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I miracoli di Natale #10 – Il cross-play come standard dalla prossima generazione in poi

Caro Babbo Natale, per il 2020 portaci il cross-play – i videogiochi ne hanno bisogno, ma non se ne sono ancora accorti.

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Avatar di Valentino Cinefra

a cura di Valentino Cinefra

Ex Staff Writer

Pubblicato il 21/12/2019 alle 12:00 - Aggiornato il 07/01/2020 alle 10:01
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Il Verdetto di SpazioGames

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Il cross-play è una delle cose che chiediamo nella nostra ideale letterina di Natale. I vantaggi sono indubbi su tanti fronti, e la speranza è che le aziende possano finalmente mettersi il cuore in pace e cominciare a lavorare su questo fronte. Certo non tutti i videogiochi sono adatti a questa feature, ma su quelli per cui non ci sono problemi è necessario che dal 2020 il cross-play diventi uno standard assodato.

Ci sono tante cose che vengono in mente quando si inizia a fare la lista desideri per la prossima generazione di console, e una di queste è il cross-play. Un attimo di Momento Divulgativo Forte® per chi, comprensibilmente, non sapesse di cosa stiamo parlando.

Per cross-play si intende la possibilità di poter giocare ad un videogioco in multigiocatore online anche tra utenti su diverse piattaforme. Se io ed un amico giochiamo a Fortnite su PlayStation 4, Xbox One, PC, Nintendo Switch e dispositivo mobile, il cross-play ci consentirebbe di giocare comunque insieme anche se possediamo il titolo su piattaforme diverse.

Bisogna fare una considerazioni in questo senso. Non tutti i videogiochi sono adatti a essere giocati liberamente tra piattaforme. L’esempio più chiaro sono gli FPS, soprattutto quelli frenetici che richiedono precisione e velocità di esecuzione, come un Overwatch o un Call of Duty. Anche un Fortnite magari, ma vista la sua natura più accessibile è un po’ al limite in questo sottoinsieme.

Banalmente, mouse e tastiera insieme alla possibilità di far volare i frame per secondo su una configurazione PC che, per definizione, non ha limiti, rende l’esperienza di gioco limitante. Sebbene sempre più gli shooter siano pensati anche per essere godibili tramite un gamepad, è innegabile che lo svantaggio in termini di resa in gioco è ancora elevato. Certo, niente vieta di creare una playlist a parte e impedire al cross-play di accedere, ad esempio, alle partite classificate.

minecraft

Un Minecraft per unirli tutti

Il primo, grande esempio di lungimiranza in termini di cross-play l’ha dato Minecraft. Certo, ce n’è voluto di tempo, ma attualmente il titolo campione d’incassi di Mojang, da un po’ nella scuderia Microsoft, è indubbiamente l’araldo del cross-play.

Dopo tanta ritrosia da parte di Sony, anche PlayStation 4 entra nella grande famiglia globale dei giocatori di Minecraft. Con la Minecraft Bedrock Edition, infatti, anche gli utenti presenti sulla console Sony possono giocare in cross-play con Xbox One e Switch.

Ma il titolo di Mojang non è certo l’unico ad usufruire di questa funzione. Ark: Survival Evolved, Dauntless, DC Universe Online e Final Fantasy XIV (parlando di MMORPG), tutti i titoli first party di Microsoft su Game Pass nel programma Play Anywhere, Rocket League, SMITE, Paladins, giusto per citare gli esempi più celebri. Però non è uno standard, né qualcosa che gli sviluppatori, ma soprattutto i platform holder, riescono ad accogliere ancora con semplicità. E, soprattutto, pochissimi dei titoli che hanno tale funzionalità la adottano per tutte le piattaforme.

Di fatto, alle soglie del 2020, il cross-play è una sorpresa, nei multiplayer online. C’è ancora tanta volontà da parte di alcuni platform holder di non inquinare la propria base installata non garantendo il cross-play. D’altronde, parlando di Sony, con la sua quantità siderale di PlayStation 4 vendute ha il proverbiale coltello dalla parte del manico, e non ha nulla di che guadagnare dall’adottare il cross-play ma, anzi, sono gli altri a dover cercare di convincere Sony, e la sua base di giocatori, a confluire nelle proprie utenze.

Il cross-play come prossima evoluzione sociale ed economica

Ma il cross-play porta solo vantaggi. Pensiamo al genere che, per eccellenza, soffre della fisiologica (o meno) emorragia di giocatori online sul lungo periodo: i picchiaduro.

Al di là di sporadici ritorni di fiamma, come un Tekken 7 redivivo e più che vegeto ultimamente, i picchiaduro soffrono di questo problema. Questi sono videogiochi che richiedono tanto impegno e, con il tempo, solo i giocatori più bravi e pazienti riescono a reggere la curva di allenamento richiesta per competere con risultati online. Di conseguenza molti giocatori abbandonano, e come nel proverbiale adagio del cane che si morde la coda, è sempre più difficile che nuovi giocatori entrino in un picchiaduro dopo svariati mesi, se non anni, dalla sua uscita – e il motivo è molto semplice: i server sono popolati quasi esclusivamente da mostri sovraumani.

Provate a giocare ora online a Soul Calibur VI, Dead or Alive 6, Tekken 7, Street Fighter V, Dragon Ball FighterZ, e anche Super Smash Bros. Ultimate: il livello di gioco è altissimo. Aprire le utenze a tutte le piattaforme (con quelli che sono multipiattaforma, almeno), arginerebbe questo problema. Perché se è vero che i giocatori rimasti a mesi di distanza sono comunque forti, all’allargamento dell’utenza la probabilità di non trovarsi davanti una macchina da guerra si abbassa notevolmente.

E questo significa più vendite per il software a distanza di tempo, nonché un maggior supporto alla player base che, in questi titoli, è fondamentale. Vi ricordate cosa dicevamo nella recensione di Dragon Ball FighterZ per Nintendo Switch? Server deserti, per un titolo venduto a prezzo pieno a nove mesi dalla release originale.

the mandalorian

Tutto questo non deve più accadere anche per un altro motivo: le librerie digitali e i servizi in abbonamento. Game Pass, PlayStation Now, e tutti gli altri abbonamenti videoludici che ci sono ed arriveranno (compreso Amazon che è praticamente certo ormai), oltre a Google Stadia che si dovrebbe avvicinare, almeno negli intenti, a questo concetto. Stiamo entrando in un periodo in cui la suddivisione dei titoli in digitale è sempre più frammentaria, e infliggere troppe costrizioni agli utenti porta a una cosa ben precisa: la pirateria.

Lo si è visto di recente con i contenuti audiovisivi, dove proprio l’eccessiva libertà di scelta e relativa suddivisione dei contenuti tra i vari Netflix, Amazon Prime, Infinity, Now TV  e compagnia bella (per non parlare dell’estero dove ci sono già piattaforme come Hulu e Disney+) ha portato gli utenti a “sentirsi costretti” (rigorosamente tra virgolette vista la scorrettezza del gesto) a tornare ad usufruire di Torrent e streaming illegali vari.

Per tutti questi motivi, la prossima generazione di console deve essere pienamente votata al cross-play. Rappresenterebbe un passo importantissimo, enorme e fondamentale, nella consapevolezza sociale ed economica di una industria che viaggia troppo velocemente per rendersi conto di ciò di cui ha bisogno realmente.

Il cross-play è una delle cose che chiediamo nella nostra ideale letterina di Natale. I vantaggi sono indubbi su tanti fronti, e la speranza è che le aziende possano finalmente mettersi il cuore in pace e cominciare a lavorare su questo fronte. Certo non tutti i videogiochi sono adatti a questa feature, ma su quelli per cui non ci sono problemi è necessario che dal 2020 il cross-play diventi uno standard assodato.

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