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Fuori dai denti - Il caso Ground Zeroes

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 11/02/2014 alle 00:00

Sento di volere davvero un mondo di bene a Hideo Kojima. 
Stavolta non sono ironico, lo giuro. Sono solo uno dei tanti che ha un’adorazione speciale per la serie di Metal Gear Solid, uno di quelli che subisce un rapimento emozionale in grado di rasentare l’estasi a ogni stralcio di informazione (o presunta tale) che esce fuori dal quartier generale di Konami o da quell’uomo che ha ormai affinato alla perfezione l’arte della comunicazione per fini fomentatori. Sono anche uno dei pochi che ha osato passato ben tre anni della propria vita dedicati all’ultima incarnazione del glorioso e maltrattato – dagli utenti – Metal Gear Online, portando in gloria un clan che “rischiava” seriamente di disputare le finali mondiali al Tokyo Game Show del 2008. Considerando quindi la mia posizione e la mia dipendenza affettiva verso la saga, si capisce bene quanto sia difficile dover ammettere quanto stavolta si sia giocato sin troppo con la bontà e la pazienza degli utenti, e quanto, in fin dei conti, sia stata sorpassata quella linea che divide l’esigenza commerciale dallo sfruttamento poco elegante di una licenza da sempre sulla cresta dell’onda.

Fatevelo bastare
Senza scomodare il prologo di Gran Turismo 5, dobbiamo tenere bene a mente che ci sono state tantissime persone che hanno comprato il primo Zone of the Enders solo ed esclusivamente perché al suo interno si trovava la demo di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. E bisogna anche ammettere che quella porzione di gioco venne divorata più e più volte fino a conoscerla a menadito, fino quasi a consumarne il disco. Quando poi si scoprì che nel gioco completo avremmo controllato Raiden per gran parte dell’avventura, le polemiche esplosero e la scelta non fu ben digerita dai fan. Ground Zeroes non è però una demo e soprattutto, verrà venduto a un prezzo piuttosto alto per quello che è un prologo che può essere portato a termine in un paio d’ore. Immaginate cosa potrebbe accadere se poi in The Phantom Pain trovassimo sorpresine sulla falsariga del secondo capitolo, dunque. Ma non è questo il punto, davvero. Bisognerebbe riflettere seriamente su alcuni fatti importanti prima di indignarsi e lapidare il soggetto in una piazza pubblica, perché la verità è che se Ground Zeroes fosse stato un gioco a sé stante e non un antipasto venduto a caro prezzo, non ci sarebbe stato nulla da obiettare sulla sua durata. A questo proposito, i progetti indipendenti ci hanno insegnato che può bastare anche mezz’ora per raccontare una storia e per condividere al meglio e con assoluta pienezza il messaggio che si vuole comunicare, senza sentire la necessità di una seconda partita. Non esiste una durata media standard per la fruizione di un’opera, come non esiste alcuna unità di misura che possa quantificarne il peso o l’importanza, e queste verità sono venute lentamente a galla – e hanno cominciato a essere gradualmente accettate – nel momento in cui si è capito che il videogioco è una forma espressiva attraverso cui l’autore non deve sentirsi intrappolato, se vuole realmente essere sincero, libero e nudo di fronte all’utente. Kojima è una di quelle personalità che non si è ancora completamente svestita, poiché ha insistentemente addosso qualcosa che lo fa sentire protetto e intoccabile: ha la mentalità da pioniere e ha piena consapevolezza (anche troppa) delle proprie portentose capacità, ma quando cede il fianco agli atteggiamenti da rockstar ed è in pieno delirio da marketing d’avanguardia, cade vittima di un sistema del quale sa di essere schiavo. Konami è il publisher e a Konami spetta la decisione finale di spezzare in due parti diseguali Metal Gear Solid V, e quando su Twitter si legge un messaggio del caro Hideo intento a giustificare la durata di questo spezzone di gioco chiamato Ground Zeroes, non si può non recepire quella che è un’implicita ammissione di fallimento. Nel momento in cui ti ritrovi a spiegare agli utenti che “Qui non si tratta del tempo di completamento, ma del tempo di gioco”, e che questo non è un titolo lineare come quelli del passato, aggiungendo infine che ci sono anche cinque Side Ops e che ogni missione include la modalità “Trial”, stai chiaramente andando sulla difensiva perché sei consapevole del fatto che ci sia ben più di qualcosa fuori posto. Stai, in fin dei conti, giustificando il prezzo a cui viene venduto un prologo. E non un gioco completo – che è qualcosa di profondamente diverso.

Marketing pericoloso
Ground Zeroes è quasi come se fosse un grosso DLC, ma distribuito in anticipo anziché dopo l’uscita del gioco. Tornando a Metal Gear Solid 2, è come se ci stessero vendendo la sezione del Tanker a parte e a un prezzo decisamente sconveniente. E ciò che fa sentire in diritto Konami di proporre simili soluzioni è senz’altro la grande solidità del brand e la certezza che l’iniziativa, nonostante le roventi polemiche, riuscirà a fare breccia agevolmente in una grossa fetta di pubblico. Se quindi dal punto di vista economico ci sarà ugualmente un ritorno grazie all’ammortizzamento delle spese di produzione e di marketing derivato dalla doppia vendita di un singolo prodotto distribuito a scaglioni, a livello di immagine Konami esce da questa faccenda con dei brutti lividi sul volto che alterano la percezione stessa dell’azienda. Aver adottato una decisione a dir poco controversa per la propria utenza aprirà inevitabilmente degli scenari che possono avere delle conseguenze deleterie a lungo termine. Se la mossa funzionerà come Konami si auspica, assisteremo probabilmente al lancio di una nuova moda che verrà abbracciata anche da altre software house proprietarie di marchi forti, naturalmente a discapito del consumatore. Se ci sarà un boicottaggio di massa – assai improbabile, visto che si tratta di un nuovo Metal Gear Solid – l’esperimento sarà bollato come un totale fallimento e non si ripeterà più, lasciando solo una brutta macchia che col tempo scolorirà. Se invece questo nuovo modo di vendere un prodotto diventerà per Konami una regola, l’azienda potrebbe davvero cominciare a percorrere quella lunga e dissestata strada che parte con lo sfruttamento selvaggio delle proprie punte di diamante e finisce con una naturale implosione che fa regredire pericolosamente i ricavi. Bisogna stare molto attenti quando si prendono decisioni che gli utenti avvertono come qualcosa di irrispettoso o addirittura scorretto, perché c’è il rischio di perdere la fidelizzazione dei propri clienti, anche di quelli più affezionati. Capcom si sentiva in una botte di ferro coi suoi grandi e indimenticabili nomi che hanno davvero fatto la storia di quest’industria, eppure adesso è con l’acqua alla gola. Konami non deve cedere all’impulso dell’azzardo, né tantomeno alla comprensibile volontà di far lievitare i propri profitti. Esistono altri modi per poterlo fare, e spezzare un gioco vendendone il prologo separatamente non è uno di questi. Sin dall’inizio, poi, il messaggio è stato davvero poco chiaro ed era nascosto da una coltre di fumo capace di confondere le idee: non si capiva cosa fosse The Phantom Pain e non si comprendeva la natura di Ground Zeroes; solo in un secondo momento è stato spiegato che si trattava sempre di Metal Gear Solid V, ma di certo non ci si aspettava un prologo a cui sarebbe seguito a distanza di molto tempo il pasto principale. E poi? Cosa accadrà dopo l’uscita di The Phantom Pain? Arriverà di gran carriera una ultimate edition con finalmente tutto il gioco per intero? Ovvio, accadrà esattamente questo, ma a quel punto sarete davvero gravidi di livore per poter accettare un simile affronto, per poter far finta di nulla davanti al gioco che sarebbe dovuto uscire in origine e che invece è stato fatto a pezzi davanti a tutti, di fronte a un pubblico sensibile al tocco molesto di una mano che fruga nella tasca.

Metal Gear Solid V, nella sua interezza, ha il dovere di essere un gioco stellare, unico e indimenticabile, se vuole davvero riuscire a superare l’ondata di malcontento sollevata da un pubblico inferocito per le discutibili scelte di marketing. Solo in questo modo può rendere appena digeribile un boccone amaro che ha il retrogusto di qualcosa di irrimediabilmente guasto. Volevano darci qualcosa con cui giocare prima dell’arrivo di The Phantom Pain? Perfetto, allora abbiamo il diritto di pretendere, oggi ancora più di ogni altra volta, che Ground Zeroes sia qualcosa di eccellente e che dia piena soddisfazione. Che valga fino all’ultimo centesimo del valore che gli è stato dato, indipendentemente dal fatto che sia stato addobbato con modalità extra che ne allunghino il brodo. Ma sono certo che anche così rimarrebbe del malcontento diffuso, all’idea che sarebbe dovuto essere un unico corpo armonioso e – dannazione – intero!

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