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Videogiochi Senza Frontiere: Prince of Persia

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Avatar di Marcello Paolillo

a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Pubblicato il 07/08/2017 alle 00:00

Giochi Senza Frontiere non è stato solo un semplice programma televisivo. Ha rappresentato, dagli anni 60 sino al calar dei 90, la quintessenza del confronto amichevole tra nazioni, capace quasi ogni estate di incollare migliaia di telespettatori davanti alla tv. Ed è proprio grazie a lui se oggi siamo in grado di trasportarvi in paese da favola, da Mille e una Notte, per un platform ambientato in un palazzo della Persia medievale, con tanto di principessa da salvare, un gioco che ha letteralmente cambiato le sorti del genere nel corso delle varie generazioni. Stiamo chiaramente parlando delle avventure del Principe di Persia ideato dal leggendario Jordan Mechner, un eroe che ha saputo mettere spesso da parte le proprie nobili origini a favore di una vita spericolata. Come dargli torto, dopotutto.

Le Sabbie e il TempoDei minareti, un pascià e tre ladroni che hanno rubato il tesoro del figlio maggiore del sultano. Perché a questi interessa molto di più l’oro che le donzelle, visto che senza i preziosi nessuna damigella deciderà di entrare a far parte del suo Harem. Scopo del gioco – e del pascià – è quello di inseguire i tre ladroni, raggiungerli nel minor tempo possibile e recuperare così il maltolto. Il tutto, in un mondo che ricrea quello delle classiche fiabe d’oriente. Questa però è soltanto la storia che Giochi Senza Frontiere ha deciso di raccontare nel lontano 1973, visto che al buon Principe è toccata invece una prova da superare ben più impegnativa. Il primo Prince of Persia viene ricordato ad oggi come uno dei più importanti titoli d’avventura di sempre, grazie anche a una qualità delle animazioni mai viste prima in un titolo del genere. Mechner utilizzò infatti la tecnica del “rotoscoping”, grazie alla quale riuscì a ricreare salti, corse e capriole con incredibile realismo. Il tutto giocato rigorosamente senza interruzioni, entro un’ora di tempo. Prince of Persia fu un successo realmente sorprendente, riuscendo adessere convertito per le maggiori piattaforme e home computer dell’epoca, dall’Amiga, al NES, passando per il Game Boy, giungendo poi sulle console a 16-bit, vale a dire Super Nintendo e SEGA Mega Drive, in un’edizione riveduta e corretta che ne manteneva intatto tutto il fascino. Un primo sequel, realizzato nel 1993, prendeva il nome di Prince of Persia 2: The Shadow and the Flame, e trasportava questa volta il giocatore su di un’isola misteriosa, sempre stando attenti alle macchinazioni del perfido Jaffar, il quale ha deciso di prendere le sembianze del principe per vendicarsi del torto subito nel capitolo originale. Prince of Persia 2 non si distanziava troppo dalla formula del predecessore, pur offrendo chiaramente un comparto tecnico ancora migliore e una trama decisamente più articolata rispetto a quanto visto nel 1989. Purtroppo, però, le gesta del Principe subirono una brusca battuta d’arresto a causa di Prince of Persia 3D, il quale nonostante la supervisione del creatore della serie Jordan Mechner, si rivelò un titolo incapace di bissare il successo dei precedenti episodi, non riuscendo neppure a tenere testa agli astri nascenti di quel periodo (vale a dire il primo Tomb Raider di Eidos Interactive).

Il Principe GuerrieroDopo anni di silenzio, in cui il principe di Persia fu dimenticato dai più, Ubisoft decise di farlo tornare allo splendore di un tempo grazie a una vera e propria seconda giovinezza. Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo, uscito nel 2003 sulle allora diffusissime console a 128-bit, riscosse infatti un successo pressoché fulmineo, grazie a una giocabilità incentrata innanzitutto sulla possibilità di riavvolgere il tempo grazie a un misterioso pugnale dato in dotazione al Principe. Ciò gli permetteva infatti di evitare facilemente la morte, sebbene l’utilizzo dei poteri speciali dell’arma non fossero ovviamente infiniti. Nota: ne Le Sabbie del Tempo era possibile sbloccare l’originale Prince of Persia del 1989 nella sua versione completa.Ubisoft riuscì quindi a dare nuova linfa vitale al principe, grazie anche a una serie di sequel più o meno fedeli al capostipite: Prince of Persia: Spirito Guerriero, seguito da Prince of Persia: I due troni. Infine, fu il turno di Prince of Persia Revelations e Battles of Prince of Persia per console portatili. I guai tornano a galla nel momento in cui Ubisoft decise di “resettare” tutto ciò che aveva fatto di buono coi precedenti capitoli, a favore di un titolo esteticamente mozzafiato ma privo di tutto il fascino – e la giocabilità – che aveva caratterizzato la serie sino ad allora. Chiamato semplicemente Prince of Persia, il titolo del 2008 prendeva le distanze dalla trilogia iniziata con Le Sabbie del Tempo, proponendo un Principe guascone e dalla lingua lunga, in ambientazioni psichedeliche e sature di colori grazie anche alla tecnica del cel shading. Accompagnato dalla principessa del regno in cui si svolge la vicenda, Elika, il nostro Principe non poteva morire in alcun modo, poiché ad ogni caduta corrispondeva un salvataggio da parte della donzella. Ciò sacrificava in toto il senso di sfida, limitando il tutto al raccoglimento dei semi di luce (ben 1001). Nonostante il successo di critica e pubblico, Ubisoft capì che il gioco non poteva avere seguito e decise di tornare sui suoi passi con Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate, ottavo capitolo in ordine di tempo e ambientato tra Le Sabbie del Tempo e Spirito Guerriero. Il gioco, nonostante riprendesse molte delle meccaniche che fecero la fortuna dei capitoli a 128-bit, non rimase particolarmente impresso nei cuori e nelle menti dei videogiocatori, i quali furono “distratti” da un’altra serie nascente in quegli anni, vera e propria erede delle avventure del Principe. Sto chiaramente parlando di Althair e dell’Ordine degli Assassini. Ma questa, dopotutto, è un’altra storia.

Prince of Persia non è solo un viaggio in una terra da favola, è anche e soprattutto un gioco a piattaforme che ha rappresentato – e rappresenta tutt’ora – una sfida con noi stessi, legata a doppio filo alle nostre abilità e alla capacità di razionare con saggezza il tempo a disposizione. Il tempo, lo stesso che i concorrenti di Giochi Senza Frontiere dovevano sfruttare a dovere per portare a termine e con successo le varie prove d’abilità. Forse, la sfida più impegnativa di tutte. Con la speranza che prima o poi Ubisoft decida di farci tornare in quelle terre da Mille e una Notte, proprio come una volta. Il Principe ci sta ancora aspettando.

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