel gergo potremmo chiamare “gimmick”, quei singoli strumenti intorno a cui Platinum Games sviluppa i suoi videogiochi, moltiplicando poi il risultato in maniera esponenziale. La schivata di Bayonetta, gli effetti speciali di Viewtiful Joe, la scivolata di Vanquish, la gestione delle unità di Wonderful 101, la parata di Metal Gear Rising… e così via, avete capito di cosa stiamo parlando.

Non parliamo però, come potreste essere portati a pensare, di un mix poco elegante ed ispirato di idee ma, anzi, di un chiaro lavoro nel voler capire quali tra le tante partorite dallo studio possano essere le costruzioni di gameplay che funzionino di più insieme. Gli appassionati dei videogiochi Platinum Games riconosceranno istantaneamente elementi presi da Okami, Viewtiful Joe, Wonderful 101, Bayonetta, Metal Gear Rising, ma anche Nier: Automata (dal lavoro creato dalla mente di Taro Yoko non prende solo il gameplay, ma ne parleremo durante la recensione) ed ognuna delle parti di quella che è la storia videoludica dello studio. I cinque Legion, in particolare, sono l’equivalente delle tante armi che solitamente si trovano negli action di Platinum Games, visto che stavolta il protagonista ne ha di suo solamente due, in questo caso. La progressione degli stessi è molto stratificata, a tratti anche troppo volendo, e va di pari passo con il fatto che Astral Chain non è la classica avventura che vi aspettereste da Platinum Games. Ma di questo parleremo tra qualche giorno.

In questa prima analisi, del tutto preliminare, di Astral Chain volevamo raccontarvi quanto fosse interessante l’impianto estetico e narrativo costruito da Platinum Games. Character design, i tropi del cyberpunk, la colonna sonora, ed infine le chicche di gameplay che faranno ingolosire gli appassionati della storia videoludica dello studio nipponico. Tra qualche giorno vi daremo il verdetto definitivo su Astral Chain, ma per quello che abbiamo visto finora si tratta di un titolo che è senz’altro tra i più affascinanti che Platinum Games abbia prodotto.

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