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The Witness

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Avatar di AleZampa

a cura di AleZampa

Pubblicato il 14/06/2013 alle 00:00
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Los Angeles – C’è sempre un momento, un gioco, una situazione che definiscono un E3: può essere un roboante annuncio ad una conference, un prezzo particolarmente basso, un’esclusiva importante. Nonostante questo E3 abbia avuto tutte queste cose insieme, il momento che l’ha definito maggiormente, a parere ovviamente di chi vi scrive, è stata l’ora in compagnia di Jonathan Blow e del suo incredibile The Witness, titolo indie (nonostante sia difficile etichettarlo ancora così) che ha le potenzialità per essere una di quelle piccole perle che travalicano le generazioni e si scavano un bel posticino nella memoria di ogni gamer che si rispetti.

Nessun uomo è un’isolaDopo aver creato artigianalmente un piccolo capolavoro del calibro di Braid, Blow, a capo di un piccolo team di 14 persone, sta producendo uno dei titoli più interessanti e poetici che ci sono capitati sotto gli occhi da diverso tempo. Già solo il tipo di appuntamento al quale abbiamo assistito meriterebbe una menzione speciale, visto che abbiamo avuto a disposizione il designer per un’intera ora, tempo nel quale Blow ha illustrato le meccaniche base di The Witness e ha risposto ad alcune domande.

Il concept che sta alla base del titolo è tanto semplice quanto destabilizzante, abituati come siamo ai canoni odierni degli adventure games. Dimenticatevi lunghi tutorial, messaggi di pop up che vi dicono cosa fare e quando farlo, compagni collegati via radio che vi danno preziose informazioni sull’ambiente circostante: in The Witness ci sarete solo voi ed un’isola misteriosa nella quale sarete gli unici esseri viventi presenti. La demo a cui abbiamo potuto assistere, giocata dallo stesso Blow, mostra i primi passi del nostro alter ego sull’isola, momenti nei quali familiarizzeremo con i primi pannelli che rappresentano gli enigmi da risolvere nell’intera area esplorabile. Il concetto basilare di questi enigmi è molto semplice: su un pannello quadrato, tramite l’utilizzo degli stick analogici, si dovrà spostare il cursore da un punto di partenza prefissato (ma non sempre) ad uno di arrivo designato, in una sorta di labirinto. Se i primi saranno molto semplici, andando avanti questi diventeranno sempre più complessi e intricati, e richiederanno non solo una certa predisposizione mentale, ma anche l’attenta osservazione dell’ambiente circostante. In una delle prime fasi infatti per riuscire a risolvere uno degli enigmi presenti è stato necessario accorgersi che lo schema presente sul pannello era simile alla forma di un albero posizionato davanti a noi, mentre in una fase più avanzata a indicarci la giusta direzione è stato un pannello decorativo intagliato, che se osservato nella visuale corretta poteva suggerirci il giusto percorso da seguire.

Quello che conta è il viaggioCiò che più stupisce in The Witness è come la destrutturazione degli archetipi classici degli adventure game sia così profonda, rendendo il titolo un’avventura nel senso letterale del termine. Il senso di soddisfazione è dato non da una ricompensa alla fine dell’enigma, ma nella gratificazione dell’aver risolto il suddetto enigma. Quante volte, e siate sinceri, giocate solo per ottenere un achievement o per riuscire magari ad avere un loot particolarmente ambito da un nemico? Bene, nell’ultimo lavoro di Blow questo non sarà possibile, per il semplice fatto che non esistono loot o ricompense di nessun genere. L’isola davanti a noi è il nostro unico playground, compagno e nemico, e la scoperta delle meccaniche legate alla risoluzione dei puzzle saranno solo ed esclusivamente a nostro carico. Ad eccezione infatti del primissimo pannello, non ci sarà in seguito non solo nessun tipo di aiuto, ma nemmeno nessun tipo di contributo scritto o vocale. Ci saremo solo noi, l’isola, e la voglia imparare quanto più possibile per poter risolvere tutti gli enigmi presenti. Nella sua versione finale The Witness sarà un open world in prima persona il cui mondo di gioco è diviso in 7 aree, ognuna delle quali affrontabili in qualsiasi momento e senza prerequisiti. Le oltre 30 ore che ci vorranno per portare a termine l’avventura saranno ricche di momenti magici e delicati, ognuno dei quali verrà vissuto in totale solitudine. Persino la colonna sonora è quasi inesistente, con la quasi totale mancanza di musiche (ad eccezione di alcuni momenti specifici) alla quale sarà però accompagnata una sterminata quantità di effetti sonori come quelli di acqua, vento o passi, proprio perché nulla possa distogliere il giocatore dalla sensazione di sfida e solitudine nei confronti del nostro anfitrione. Descrivere The Witness da un punto di vista meramente tecnico sarebbe un affronto a Blow, al suo lavoro e alla sua poetica, ma possiamo dirvi che la direzione artistica è eterea e poetica e che nulla di quello che abbiamo visto è apparso fuori posto.

– Poetico e incredibilmente intrigante

– Ridefinisce i canoni degli adventure

– Immersivo

The Witness è stata una rivelazione più che sorpresa: un gioco delicato, poetico, con un concept che se abbracciato potrebbe ridefinire i canoni del genere adventure e spostare un po’ più su il livello del medium. Complimenti a Blow per la sua visione e complimenti a Sony per aver scommesso su un progetto tanto rischioso quanto interessante, potenzialmente capace di settare nuovi standard non solo per il segmento indie, ma per la narrazione nell’arte videoludica tutta.

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