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Fallout 76 | Provato il corso multiplayer della serie Bethesda

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Avatar di Filippo "Xsin" Consalvo

a cura di Filippo "Xsin" Consalvo

Pubblicato il 08/10/2018 alle 16:02 - Aggiornato il 26/10/2018 alle 11:10
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  • Pro
    • Si può giocare con gli amici
    • L'ambientazione non tradisce
  • Contro
    • Punti d'incontro tra la serie e il multiplayer da migliorare
    • Tecnicamente da sistemare
    • In singolo fatica

Il Verdetto di SpazioGames

-
Ci aspettiamo di rivedere le nostre prime impressioni già durante la BETA, ma da questi primi passi ci è sembrato che Fallout 76 non abbia le idee chiare su ciò che vuole essere. Non pensato per il single player, in multiplayer, complici anche e soprattutto i problemi tecnici, perde certi elementi che hanno contraddistinto la serie e lo spirito del gioco, in favore di un’esperienza che per certi versi può dirsi ancora acerba. Considerando il tipo di gioco non vediamo l’ora di continuare a provarlo: un test prolungato su una build un mese più nuova potrebbe (e speriamo dovrebbe) anche ribaltare la situazione di un titolo che ha comunque buone frecce al suo arco, così come non è da escludere un supporto post lancio in grado di costruire man mano un titolo eccellente ma fatti alla mano la build che abbiamo provato in West Virginia ha indicato una strada in salita. La fiducia nel team è tanta, così come è forte la speranza che Bethesda non si sia lanciata in una sfida che non aveva idea di come affrontare: Fallout 5 non è nemmeno un miraggio al momento e Fallout 76 rappresenta un punto di passaggio importantissimo per i fan, che ha bisogno di trovare la sua strada.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Fallout 76
Fallout 76
  • Sviluppatore: Bethesda Softworks
  • Produttore: Bethesda
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX
  • Generi: Gioco di Ruolo , Multiplayer Online
  • Data di uscita: 14 novembre 2018

Steam su instantgaming

€8 €39.99

PS4 su amazon

€14 €14.44

Chiunque abbia giocato a Fallout almeno una volta avrà ben chiaro che ciò che contraddistingue la serie non si limita soltanto al setting post nucleare, con lande desolate, radiazioni e mostri ad occupare città in rovina, ma si concentra piuttosto su quella che viene chiamata narrazione emergente, o ambientale, ovvero su quell’esperienza di scoperta tramite l’esplorazione, con storie che sviluppano tra le macerie di una civiltà in rovina. In Fallout è facile entrare in una casa, trovare un diario, leggere un appunto che rimanda a un altro luogo, seguire quella traccia e finire dopo diversi rimandi e altri indizi ai resti di un avvenimento che, se scoperto casualmente senza aver seguito il percorso, non avremmo mai compreso.

Però c’è anche questo, ritrovarsi per puro caso nel bel mezzo di una scena che racconta una battaglia andata male o l’eroica resistenza ad un assedio, senza sapere esattamente cosa sia successo. Fallout è sempre stata una serie dove è il viaggio a contare, non la meta, nè… i compagni. A parte qualche temporaneo e simpatico partner, dall’amato Dogmeat al dolcissimo Fawkes, il nostro “lone wanderer” protagonista di ogni capitolo è sempre stato, appunto, solitario, perché in fin dei conti si tratta di un viaggio con noi stessi, di un vagare che, nel farci scoprire come la società umana ha reagito alla disfatta, ci insegna un po’ di più su noi stessi quando ci chiede di prendere posizione a nostra volta. Seguiremo quel messaggio radio di soccorso? Salveremo quell’uomo intrappolato nella torre circondata dai supermutanti? Faremo esplodere Megaton? Tutti quesiti che ciascun giocatore si pone e a cui risponde in maniera diversa, perché Fallout è anche questo: la libertà di decidere il proprio cammino.

Quando dopo un buon ma non eccellente Fallout 4 Bethesda ha annunciato Fallout 76, tutti i fan sono rimasti colpiti dalla scelta più drastica che la serie abbia mai affrontato: il multiplayer online.

Per un titolo abituato ad essere fruito lentamente, con i propri tempi e per molte ore, l’idea di un approccio multiplayer e quindi inevitabilmente più veloce e meno personalizzato ha lasciato moltissimi dubbi, ma Todd Howard ha voluto rassicurare i fan spiegando che il lavoro di sviluppo ha tenuto i principi della serie in fortissima considerazione e il multigiocatore non avrebbe l’esperienza di gioco. Nell’attesa che la B.E.T.A. prima e la release finale poi confermino o smentiscano queste dichiarazioni, siamo volati fino in West Virginia per essere tra i primi al mondo al di fuori dell’azienda a mettere le mani su . Un press tour che ha dimostrato tutto l’impegno e l’interesse che Bethesda nutre per questo titolo, e un hands on di tre ore che ci ha chiarito parecchio le idee, nell’attesa comunque di una prova più calma e longeva.

Se dovessimo partire dalle certezze, potremmo iniziare dicendo che Fallout 76 è graficamente basato su Fallout 4 nella stragrande maggioranza degli elementi: animazioni, modelli, effetti. Qualche novità riguardo alcuni oggetti, riadattati al tempo in cui si svolge il gioco, 25 anni dopo la guerra e non 210 come il predecessore, e in particolare alcuni nemici, come gli “Scorched”, principali antagonisti del gioco sui quali impareremo di più seguendo le note dell’Overseer, colei che ha guidato il Vault in questi 25 anni e, uscita poco prima di noi, ha lasciato una serie di indicazioni e holotapes ricchi di informazioni da seguire. Questi sono i presupposti della trama di Fallout 76, dove non esistono dialoghi tra personaggi e la storia risalta proprio tramite le cassette e le note trovate durante le missioni.

La tipica narrazione della serie portata all’estremo, che però deve fare i conti con l’interazione tra giocatori umani, non sempre coordinati nella fruizione dei contenuti rispetto alla comunicazione: se un party di diversi giocatori segue una main quest non è detto che tutti riproducano nello stesso momento l’audiocassetta in questione, così come è altrettanto difficile che in un gruppo tutti rimangano in silenzio per due o tre minuti, rendendo così fruibile il contenuto da parte di ciascun giocatore. In tre ore di gioco non siamo mai riusciti ad ascoltare chiaramente un messaggio audio, quando basterebbe un semplice sistema di isolamento quando si riproduce un holotape: si preme play, il resto continua a sentirsi ma a volume molto basso, quando il messaggio finisce l’audio ritorna normale. È uno degli elementi palesemente da migliorare di Fallout 76, ma il problema più grande è che non è l’unico.

La difficoltà a capire la trama della quest che stiamo seguendo si accompagna al ritmo frenetico che rende tutto un po’ più caotico: l’interfaccia deve tenere conto non solo del proprio obiettivo, ma anche delle varie quest lanciate da ciascuno dei propri compagni, del punto in cui ognuno è arrivato rispetto a quella quest e deve ovviamente mostrare gli altri giocatori, trasformando l’indicatore di orientamento e la parte destra dello schermo in un miscuglio invadente di informazioni. Certo, col pip boy si può decidere di non tracciare determinate missioni e ripulire la schermata, ma il tempo non si ferma più e non ci si sente a proprio agio a investire minuti preziosi per riorganizzare le armi, il vestiario, gli oggetti da smantellare, quelli da buttare, le missioni e i dati vari mentre il resto del gruppo si è allontanato di chilometri. Fortunatamente il fast travel permette di raggiungere i propri compagni in pochi secondi, ma purtroppo ha lo svantaggio del caricamento.

Almeno secondo la nostra esperienza, si finisce col fermarsi solo quando è inevitabile, quando si rallenta perché si trasporta troppo peso, o quando si finiscono le munizioni delle armi usate finora è così via. Certo, si può giocare da soli e non subire nulla di tutto questo, ma il livello di difficoltà non è pensato per il single player e, anche con una massiccia preparazione e un armamentario infinito, lo SPAV non blocca più il tempo così come il Pip Boy, non c’è più tregua e i nemici continueranno imperterriti a non darci un attimo di sollievo.

Gli scorched, a metà tra Ghoul e Predatori, sono veloci, feroci, riescono a utilizzare le armi e sfruttano le coperture per difendersi, rendendosi dei bersagli difficili da colpire in quanto si scoprono poco e costringendo il giocatore a puntare tutto sulla propria mira in real time. Non un grosso problema per molti giocatori di Fallout, se non fosse che l’altalenante framerate, in grado di oscillare rapidamente tra i 15 e i 30-35 fps su Xbox One X, ha reso molto difficile mirare fluidamente e ha contribuito con qualche freeze e bug davvero fastidioso. Si vede che la difficoltà è tarata sul gruppo più che sul singolo, ma comunque questi elementi hanno reso tante missioni praticamente impossibili.

Nelle nostre tre ore di gioco abbiamo visto tante altre dinamiche ma saranno la beta e il gioco finale a dirci di più, per adesso possiamo raccontarvi che nel gioco sarà possibile lanciare delle testate nucleari, con le zone prese di mira evidenziate da una grande cerchio rosso sulla mappa che una volta colpito si trasforma in un cimitero radioattivo impossibile da avvicinare senza una tuta protettiva. Nel gioco non mancherà il PvP, quindi saranno possibili gli scontri tra giocatori, ma qualora una delle due parti decidesse di non rispondere all’attacco dichiarerebbe implicitamente di non voler ingaggiare uno scontro e l’avversario, qualora insistesse fino all’uccisione, verrebbe marchiato come assassino, diventando visibile sulla mappa a tutti i giocatori con relativa taglia da riscattare per chiunque riuscisse a “fare giustizia”.

Altro elemento importante sono gli eventi, a tempo e apparentemente casuali, che sbucano sulla mappa e offrono ai giocatori missioni esclusive in grado di fornire ottime ricompense. Diverse missioni infine si possono ripetere dopo un certo lasso di tempo dal primo completamento, mentre altre rimangono uniche.

Un elemento importante di Fallout 76 sono i Workbench, che da quanto abbiamo potuto vedere sono delle stazioni sparse per il mondo dove troviamo i banchi da lavoro, fondamentali in questo gioco per smantellare i materiali, riparare le armi, creare munizioni, armature e molto altro; i Workshop vanno conquistati e a propria volta difesi, ma questa meccanica non ci è stata spiegata a fondo e ciascuno dei workshop incontrati era presidiato da uno o due giocatori di livello 60 controllati da dipendenti Bethesda. Non abbiamo visto a fondo nemmeno il CAMP, ovvero il nuovo insediamento personale e trasportabile, ma la quantità e varietà di oggetti costruibili ci è sembrata molto simile a quella di Fallout 4.

Rivoluzionato invece il sistema di crescita SPECIAL: abbandonata la chart con i vari talenti, ad ogni level up si sceglie una delle classiche caratteristiche alla quale assegnare un punto, mentre si riceve anche un pacchetto di carte con diversi vantaggi “equipaggiabili” per ogni caratteristica. Alcune di queste carte si possono persino condividere con il proprio gruppo, applicando effetti come aumento dell’esperienza o più peso trasportabile, ma solo se si possiedono abbastanza punti in Carisma o Forza, ad esempio. A tal proposito, per quanto non esiste una vera e propria distinzione di classe, i producer di Bethesda sono convinti che in ciascun gruppo sarà un vantaggio avere le proprie specializzazioni, con un membro forte in carisma, un altro un forza o in agilità e così via, in modo da avere il massimo dai perks più rari e godersene gli effetti condivisi.

Perché questo funzioni occorre anche avere un proprio gruppo o trovare dei compagni random con cui amalgamare bene il team: se quest’ultima opzione è un po’ più difficile da mettere in atto, la prima rappresenta invece l’unico modo in cui molte delle lacune viste in questa prova di Fallout 76 possono essere superate, avere un proprio gruppo di amici con cui giocare costantemente e in maniera organizzata.

- Si può giocare con gli amici

- L'ambientazione non tradisce

- Punti d'incontro tra la serie e il multiplayer da migliorare

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