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Jak and Daxter: Matricole e Meteore #6 - Video Rubrica

Torniamo a uno dei videogiochi più innovativi della sesta generazione, Jak and Daxter The Precursor Legacy, e al suo sconfinato mondo colorato.

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Avatar di Adriano Di Medio

a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Pubblicato il 19/02/2020 alle 10:22
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Il Verdetto di SpazioGames

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Jak and Daxter The Precursor Legacy è il risultato di una software house affermata che ha avuto il coraggio di tornare Matricola. Un videogioco fatto ripartendo quasi da zero, catalizzandovi tutto quello che avevano imparato negli anni precedenti. Ne è uscito forse uno dei migliori videogiochi Naughty Dog in assoluto, che affascina con i suoi colori e la sua atmosfera pacifica, tribale ma riconoscibile. E soprattutto che (finale a parte) stava quasi in piedi da sola, anche in funzione di sequel nati su un epilogo inconcludente. Si tratta di un’opinione, quindi in quanto tale non potrà mai essere vera in senso assoluto, ma mai come in questo caso, il consiglio è uno solo: dategli una possibilità. Non ve ne pentirete.

Bentornati a Matricole e Meteore, la rubrica dedicata ai successi e agli insuccessi inaspettati della videoludica di massa. Dopo il commovente Valiant Hearts e il caricaturale Metal Slug, oggi torniamo di nuovo agli albori del Duemila, per parlare dell’esordio su PlayStation 2 di quello che oggi è ancora uno degli sviluppatori di punta di Sony: Naughty Dog e il loro coraggio di osare con il primo Jak and Daxter.

Jak and Daxter, ovvero un “piccolo atto di disobbedienza”

È abbastanza noto che, come tutte le “nuove trilogie” di Naughty Dog, Jak and Daxter ha avuto uno sviluppo molto travagliato. Nato parallelamente a Crash Team Racing con il nome di Progetto Y, fu il risultato soprattutto delle ambizioni di Andy Gavin, quello che tra i due “Dogs” originali si intendeva di più di programmazione. Per l’allora debuttante PlayStation 2 egli inseguiva il sogno di un mondo completamente collegato, le cui locazioni si sarebbero succedute senza soluzione di continuità. Numerosi azzardi di progettazione e l’invenzione di un intero linguaggio di programmazione dopo, si optò per un duo di protagonisti complementari immersi in una realtà tribale.

La trama si riassume in poco: in un mondo che annaspa sui cocci di una civiltà ben più grande e prospera (i Precursor) la natura è dominata dall’Eco, sostanza energetica colorata (blu, rosso, verde, giallo e scuro) studiabile ma ancora sconosciuta. Jak e Daxter sono due amici che, disubbidendo al Saggio Verde Samos, si recano sull’Isola della Nebbia, nella quale il logorroico Daxter finisce in una pozza di Eco Oscuro trasformandosi in un curioso ibrido tra lontra e furetto, pur mantenendo parola e intelligenza umane. Questo breve pretesto di farlo tornare normale sarà il via per un viaggio lungo tutto il mondo conosciuto, che culminerà poi al momento giusto con la solita carta per salvare lo scibile dai diabolici piani dei fratelli Acheron (Gol e Maia), saggi che hanno studiato l’Eco Oscuro e ne sono stati corrotti.


Jak and Daxter, ovvero il futuro che non c’è

L’intenzione di inaugurare una nuova trilogia con il primo Jak and Daxterera probabilmente chiaro sin dal principio. Volendo, lo si può anche dedurre dal finale che si ottiene completando il gioco al cento per cento, con l’apertura del misterioso portale Precursor. Un finale però inconcludente, che ha poi portato a qualcosa di completamente diverso. In un certo qual modo, Andy Gavin e Jason Rubin videro molto lontano, intravedendo come il gaming di sesta generazione si stesse muovendo sempre di più verso il mondo aperto, opprimente, urbano e se vogliamo anche “adulto”. Tale fu la direzione di Jak II Renegade, con una brutale (e per somma parte inspiegata) transizione verso un futuro distopico.

C’è però anche da dire che tale “evoluzione” fa parte di un preciso ciclo che i Naughty Dog hanno seguito per buona parte delle loro creazioni-trilogie. Il primo episodio è caratterizzato da un alone “esotico” e “tribale”, il secondo ne espande la formula nella modernità e infine il terzo lo porta al fantascientifico e all’esagerato.

Eppure, si vede come in Jak and Daxter il taglio sia avvenuto in maniera fin troppo netta. Praticamente tutti i comprimari (ad eccezione di Daxter, Keira e Samos) scompaiono all’arrivo ad Haven City, venendo dimenticati in virtù di una presunta “evoluzione”. Ora come ora, niente ci impedisce di sognare che Jak and Daxtersi sarebbe potuto evolvere in una storia diversa, dove sarebbe stato possibile espandere il mondo oltre i confini delle foreste settentrionali – forse con una trilogia incentrata su Keira e il suo percorso per ereditare dal padre il titolo di Saggio dell’Eco Verde. E magari, si sarebbe potuto far tornare finalmente umano Daxter nel terzo capitolo, avendo a sua volta scoperto qualche altro dettaglio su chi fossero autenticamente i Precursor, sulla loro eredità e sulle cause della loro scomparsa.

Jak and Daxter The Precursor Legacy è il risultato di una software house affermata che ha avuto il coraggio di tornare Matricola. Un videogioco fatto ripartendo quasi da zero, catalizzandovi tutto quello che avevano imparato negli anni precedenti. Ne è uscito forse uno dei migliori videogiochi Naughty Dog in assoluto, che affascina con i suoi colori e la sua atmosfera pacifica, tribale ma riconoscibile. E soprattutto che (finale a parte) stava quasi in piedi da sola, anche in funzione di sequel nati su un epilogo inconcludente. Si tratta di un’opinione, quindi in quanto tale non potrà mai essere vera in senso assoluto, ma mai come in questo caso, il consiglio è uno solo: dategli una possibilità. Non ve ne pentirete.

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