I videogiochi non sono ancora così pop come dovrebbero

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Recentemente ho avuto modo di discutere con amici riguardo i prezzi dei nostri tanto amati videogiochi. Che settanta euro sia una cifra notevole per portarsi a casa un tripla A scatolato (e pure digitale, spesso) è cosa nota, non servono economisti e Pachter di turno per sapere se sia così o meno.Il punto della chiacchierata è stato, sostanzialmente, il fatto che i videogiochi offrano spesso troppo poco in base a quanto costano. Insomma, la classica diatriba dei “videogiochi un tanto al chilo”. Io sono contrario a questa filosofia, ma devo dire che alla fine mi sono ritrovato a condividere alcuni dei pensieri elaborati dagli astanti.

Ho fatto 100 ore, lascio?Partiamo proprio da qui, il rapporto prezzo/ore. Fifa 18 è un titolo potenzialmente infinito e vale quindi ogni euro speso, così come Horizon che offre decine e decine di ore di gioco. Ma è davvero così? No, o meglio, non esattamente. Un’avventura come Life Is Strange, o un qualsiasi altro prodotto che dura molte meno ore potrebbe offrire tanto di più in dieci ore rispetto alle cento di un gioco di ruolo open world. D’altro canto, se come utente ho a disposizione pochi acquisti all’anno (che sia per tempo o motivi economici), è probabile che andrò a scegliere un prodotto che so che mi potrà far giocare per più tempo. È normale e comprensibile: se compro tre videogiochi all’anno, e quei tre videogiochi sono titoli che finiscono in 20 ore, è probabile che mi pentirò della scelta fatta e, forse, mi sentirò “costretto” a comprarne degli altri.Tralasciando i discorsi che tocca ancora sentire oggi (ahimé) riguardanti i “giochi da 70 euro con la grafica brutta”, oppure gli “indie in 2D che dovrebbero costare 5 euro perché la grafica non è in 3D”, c’è un’analisi ben più strutturata da fare in percezione. Uno dei concetti interessanti partoriti dalla chiacchierata di cui sopra è appunto l’intrattenimento, la capacità del gioco di tenermi incollato ad esso. I videogiochi multiplayer – che siano sparatutto, moba, o MMO – riescono a farlo in maniera intrinseca, sia per la struttura di gioco fatta di reiterazioni di una serie di dinamiche di gioco, ma anche per le sfide settimanali, le stagioni competitive, o tutte quelle soluzioni che rendono tali giochi dei prodotti in grado di competere per anni. I DLC non sono altro che un mezzo alternativo per raggiungere questo scopo, un metodo che possono adottare i titoli single player. Pensate solo a Final Fantasy XV, che proprio di recente si sta trasformando in un MMO con l’ultimo aggiornamento, Comrades, ma ancora prima con i contenuti come Episode Prompto o Gladio.Quindi, i videogiochi multiplayer sono davvero il miglior investimento? Per un semplice rapporto prezzo/quantità sì, ci sono pochi dubbi. Con la consapevolezza che, facendo il mio esempio, le 300 e passa ore passate su Rainbow Six Siege mi hanno negato altrettanti titoli single player.

Ai miei tempiUn altro punto della chiacchierata è stato, inevitabilmente, il confronto con il passato: “i videogiochi una volta costavano di meno”. In un primo momento mi sono trovato d’accordo, poi ho pensato alle duecentocinquantamila lire spese per Ocarina of Time all’epoca, ed ho dovuto fare mente locale. Per quanto riguarda i videogiochi, oggi il capolavoro Nintendo 64 costerebbe quasi €130 al netto dell’inflazione, ovvero quanto una limited edition (di quelle esagerate) di un tripla A. Invece, le console oggi costano sensibilmente meno che in passato.Per questo computo ci viene in soccorso Cuponation, azienda Italiana che si occupa di agevolazione degli acquisti online. Nei giorni del lancio di Nintendo Switch (che ricorderete essere stata etichettata da molti come “troppo costosa”) mi passò sottomano uno studio fatto dall’azienda, che dimostrava come Switch fosse in realtà più economica rispetto alle console passate.In generale, l’hardware odierno è più economico rispetto al passato del 16%. Il costo medio delle due console più popolari del 1987, NES e SEGA Master System, era di 420 dollari. Oggi, PlayStation 4 Pro e Xbox One S, gli ultimi modelli delle console Sony e Microsoft rispettivamente, è di circa 300 dollari (facendo una stima tra cali di prezzo, promozioni e quant’altro). Nello stesso periodo, dagli anni ’80 ad oggi, i prezzi si sono abbassati in media, nonostante le fluttuazioni. Prendendo ad esempio la prima e l’ultima versione di PlayStation e Xbox, i pezzi si sono ridotti rispettivamente del 15% e 25%. La tendenza di tutte le società ad esclusione di Nintendo, inoltre, è quella di creare un picco nel prezzo prima della caduta. Storicamente, infatti, Nintendo è sempre stato il brand più economico tra i quattro produttori di console, includendo la SEGA dei bei tempi. Nintendo ha avuto sempre una politica di prezzo stabile per le sue console, senza particolari incrementi. E questo lo vediamo anche dal fatto che Wii U, ancora oggi, viene venduta a prezzo pieno nonostante Switch. Se siete curiosi, trovate lo studio a questo indirizzo, compreso di infografica illustrativa.

A portata di tuttiSe i settanta euro richiesti oggi per un tripla A sono un ostacolo, è anche vero che è sempre più facile comprare un videogioco a prezzo scontato. I siti al limite del birichino che vendono chiavi digitali per PC; i quasi onnipresenti sconti negli store digitali di Steam, Sony e Microsoft (con qualche sporadico tentativo anche da parte di Nintendo); le offerte di catene di elettronica e negozi specializzati, anche in questo caso presenti quasi tutto l’anno; il sempreverde Amazon. Il sunto è che, facendo attenzione, oggi comprare un videogioco a prezzo pieno è quasi un puro atto di pigrizia. A questo proposito, nella chiacchierata di cui sopra è venuto fuori un altro concetto interessante: “il videogioco dovrebbe essere a portata di tutti”.Questa frase mi ha costretto a quello che oltremanica chiamerebbero “reality check”, una presa di coscienza improvvisa che ci riporta alla realtà.Per quanto da qualche anno si torna sempre a dire che i videogiochi sono sempre più diffusi che in passato, la realtà è che sono ancora ben lontani dall’essere popolari. Il cinema è popolare, visto che con il solo costo del biglietto è accessibile a chiunque. Inoltre, togliendo gli impedimenti fisici ad udito e vista, non bisogna “imparare” niente per andare al cinema. Giocare ad un videogioco, invece, è tutt’altra cosa.Considerando anche il mondo mobile che sta al limite, in ogni caso serve comunque un dispositivo per poter giocare ad un videogioco, il quale costa svariate centinaia di euro ad andare bene. Inoltre c’è l’acquisto del videogioco che, tranne nel caso di super-sconti di Steam, è di gran lunga più oneroso di un biglietto del cinema. Infine, bisogna saper giocare ai videogiochi, cosa che nel caso del cinema si traduce nel sapersi sedere su una poltrona e guardare uno schermo.Quindi sì, i videogiochi non sono affatto accessibili a tutti. Nonostante quello che ci “vogliono far credere”, il medium videogioco è ancora ben lontano dall’essere diffuso. Ci giocano sempre più persone, sempre più gente ne parla, la sua diffusione ha creato posti di lavoro anche nel nostro Paese a più livelli, ma ancora non è per tutti. E il problema di un medium di intrattenimento che non raggiunge tutti è che non viene compreso, e se non viene capito non viene trattato con i giusti riguardi, dagli organi di informazione alle istituzioni, che non riescono a vedere il potenziale di questo settore tanto da, ad esempio, investire su di esso fornendo incentivi a chi vuole creare dell’impresa intorno al videogioco.Per non parlare di come il videogioco viene ancora descritto da molti, soprattutto la stampa generalista. Ma questo è un altro discorso che senz’altro conoscete a menadito, ormai.

Parlando del costo dei videogiochi con delle persone sono venute fuori delle considerazioni molto interessanti. Non costano poi così tanto come sembra, ma soprattutto oggi è sempre più facile comprarne a prezzi ribassati. In ogni caso, sono sufficientemente costosi da essere ancora prodotti di lusso, un intrattenimento per pochi. Io credo che il videogioco debba essere un bene molto più accessibile, perché farebbe bene alla salute del settore. Voi siete d’accordo con me?