Immagine di Yomawari: Lost in the Dark | Recensione - Il lato oscuro della memoria
Recensione

Yomawari: Lost in the Dark | Recensione - Il lato oscuro della memoria

La serie survival horror di Nippon Ichi Software è tornata per spaventarci di nuovo. A distanza di otto anni dall'esordio la formula funziona ancora?

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a cura di Francesco Bellacicco

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Yomawari: Lost in the Dark
Yomawari: Lost in the Dark
  • Sviluppatore: NIS America
  • Produttore: NIS America
  • Distributore: Plaion
  • Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 12 ottobre 2022

La serie di Yomawari è un ottimo esempio di come le apparenze possano ingannare. L'inusuale ma vincente connubio tra un character design prettamente kawaii e il genere survival horror torna in Yomawari: Lost in the Dark, terzo capitolo della saga firmata Nippon Ichi Software. A partire dal 2015, anno di pubblicazione del primo episodio su PC e PS Vita, il brand ha difeso gelosamente una forte identità estetica, proponendo al contempo un gameplay inconfondibile, seppur tutt'altro che rivoluzionario.

A quasi otto anni dall'esordio, Yomawari: Lost in the Dark è la prima iterazione della serie a non vedere la luce sulla sfortunata PS Vita, ritirata dal mercato nel 2019. Trattandosi di un prodotto che ben si presta alla fruizione su console handheld, l'approdo su Nintendo Switch di tutta la trilogia (Night Alone e Midnight Shadows sono disponibili in The Long Night Collection) si è rivelata una scelta vincente. PS4 è invece l'unica piattaforma a rimanere orfana del primo episodio, ma non del secondo e del terzo, lanciati anche su PC.

È ancora presto per sapere se Yomawari si congederà dagli scaffali come un trilogia o se Nippon Ichi Software porterà avanti il brand. Intanto vediamo come se la cava la piccola Yuzu in questa nuova avventura tra le lugubri strade di una piccola cittadina della provincia giapponese.

Yuzu e la maledizione

Tranquilli, se non avete avuto modo di giocare i primi due Yomawari non c'è nulla da temere: questa terza incarnazione non ha connessioni rilevanti con le precedenti, a eccezione del ritorno di qualche creatura (parecchie, in realtà) e di alcune dinamiche – tranne una – rimaste pressoché invariate. Yuzu, la protagonista principale, è esteticamente molto simile ai personaggi di Night Alone e Midnight Shadows, ma stavolta potremo personalizzarla a nostro piacimento, modificandone capigliatura, abiti, accessori e addirittura il nome.

La storia ha inizio nel bagno di una scuola, e fin dalle prime battute mostra una forte dose di drammaticità. Emotivamente parlando le premesse non sono delle migliori, con la piccola Yuzu messa a dura prova da una serie di eventi davvero poco piacevoli. Il lungo incipit funge anche da tutorial, finalizzato a introdurre una revisione della meccanica dei nascondigli, modificata per consentire di chiudere gli occhi senza rinunciare al movimento (nei capitoli precedenti una cosa escludeva l'altra).

Ricorrere a questa abilità si rivelerà indispensabile per superare alcune sezioni, ma non sarà mai del tutto fondamentale durante le fasi free roaming nella città. Il gesto di chiudere gli occhi non si esaurisce nello svecchiamento di una feature che da sempre caratterizza la serie, ma si ricollega da una parte a quel lost in the dark che troviamo nel titolo, e dall'altra a ciò che la storia si propone di raccontare.

Yuzu è infatti tormentata da gravi amnesie che non le permettono di ricordare alcuni momenti chiave del suo passato. È la sua mente a essere lost in the dark, persa in un oscuro e insondabile disordine che impedisce alla protagonista di mettere insieme le schegge di memoria necessarie per rompere una terribile maledizione.

A eccezione dei flashback, gli avvenimenti di Yomawari: Lost in the Dark si svolgono nel corso di una sola notte, durante la quale Yuzu avrà a disposizione solo sei ore per portare a termine il suo compito.

Malgrado la presenza di un orologio da taschino in bella mostra nel menu di pausa possa trarre in inganno, non si tratta di sei ore calcolabili in tempo reale, bensì di una premessa narrativa finalizzata a suggerire un senso di urgenza che si riflette più nell'intreccio che nel gameplay. Una volta trascorsi i fatidici trecentosessanta minuti, infatti, la maledizione diventerà irreversibile e non ci sarà più alcuna possibilità di salvezza per Yuzu e la ragazza dai capelli verdi che conta sul suo aiuto.

Senza svelare troppe informazioni sulla trama – abbastanza intricata e particolarmente avara di chiarimenti per tre quarti del gioco – vi assicuriamo che il prezzo del biglietto vale la pena sia per chi ha apprezzato Night Alone e Midnight Shadows, sia per chi si approccia per la prima volta alla serie di Nippon Ichi Software.

Discorso analogo per gli amanti dei survival horror che, se disposti ad armarsi di una buona dose di pazienza per unire i puntini della narrazione, troveranno in questo terzo capitolo un prodotto valido.

Occhi chiusi, orecchie aperte

Escludendo la possibilità di modificare l'aspetto della protagonista, feature che, controller alla mano, non influenza in alcun modo l'esperienza generale, la meccanica degli occhi chiusi rappresenta l'unica vera "novità" sul versante del gameplay di Yomawari: Lost in the Dark (potete trovarlo su Amazon in versione PS4), il quale ci ricorda ancora una volta come la serie sia, nel bene e nel male, restia al cambiamento.

Se tale coerenza trova motivo d'essere nel voler proporre un'esperienza survival horror dura e pura, è anche vero che la freschezza del brand comincia a venir meno sotto il peso del tempo, e a pagarne il prezzo sono gameplay e level design.

Molti elementi visti nel capostipite e nel suo sequel tornano infatti in questo nuovo episodio, che si tratti di spiriti (o yokai, se preferite usare il termine originale giapponese), di oggetti quali pietre, monete da 10 yen, statue Jizo o dell'iconica torcia. Il medesimo appunto vale per il design della città, fin troppo simile a quanto visto in passato.

Questa esplicita ripetitività non è necessariamente un male – anzi, guardando al risultato finale con gli occhi di un fan della serie potrebbe essere anche letta come un marchio di fabbrica, e funziona a dovere con chi si approccia per la prima volta a un episodio di Yomawari. Ciò non toglie che, al netto di un'esperienza soddisfacente e più longeva rispetto alle precedenti iterazioni, la presenza di un ingombrante effetto déjà-vu inizia a farsi sentire.

Nonostante parametri quali la barra della stamina e il battito cardiaco (più aumenta la sua frequenza, più gli spiriti sono vicini) siano rimasti del tutto invariati rispetto al passato, Yomawari: Lost in the Dark ha il merito di aver ridefinito – o meglio, perfezionato – la meccanica della fuga.

Come accennato in precedenza, la protagonista non potrà più nascondersi in carcasse di macchine, cespugli o casse, ma chiudendo gli occhi rileverà i fantasmi sotto forma di nebbia rossa senza rinunciare al movimento, che in queste fasi risulterà molto rallentato per aumentare il senso di oppressione.

Si tratta di una scelta atta a ridurre i tempi morti (nei primi due capitoli gli occhi si chiudevano automaticamente dentro i nascondigli, dove non era possibile muoversi, se non per fuggire) che ben si sposa con una longevità più consistente del solito e una maggiore propensione all'esplorazione, da sempre fulcro della proposta di Yomawari.

Se prima era necessario nascondersi e memorizzare i pattern di movimento degli avversari per poi fuggire, adesso per evitare alcuni nemici basterà continuare a muoversi ad occhi chiusi, prestando maggiore attenzione a suoni e movimenti.

Ricordare, ma cosa?

I ricordi e le amnesie di Yuzu sono legati a una serie di oggetti sparsi per la città, indispensabili per sbloccare tutte le aree esplorabili. In quest'ottica l'impostazione free roaming del titolo funziona proprio perché messa al servizio del gameplay, e non dà mai l'impressione di sentirsi guidati o spaesati.

Per tre quarti dell'avventura una fitta nebbia renderà inaccessibili (pena la morte entro pochi istanti) le zone non ancora sbloccate dall'oggetto/ricordo corrispondente, restituendo una cittadina totalmente visitabile solo durante le fasi finali e nel postgame.

Perlustrare cimiteri, strade deserte, tunnel, foreste di bambù, grotte e molte altre location in cerca dei ricordi di Yuzu consente di apprezzare la splendida direzione artistica di Yomawari: Lost in the Dark. Seppur estremamente simile a quanto la serie ha già offerto in passato e minato da qualche texture sottotono, lo stile fumettistico continua ad arricchire l'esplorazione, accompagnata da un sound design che, nella sua semplicità, funziona a dovere.

A esclusione di alcuni filmati e del menu principale, il titolo di Nippon Ichi Software è (quasi) completamente privo di colonna sonora, scelta che lascia campo libero a suoni ambientali inframezzati da urla agghiaccianti, rumori di passi e una lunga serie di versi non identificabili.

Al primo avvio il gioco ci suggerisce di indossare delle cuffie (e ci troviamo assolutamente d'accordo) per poi invitarci a regolare il volume in modo da non perderci nulla di quanto ha da offrirci.

In merito al sistema di progressione, Yomawari: Lost in the Dark non si discosta dai suoi predecessori. Combattere gli spiriti faccia a faccia è ancora una volta impossibile, con la corsa e la luce della torcia a fare da unici strumenti per mettersi in salvo.

Ricorrere a un uso smodato della stamina nei momenti più concitati – come le boss fight o gli incontri con spiriti molto veloci – si tradurrà facilmente in morte certa. Le fasi trial and error sono piuttosto appaganti e, nonostante richiedano un'attenzione e una precisione maggiori nelle fasi di gioco più avanzate, non risultano mai frustranti.

Conoscendo la serie, stavolta il fattore longevità è meritevole di un plauso. Per completare il titolo saranno necessarie circa quattordici ore, che aumenteranno nel caso in cui si decida di esplorare nuovamente le location in cerca dei collezionabili mancanti.

Gli oggetti da raccogliere sono tanti, anche se la maggior parte di essi è indispensabile per portare avanti la storia, e quindi facilmente reperibile. Ciò non toglie che continuare a percorrere le strade infestate in cerca di oggetti smarriti costituisce una scusa accettabile per trascorrere qualche ora in più con il gioco.

Il livello di sfida è ben calibrato, con qualche picco (mai eccessivo) nelle location più avanzate e in particolare nella battaglia finale, che potrebbe mettere a dura prova la pazienza dei meno avvezzi alle fatiche videoludiche.

A (quasi) ogni ricordo corrispondono un'area e una boss fight dedicate, alcune molto riuscite, altre un po' meno, a causa di una certa somiglianza nei meccanismi di risoluzione degli enigmi e nelle strategie da adottare durante gli scontri.

Il potere della memoria

La memoria gioca un ruolo fondamentale in Yomawari: Lost in the Dark, ma i ricordi di Yuzu non sempre si dimostreranno affidabili, conducendola in un vortice di situazioni solo apparentemente sconnesse, tra le quali si cela la verità su un passato che ha involontariamente rimosso.

La scelta di proporre una storia ermetica fin quasi ai titoli di coda rischia di far storcere il naso a quanti si aspettano di trovare una tensione narrativa che faccia da carburante alle gesta della giovane protagonista, e a scanso di equivoci è bene evidenziare che il titolo ha un falso finale: per sbloccare quello corretto sarà necessario applicare le consuete meccaniche, ma in modo inspiegabilmente controintuitivo.

Una volta raggiunto il vero finale, farsi un'idea precisa di quanto accaduto non sarà immediato, e un improvviso infodump condito da qualche buco narrativo di troppo non aiuta di certo. Decifrare l'intreccio è comunque possibile ma, a causa di alcuni passaggi fin troppo involuti, difficilmente si arriverà a sviluppare un rapporto di empatia con i protagonisti.

Tralasciando queste incertezze, il titolo si difende comunque sufficientemente bene per essere una favola dark senza grandi pretese, pur non spiccando per la qualità della trama. Il prodotto di Nippon Ichi Software punta molto sulle atmosfere e sulle suggestioni perturbanti, lasciando in secondo piano la possibilità di raccontare una storia degna di essere ricordata.

Per quanto ci riguarda, rimaniamo in ogni caso in attesa di un eventuale quarto episodio, con la speranza di trovare un brand finalmente pronto a guardare al futuro.

Versione recensita: PS4

Voto Recensione di Yomawari: Lost in the Dark - Recensione


7.1

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Trama gradevole...

  • Direzione artistica impeccabile

  • Qualche gradita, seppur timida, novità

  • Longevità migliorata rispetto al passato

Contro

  • ... ma con qualche buco e incertezza di troppo

  • Le analogie con i capitoli precedenti iniziano a farsi sentire

  • Diventa controintuitivo nelle fasi finali

Commento

Yomawari: Lost in the Dark è un terzo capitolo buono ma non ottimo. Da parte di Nippon Ichi Software si percepisce una certa pigrizia nel level design e uno sguardo rivolto quasi esclusivamente al passato sul versante del gameplay. Nonostante ciò, questa nuova iterazione è in grado di dare ai fan di vecchia data esattamente ciò che si aspettano e non mancherà di suscitare la curiosità di chi non si è ancora avvicinato alla serie. Peccato per una trama poco coinvolgente, minata da qualche incertezza di troppo e da un ritmo non ottimale. La buona direzione artistica e una longevità di tutto rispetto salvano il titolo, ma un eventuale quarto episodio dovrà osare di più.
***

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