Londra – Procedurale. Ormai gli occhi di buona parte della stampa specializzata iniziano a brillare quando viene pronunciata questa parolina magica. Promesse di magnifici mondi randomizzati e varietà infinita prendono improvvisamente forma nella mente del giornalista che la sente, specialmente dopo gli exploit stupefacenti di alcuni indie, capaci di dimostrare senza troppi problemi che “casuale è bello”.
Figuratevi dunque la nostra faccia quando questa parola l’abbiamo ascoltata durante la presentazione di Shadow of Mordor, l’ultimo titolo dedicato alla Terra di Mezzo, anche considerando l’interesse derivante dalla presenza dei talentuosi Monolith allo sviluppo del progetto.
E’ da tempo, dopotutto, che i fan di Tolkien attendono un gioco degno del fantastico mondo in cui le opere dell’autore sono ambientate, e le premesse per un arrivo all’altezza di tali aspettative stavolta c’erano tutte. Il fascino dell’introduzione è purtroppo andato via via svanendo con l’avanzare della demo mostrataci negli studi londinesi di Warner… ma andiamo per ordine.
La vendetta non muore mai, e manco il Free Flow System
Il motivo della nostra esaltazione iniziale è presto detto: arrivati a Londra e convinti di trovarci davanti all’ennesimo action game su licenza dalle potenzialità limitate, siamo stati colpiti all’improvviso dalla reale natura del videogame, che si è invece rivelato un action adventure open world ambientato nelle desolate e pericolose lande di Mordor, con locazioni e nemici generati casualmente e quindi sempre diversi di partita in partita. Si interpreta il ranger Talion di Gondor, scampato al massacro della sua famiglia perpetrato dalle forze di Sauron e per ragioni ignote divenuto immortale, grazie alla fusione con uno spettro apparentemente dotato di una coscienza propria (e di un piano misterioso che sembra coincidere con i desideri di vendetta del protagonista). Una premessa matura, rafforzata dalla presenza dell’autore della storia di Red Dead Redemption al comando della sceneggiatura. L’avventura ruoterà pertanto attorno al mistero della resurrezione del ranger, e alla sua lenta scalata al comando delle armate orchesche di Mordor.
Avete letto bene, “scalata al comando”. Non si tratta di una comune storia di vendetta e sangue, ma di un piano elaborato da portare a termine con l’aiuto del Wraith da cui Talion è, per così dire, posseduto. In quanto non morto il nostro può terrorizzare i suoi nemici al punto da costringerli all’obbedienza, e formare lentamente un’armata utilizzabile in seguito sia per facilitare le missioni secondarie che per arrivare alla gola del signore oscuro.
Qui continuano gli elementi positivi e unici del titolo, perché entra in gioco il Nemesis System, una serie di algoritmi procedurali che vanno a modificare i vostri nemici in base alle azioni compiute, e portano boss e classi avversarie a generarsi casualmente. Morite una volta, e l’orco che vi ha ucciso salirà di rango, ottenendo nuove abilità. Fate a pezzi una guardia del corpo di un comandante, e qualcun altro potrebbe prendere il suo posto dopo un po’ di tempo, magari meglio addestrato e ancor più agguerrito. Una trovata a dir poco unica in un titolo di questa tipologia.
I nostri viaggi mentali si sono però bloccati davanti al granitico muro del riciclo quando abbiamo visto il combat system. Ancora il Free Flow. Per l’ennesima, dannatissima volta, il Free Flow system della serie Arkham.
Probabilmente percepite l’odio delle nostre parole, e non è dovuto al fatto che si tratti di un sistema mal fatto, tutt’altro. Semplicemente siamo stanchi di vederlo. Se un sistema funziona non significa che vada obbligatoriamente riutilizzato un migliaio di volte e, per quanto sia più facile sfruttare elementi già collaudati, vorremmo vedere qualcosa di nuovo. Abbiamo giocato tre Arkham e un’infinità di cloni più o meno riusciti: smettetela con sto Free Flow e inventatevi qualcosa.
Il credo del ranger?
Le similitudini ad altri giochi non terminano qui. Gran parte del gameplay è mutuato dagli Arkham, con le stesse meccaniche stealth oltre ai combattimenti, ma in più c’è un tocco di Assassin’s Creed nell’insieme, grazie a una mobilità avanzata che si adatta al terreno e permette a Talion di scalare con facilità quasi ogni parete. In pratica nel calderone ci sono elementi presi di peso da più serie di giochi di gran successo, e mescolati a un sottosistema procedurale che dona un pizzico di varietà al tutto, con missioni variabili legate all’eliminazione dei luogotenenti delle armate del male e la capacità di ottenere informazioni dettagliate su posizione e capacità dei nemici interrogando i loro scagnozzi. Solido se si vuole vendere, ma non abbastanza originale per convincerci dell’indubbia qualità del titolo.
Sia chiaro, il nostro tono in questa anteprima può sembrare negativo, ma è in realtà solo infastidito per lo spreco di potenziale. Il titolo ci ha sorpreso positivamente in molti aspetti: tecnicamente è superbo, con modelli 3D dettagliati, texture di qualità, ottime animazioni e mappe molto estese. Persino il Free Flow è stato ritoccato con tutta una serie di curiosi poteri spettrali, che permettono al protagonista di usare varie mosse devastanti, di teletrasportarsi ove si trovano gli antagonisti, o di rallentare il tempo per scoccare frecce con precisione in una sorta di variante fantasy del bullet time. La formula, peraltro, è stuzzicante, e l’idea di piegare al nostro volere dozzine e dozzine di orchi, eliminando pian piano i più pericolosi servitori di Sauron e divenendo una sorta di terrificante figura leggendaria nelle lande di Mordor, ci attrae non poco.
Il problema è vedere tutto questo ben di dio limitato dall’insicurezza dei distributori, che a sistemi unici hanno chiaramente preferito la morbida certezza dei best seller della casa. Un atteggiamento che, non finiremo mai di ripeterlo, ci fa imbestialire e taglia le gambe a qualunque evoluzione in campo videoludico.
Con la chiara volontà di Monolith di seguire questo piano, per confermare la qualità del prodotto saranno quindi decisivi la narrativa e lo sfruttamento del Nemesis System, che se sapientemente utilizzati potrebbero effettivamente nobilitare strutture già viste e innalzare in toto il livello della produzione.
Per quanto ne sappiamo le story mission non saranno molto influenzate dagli algoritmi procedurali, presentandosi come piccole oasi in un mare di caos, e si ricollegheranno solo tramite obiettivi alle uccisioni e raccolte di informazioni di quella parte del gioco. Questo, ad ogni modo, non ci disturba più di tanto, poiché la storia del titolo è forse l’elemento su cui abbiamo meno dubbi, visti i nomi coinvolti. Ah, nel caso foste fan sfegatati dell’epica di Tolkien, sappiate infine che cronologicamente il titolo si pone tra le vicende de Lo Hobbit e del Signore degli Anelli, e che quindi potreste vedere volti noti durante la campagna (Gollum è già stato confermato).
– Nemesis System procedurale che dona varietà illimitata alle quest secondarie
– Idee di fondo molto stuzzicanti
– Tecnicamente notevole
Ci sono titoli che dividono la critica, questo divide IL critico. Siamo noi stessi infatti indecisi sul da farsi: è il caso di essere felici per l’arrivo di un progetto di questa scala dedicato alla Terra di Mezzo, o di far partire il pessimismo cosmico derivante dal riciclo di meccaniche già viste all’interno del sistema di gioco? Dopo una dimostrazione durata solo un’ora non possiamo davvero dirlo con certezza. Ciò che possiamo dirvi è che l’opera di Monolith ha del potenziale, e che, sfruttando al meglio le idee originali introdotte dalla casa nella mescolanza di sistemi riutilizzati, potrebbe effettivamente trasformarsi un titolo degno del nome che porta. Non ci resta che aspettare, sperando che la software house dimostri ancora una volta la sua abilità, anche quando ricicla.