Immagine di Project Zero Mask of the Lunar Eclipse | Recensione - Orrore e pigrizia
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Project Zero Mask of the Lunar Eclipse | Recensione - Orrore e pigrizia

Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse arriva finalmente anche dalle nostre parti: vediamo come se la cava nella nostra recensione.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse
Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse
  • Sviluppatore: Koei Tecmo
  • Produttore: Koei Tecmo
  • Distributore: Koei Tecmo
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , SWITCH , WII , PS5
  • Generi: Survival Horror
  • Data di uscita: 31 luglio 2008 (Giappone) - 9 marzo 2023

Originariamente pubblicato su Nintendo Wii nel 2008, limitatamente al solo territorio giapponese, Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse rimane uno degli episodi più amati dai fan della serie horror di Koei Tecmo – e questo nonostante le vendite non entusiasmanti avessero fin qui indotto il publisher a non proporlo al di fuori dei confini nipponici.

Fortunatamente per tutti gli appassionati di survival horror, Koei Tecmo è tornata su questa decisione e pubblicherà una versione rimasterizzata del titolo per tutte le principali piattaforme sul mercato, PC incluso, il prossimo 9 marzo.

Ci siamo addentrati per voi tra le nebbie dell'inquietante isola di Rogetsu, camera obscura alla mano, e quella che segue è la nostra recensione della versione Xbox di Mask of the Lunar Eclipse.

Moonlight Syndrome

Il destino di cinque ragazze, misteriosamente scomparse dai loro letti di ospedale nel 1970 sulla sinistra isola di Rogetsu, al largo del Giappone, è al centro delle terribili vicende raccontate in Mask of the Lunar Eclipse.

Salvate da un poliziotto, che le ritrova nelle grotte al di sotto della clinica dov'erano ricoverate mentre indossano strani abiti cerimoniali, le ragazze tornano, almeno apparentemente, ad una vita normale con il passare degli anni.

Eppure il lieto fine è solo un'apparenza, sia per gli abitanti dell'isola sia per le cinque sventurate; i primi, in seguito ad un misterioso incidente avvenuto due anni dopo il salvataggio delle ragazze, scompaiono misteriosamente nel nulla, in quella che la polizia classifica come una non meglio identificata epidemia di massa.

Le seconde, angustiate dagli avvenimenti e dai ricordi legati al loro soggiorno sull'isola, vanno incontro a destini diversi ma uguali nella loro disperazione: due di loro perdono la vita in giovane età, apparentemente suicide, e il giocatore inizia la sua avventura nei panni di altre due di loro, Madoka Tsukimori e Misaki Aso, convinte di essere le prossime della lista.

Alla macabra festa si uniranno altri due personaggi con il passare dei capitoli, ovvero la quinta componente del gruppo delle ragazze rapite, Ruka Minazuki, e il poliziotto che le salvò dalle grinfie di un presunto serial killer, Choshiro Kirishima, a formare un titolo corale che prosegue idealmente la lunga tradizione del franchise.

Come e più che in altri titoli della serie, questo capitolo spinge forte su tematiche adulte e si rivela da subito inquietante e disturbante, non solo per il coinvolgimento di bambini, ma anche per l'efferatezza dei delitti commessi e portati alla luce dalle investigazioni del giocatore.

Quella che inizialmente appare come una storia confusa e sfilacciata, un puzzle a cui mancano diversi tasselli, va infine a comporsi con la medesima lentezza che scandisce l'andatura delle protagoniste del gioco, aggiungendo particolari raccapriccianti e svelando nuovi orrori dietro ogni porta.

Per molti versi, il livello di scrittura (a cui, lo ricordiamo, contribuì anche Goichi Suda) è il più alto raggiunto dal franchise, sebbene lo storytelling e le tematiche siano abbastanza canonici per gli appassionati di horror giapponese, tanto cinematografico quanto letterario.

Nondimeno, e al netto dell'assenza della nostra lingua, assente anche dalla sottotitolazione, l'intreccio dietro Mask of the Lunar Eclipse merita di essere seguito e spinge il giocatore sempre oltre la prossima porta, a recuperare tutti i documenti di testo, che forniscono retroscena e particolari e ad abbeverarsi con continuità alla fonte della narrativa ambientale che il gioco lascia fluire sin dalle prime battute.

Come da consolidata tradizione per la serie, poi, il fatto che la trama sia pienamente autoconclusiva e non rimandi ad alcuno degli episodi passati favorisce anche i neofiti, che potrebbero scoprirsi fan della serie anche nel 2023, a patto di essere a proprio agio con almeno una lingua tra inglese, francese e tedesco.

Ancora un classico

Togliamo subito il dente che duole: oltre ad un (contenuto) ammodernamento grafico, che tratteremo più approfonditamente nel paragrafo successivo, le uniche, vere novità di questa riedizione sono rappresentato dall'introduzione di una modalità fotografica, ovvia vista la natura del titolo ma non così di moda ai tempi della pubblicazione originaria, ed una nutrita serie di costumi ed accessori aggiuntivi, alcuni ottenibili tramite il pre-ordine digitale del gioco, altri direttamente dallo shop in-game – che non utilizza microtransazioni ma la valuta interna del gioco, ottenibile semplicemente facendo secchi gli spiriti che incontrerete durante l'avventura.

Per il resto, si tratta del medesimo survival horror visto due generazioni di console fa, lento nei ritmi, nell'incedere delle sue protagoniste e nel proporre qualche puzzle logico senza mai rischiare di premere troppo il piede sull'acceleratore.

Eppure, nonostante tutto, il gameplay funziona ancora egregiamente: l'esplorazione è abbastanza limitata, soprattutto durante le prime fasi di gioco, ma si apre un po' nella seconda metà, con tanto di piccole quest opzionali e finanche un paio di boss facoltativi, uno dei quali potrebbe mettere a dura prova i riflessi dei giocatori più navigati, qualora decidano di giocare al massimo livello di difficoltà.

Si procede lungo una serie di ambientazioni tutte connesse a formare un unico incubo organico, all'interno del quale si muovono decine di spiriti, non tutti ostili, e sono nascosti segreti insanguinati che aspettano solamente di essere riportati alla luce.

I capisaldi di questa formula sono la prontezza di riflessi, per fotografare tutto il fotografabile prima che scappi via, e la capacità di gestire incontri multipli spesso in spazi assai ristretti, con i nemici che spuntano dalle fot*ute pareti (letteralmente) ma che non infliggono mai danni tali da rendere l'esperienza frustrante o ingiusta.

C'è anche una leggera componente ruolistica, dal momento che è possibile potenziare la fida Camera Obscura applicando delle lenti speciali, ognuna con delle abilità specifiche, e potenziandone le funzioni base, come i danni inflitti ai fantasmi o i tempi di ricarica.

Come i recenti remake della serie Resident Evil hanno dimostrato, la formula classica dei survival horror è invecchiata piuttosto bene e funziona ancora alla grande, ammesso che si sia disposti ad accettare determinate limitazioni e che non si pretenda di sparare come si fosse in un third person shooter.

Le limitazioni, allora, sono legate alla traslazione del control scheme proposto all'epoca su una piattaforma peculiare come Wii e alla scelta del team di sviluppo di non approfondire aspetti che avrebbero facilitato la vita ale nuove leve videoludiche, a partire dalla pochezza dei tutorial.

Per quanto concerne il primo aspetto, confessiamo di aver impiegato un paio di orette a scendere a patti con la nuova mappatura dei comandi senza accumulare errori: nessuna delle due opzioni proposte risulta ideale, a nostro avviso, e abbiamo finito con l'optare per lo schema denominato Action che consente di estrarre la Camera Obscura alla pressione del grilletto sinistro e di scattare foto col destro, a mo' di uno sparatutto in prima persona.

Abbiamo ripetutamente litigato con la funzione che consente di ruotare di 180° alla pressione dell'analogico destro, che ha portato a diverse inversioni a U non volute – e, in generale, abbiamo trovato piuttosto macchinose le soluzioni adottate dagli sviluppatori.

Nulla che un po' di pratica non abbia risolto, beninteso, ma impiegare un'oretta e mezza o due ad acclimatarsi ad un sistema di controllo, sulle quindici totali di durata complessiva, ci è sembrato un po' troppo.

Riguardo ai tutorial, abbiamo trovato che riproporre quelli dell'epoca lasci qualche zona d'ombra di troppo, non spiegando a fondo alcune meccaniche e lasciando all'applicazione del pubblico determinati aspetti: non un peccato mortale ma approfondirli e renderli più chiari avrebbe aiutato nuove generazioni di giocatori ad avvicinarsi ad una serie storica come questa.

Nondimeno, non possiamo dire di essere rimasti delusi dalle ore passate in compagnia di Mask of the Lunar Eclipse: un titolo di qualità rimane tale anche a distanza di quindici anni dalla pubblicazione, ma forse qualcosa in più poteva essere fatto per renderlo memorabile anche nel 2023.

Quando il sonoro salva la baracca

Come in occasione della recensione di Maiden of Black Water, l'aspetto tecnico della produzione rimane uno scoglio da superare per quanti volessero calarsi nelle atmosfere da incubo della sperduta isola giapponese: il lavoro di ammodernamento svolto dal team di sviluppo è passabile, ma tutt'altro che superlativo, e l'occhio più attento non faticherà a notare diversi aspetti tralasciati o invecchiati male (o entrambe le cose).

La cura riposta nel rifacimento dei modelli poligonali dei personaggi principali non fa il paio con la legnosità dei loro movimenti e con la grande quantità di texture di superficie in bassa (talvolta bassissima) definizione in cui ci siamo ripetutamente imbattuti; talune superfici, come il legno, risultano poco definite e quando la telecamera si avvicina si nota evidentemente come si riducano ad un ammasso di pixel brutalmente portati a definizioni accettabili per gli standard televisivi odierni.

Non a caso, durante la nostra prova abbiamo preferito la configurazione con una Xbox Serie S collegata ad un monitor gaming 4K da 27 pollici piuttosto che quella canonica con Serie X collegata ad un OLED 4K da 55 pollici, la cui diagonale ampia metteva oltremodo in risalto la pochezza delle ambientazioni e la scarsa definizione di tanti elementi di contorno.

Se, da un lato, queste problematiche non hanno impedito al gioco di restituirci una costante sensazione di inquietudine né di raccontarci una storia malata ed angosciante, dall'altro dispiace che Koei Tecmo non si sia fidata (ancora una volta) della forza commerciale di uno dei suoi brand migliori e più longevi, limitando i suoi interventi al minimo sindacale ed accontentandosi di una pubblicazione esclusivamente digitale per il mercato europeo.

Perlomeno, i bug al lancio che caratterizzarono il debutto del gioco su Wii sono, fortunatamente, un lontano ricordo: il codice finale oggetto di questa recensione si è dimostrato immacolato, giocato in entrambi i formati di casa Microsoft.

Non abbiamo riscontrato cali di frame rate, glitch di alcun tipo né problematiche quali compenetrazioni poligonali o crash improvvisi: la quindicina di ore trascorse sull'isola di Rogetsu sono filate via lisce come l'olio, il che non vuole comunque dire che augureremmo un soggiorno ai nostri lettori.

Bene, anzi benissimo, dal punto di vista del sonoro: come tutti i titoli della serie che l'hanno preceduto, Mask of the Lunar Eclipse vive di rumori di sottofondo, di urla strazianti, di lamenti appena percettibili che diventano brusio di sottofondo e contribuiscono a rendere anche le azioni più semplici, come attivare un interruttore o aprire un baule, dei veri e propri stillicidi di tensione.

Soprattutto giocando con un paio di cuffie di qualità, non si potranno non apprezzare la genialità del sound design e la sua importanza, durante gli scontri con i fantasmi, per determinare la distanza dal bersaglio e la sua posizione all'interno delle ambientazioni.

Se a questo si aggiunge l'ottima prova ale musiche del veterano Masafumi Takada, allora al debutto con questo franchise, ed un doppiaggio giapponese sempre sul pezzo per intonazione e prove attoriali, ecco che il comparto audio riesce a risollevare, quasi da solo, l'aspetto tecnico della produzione, complice una direzione artistica impeccabile, maestra nel creare tensione a partire dalla messa in scena.

Abbiamo apprezzato molto anche l'upgrade di cui ha goduto il sistema di illuminazione, già molto buono all'epoca del debutto su Wii: il fascio di luce della torcia, che accompagnerà le nostre eroine durante tutta l'avventura, vissuta interamente al buio, si poggerà in maniera realistica su oggetti e superfici, e pur in totale assenza di rifrazioni legate agli specchi o ad altre superfici riflettenti, si dimostrerà credibile e ben implementato in tute le circostanze.

Versione recensita: Xbox Series X/Xbox Series SVersione mostrata nella video recensione: PC

Voto Recensione di Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse - Recensione


7.4

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Narrativa disturbante e magnetica

  • Atmosfera da brividi

  • Sound design ancora al passo con i tempi

  • Buona gestione delle luci...

Contro

  • Sistema di controllo macchinoso

  • Alcuni jump scare telefonati

  • ...nel quadro di una remaster piuttosto svogliata

Commento

Project Zero Mask of the Lunar Eclipse rimane, anche a distanza di tre lustri dalla prima pubblicazione, uno dei capitoli più significativi del franchise di appartenenza, nonché un survival horror classico, lento, disturbante, in linea con i dettami del genere di riferimento. Le bontà dell'atmosfera, delle ambientazioni, della storia e dell'ottimo sound design sono intaccate solamente in parte da una rimasterizzazione piuttosto pigra, che si limita a fare il minimo indispensabile per riproporre il titolo sulle console di attuale generazione, e da controlli a cui è necessario abituarsi durante le prime ore di gioco. Un episodio che meritava di sbarcare anche in Occidente e che, seppure non ci arrivi in forma smagliante, rimane un validissimo esponente del filone meno action dei survival horror, dove la paura è più psicologica che fisica. Adesso speriamo che in casa Koei Tecmo qualcuno prenda il coraggio a due mani e ci regali un nuovo capitolo, magari senza risparmiare sui valori produttivi.
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