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Tearaway

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 30/10/2013 alle 00:00
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Sin dai primissimi minuti di gioco di Tearaway, diventa lampante come il nuovo progetto di Media Molecule sia del tutto particolare e molto, molto diverso da ciò che è attualmente in circolazione sul mercato. Tearaway non è solo un platform con un mondo e dei personaggi fatti interamente di cartoncino, ma è anche la chiara dimostrazione di come un’idea simile possa trovare al suo interno diverse applicazioni e metodologie di gioco, sfruttando per la prima volta e in modo totale tutto il potenziale e le caratteristiche di PlayStation Vita. Non si tratta dunque solo di uno showcase della console e delle sue feature, ma al contrario, sono proprio queste a mettersi a piena disposizione del gioco. Il che è interessante e degno di nota proprio nella misura in cui tutto quello che vi troverete a fare non risulta mai come una forzatura, riuscendo a essere sempre piacevole e divertente per l’utente.

I am the sun
Il rapporto e il forte legame che Tearaway vuole creare tra gioco e giocatore diventa immediatamente chiaro: nel mondo in cui vi muoverete, quello che viene chiamato il “Tu”, è appunto l’utente, il cui viso sosta beato al centro del sole di cartapesta come l’infante gioioso dei Teletubbies. La telecamera di PS Vita vi inquadra in determinati frangenti e voi, come una divinità assoluta, verrete indicati dai personaggi come il punto finale da raggiungere – perlomeno durante la lunga demo che abbiamo avuto modo di provare. Naturalmente l’interazione non è data solo dai vostri primi piani e dalle foto che dovrete scattarvi, ma è molto più invasiva, rendendovi il protagonista che con le proprie dita è in grado di influenzare pesantemente gli esiti degli scontri, di favorire il raggiungimento delle piattaforme da parte del messaggero Iota, di sfondare con le dita parti del terreno e di cambiare anche la fisionomia dei livelli stessi tirando i lembi delle strutture di cartone, che muteranno sviluppandosi in modo completamente diverso rispetto a come potevate immaginare di primo acchito. In questo senso, avanzando durante la nostra prova, la complessità del design cresceva in maniera molto dolce, passando da terreni deformabili a diversi livelli di altezza e ondulazione, fino ad arrivare a intere pareti da dover toccare e spostare a più riprese affinché mettessero in mostra passerelle da attraversare, scoprissero gradini su cui salire e nascondessero escrescenze di carta che ostacolavano il cammino. Inizialmente avevamo avuto la sensazione che Tearaway fosse fin troppo semplice ed elementare, che il massimo dell’azione fosse camminare fino a delle zone prestabilite per poi toccare il touch pad posteriore e squarciare il cartoncino in alcuni punti, parlare con gli strambi personaggi che si esprimono in modo piuttosto singolare, raccogliere degli oggetti e lanciarli dove veniva indicato per far accadere un evento e poter così andare avanti. Non è effettivamente così. Sebbene la semplicità di Tearaway sia a volte disarmante e faccia pensare a un prodotto fortemente indirizzato a un pubblico di bambini, questa sensazione va un po’ scemando nelle fasi più avanzate. Di certo non abbiamo assistito a una vera e propria impennata nella difficoltà o nella complessità del sistema di gioco, ma aver imparato il salto e la capacità di rotolare a oltranza, ha aggiunto un livello di profondità che fa ben sperare per le abilità che andremo a sbloccare progressivamente nella versione finale.

Art Attack!
La peculiarità di Tearaway non sta solo nel tipo di interazione che il giocatore ha all’interno del mondo di gioco, ma anche nell’alto grado di personalizzazione di cui può disporre. In pieno stile Media Molecule, esattamente come in LittleBigPlanet, ritornano gli adesivi da poter appiccicare sopra ai personaggi e sopra Iota, sbloccabili man mano coi coriandoli che potremo raccogliere lungo gli scenari. Ma c’è di più: adesso, gli adesivi, così come alcuni particolari oggetti di gioco, possono essere disegnati direttamente da voi e ritagliati. Quando vi verrà richiesta una creazione, avrete subito davanti una sorta di ripiano da cui potrete scegliere uno tra i diversi cartoncini colorati, posizionarlo come più vi aggrada e cominciare a scatenare il vostro estro. L’oggetto verrà infine ritagliato e diverrà parte integrante di Tearaway. Ci è parsa anche molto interessante la possibilità di poter sbloccare dei modelli preimpostati che potremo scaricare dal sito che verrà aperto all’uscita del titolo, dal quale è possibile ottenere i template delle creazioni. Naturalmente non siamo riusciti a verificare questa feature per ovvi motivi, ma sulla carta (e qui ne abbiamo in abbondanza), sembra proprio una novità ben gradita, che espande ulteriormente l’idea alla base di questo gioco. Inoltre, in Tearaway, al messaggero Iota viene chiesto di scovare e fotografare alcuni elementi in bianco che hanno perso il loro colore, mentre noi giocatori, dall’altra parte della barricata virtuale,  in determinate circostanze dovremo fare delle foto con la telecamera della console. Per esempio, a un certo punto mi sono imbattuto in un cervo a cui serviva un nuovo manto; per soddisfare la sua richiesta ho inquadrato un punto casuale della stanza comprensiva di mobilia di vario tipo, ho messo un filtro blu che ho sbloccato coi coriandoli, ho scattato la foto e l’ho letteralmente fatta aderire alle forme dell’animale, facendolo diventare il cervo più variopinto e insensato della storia dell’umanità.
Touch me
L’incedere lungo le aree di Tearaway non è mai precipitoso e richiede continuamente il supporto del nostro tocco, ora sullo schermo, ora sul touch pad posteriore. Applicando una pressione sul retro di PS Vita, le nostre dita possono far rimbalzare gli oggetti, spostarli completamente, sollevarli per permettere a Iota di passarci sotto, far rimbalzare il nostro personaggio in modo tale da portarlo ad altezze più elevate e parecchie altre funzionalità che avrete modo di scoprire in seguito. Interagendo con lo schermo, invece, è possibile compiere una vasta gamma di azioni. Oltre a scartare i pacchi regalo tirando i nastrini, “sbucciare” parti dello scenario per aprire nuove vie, schiacciare alcuni nemici molesti e tutta una serie di azioni da compiere quando vedremo delle parti colorate di argento vivo, è possibile anche bloccare il tempo agendo su dei vecchi vinili che mettono fine alla musica e anche al movimento convulso di determinate piattaforme. Nonostante tutto, comunque, non ci siamo di certo messi le mani ai capelli durante la nostra prova, soprattutto perché non è mai capitato di dover combinare contemporaneamente le diverse funzionalità offerte da gioco, pertanto il timore più grande è che Media Molecule sia volata bassa sul livello di sfida, tendendo più a favorire le grandi particolarità di Tearaway. Erano tre le aree che abbiamo testato, ed è vero anche che complessità dei livelli andava via via crescendo, ma se dobbiamo essere sinceri è sembrato più un grande tutorial di tutti gli elementi basilari del gioco – che sono molti. Piccoli dubbi a parte, Tearaway ha certamente tantissimo stile da vendere, una direzione artistica ben precisa che marchia a fuoco ancora una volta l’impronta tipica di questa software house, un modo di proporsi decisamente fuori dai canoni abituali, e la promessa di sfruttare la console al meglio delle sue possibilità.

– Mondo di gioco e stile unici

– Sistema di controllo intuitivo e mai forzato

– PS Vita sfruttata a tutto tondo

Tearaway è rilassante e molto piacevole da giocare: vi accoglie nel suo mondo di cartoncino dove tutto sembra fatto a mano da un gruppo di talentuosi artisti del découpage, spingendovi dolcemente lungo degli scenari costruiti in un modo che raramente è capitato di vedere fino a oggi. La peculiarità visiva del titolo Media Molecule va a braccetto con quella altrettanto particolare del sistema di controllo, che si appoggia pesantemente sulle caratteristiche uniche della console Sony. In attesa del nostro giudizio definitivo, manteniamo qualche riserva sul livello di difficoltà, che ci è parso sin troppo amichevole, come se fossimo costantemente accompagnati da mani sicure e premurose.

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