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The Land of Pain

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 13/03/2017 alle 00:00
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Che gli sviluppatori nostrani si siano ormai lanciati con discreto successo in sperimentazioni, progetti indipendenti e altri di più ampio respiro è ormai un dato di fatto incontestabile. Destinati a crescere nel tempo e alla continua ricerca di una nuova dimensione che possa finalmente dare una forma al mercato produttivo italiano, i giovani imprenditori non hanno più timore di mettere alla prova le proprie capacità; e mentre team di sviluppo si formano per lavorare insieme alle proprie opere, non sono da sottovalutare nemmeno i cosiddetti “lupi solitari”, che da soli si cimentano in progetti piuttosto interessanti. È il caso di Alessandro Guzzo, che con The Land of Pain vuole dare la sua interpretazione dell’orrore, pescando a piene mani da alcuni classici del genere.

Gli occhi del buio
Non è ancora possibile capire la portata che The Land of Pain avrà, né quanto grande e complesso potrà essere; tuttavia, dalla breve demo che abbiamo provato si intravede già quale saranno i punti di forza dell’opera e su quali aspetti bisognerà lavorare con maggiore attenzione. 
Sebbene siano evidenti dei punti di contatto con The Vanishing of Ethan Carter e – spiega lo sviluppatore – con Amnesia, il titolo di Guzzo vuole intraprendere la propria strada, pur rimarcando l’importanza di una fonte d’ispirazione inesauribile come Lovecraft. 
Nella porzione di gioco messa a disposizione, il protagonista doveva avventurarsi lungo un’area boschiva alla ricerca di una baita in cui passare una giornata in piena tranquillità, lontano dal mondo civilizzato. Tutto molto sereno e rilassante, per i primi cinque minuti, a contatto con la natura rigogliosa e la quiete che solo la natura sa regalare; ma dopo aver raggiunto la baita ed essere uscito per riempire un secchio d’acqua, sulla strada del ritorno il vostro alter ego si ritrovava davanti a una sorta di enorme sfera argentata di un materiale indefinibile, che emanava effluvi gassosi e non prometteva niente di buono. Toccandola, per qualche motivo che non vediamo l’ora di scoprire, si veniva trasportati in una dimensione dove tutto assumeva contorni oscuri, cupi e inquietanti. 
Non c’è stato modo di vedere nessuna creatura, né tantomeno si possono fare previsioni su quali saranno le minacce da cui dovremo scappare. Di certo c’è però l’impossibilità di potersi difendere con delle armi: al contrario, bisognerà fuggire e usare l’ambiente circostante a proprio vantaggio, esattamente come accade in molti survival horror classici, ma (così promette Guzzo) con una IA impegnativa a cui far fronte. Inoltre, l’uso della lanterna permetterà di rischiarare il cammino, ma consentirà al contempo ai nemici di scorgervi con più facilità.
L’altro elemento di rilievo su cui verrà posto l’accento – oltre all’esplorazione –  è la risoluzione dei puzzle attraverso il ritrovamento di indizi e oggetti da utilizzare. Nella demo, ad esempio, a un certo punto ci trovavamo all’interno di una gabbia, e se non avessimo visto il sasso poco distante dalle sbarre che ci imprigionavano, non avremmo potuto in alcun modo spaccare il lucchetto e proseguire. Tutto molto semplice, senz’altro, ma dà perlomeno un’idea parziale di cosa ci aspetterà nel gioco completo.
Il mistero della landa
Sebbene nel gioco completo la mappa sarà enorme, con cimiteri, paludi, grotte ed edifici da esplorare, già dalla demo era apprezzabile la grandezza dell’area disponibile, tenuta insieme idealmente da alcune zone d’interesse tra cui fare la spola. In tal senso, affidarsi al CryEngine è stata un’ottima scelta e siamo certi che garantirà ottimi risultati, anche se va ammesso che al momento si nota lo stacco tra gli ambienti esterni più rifiniti e quelli interni, che risultano un po’ più spartani. Ciononostante, la resa visiva attuale è già una cartina al tornasole di quello che sarà il lavoro finale, che si avvantaggerà della fotogrammetria per inserire all’interno del gioco edifici e oggetti reali. 
Molto buona è anche l’atmosfera, arricchita da suoni ambientali e musiche sempre calzanti, in grado di sottolineare i momenti in cui la tensione diventa palpabile. E non mancano nemmeno alcuni riferimenti – palesi e non – che gli amanti dello scrittore di Providence apprezzeranno senz’altro.
Naturalmente, dopo solo una ventina di minuti di demo è presto per esporsi e dare giudizi sommari, ma il modo in cui si concludeva la versione di prova e la maniera in cui veniva presentata la vicenda su schermo è riuscita senz’altro a incuriosire a e fungere quasi da prologo alla storia che verrà. Una storia carica di mistero, dove bisognerà venire a capo di una vicenda dai toni foschi e sfuggenti, imprevedibile almeno quanto il risultato finale di quest’opera coraggiosa, che vuole e sa come osare.

– Buona atmosfera

– La storia incuriosisce ed è carica di mistero

Il progetto di Alessandro Guzzo, factotum e sviluppatore unico di The Land of Pain, dimostra di avere diversi elementi d’interesse per gli amanti degli horror. Nonostante prenda spunto da alcuni classici moderni, presenta in effetti alcune unicità che potrebbero differenziarlo dalla miriade di titoli del genere senza identità. In attesa di saperne di più su questo progetto italiano (in arrivo in un periodo imprecisato di quest’anno), vi consigliamo di provare con mano la demo pubblica per capire se possa fare al caso vostro.

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