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Robinson: The Journey

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Avatar di Gottlieb

a cura di Gottlieb

Pubblicato il 24/08/2016 alle 00:00
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Mentre alcuni degli sviluppatori odierni, italiani e non, esaltano la semplicità e l’immediatezza dell’Oculus Rift, c’è chi sta credendo nel PlayStation VR. Non giriamoci intorno: chiaramente la scelta arriva per accordi economici, ma è palese che la situazione scaturisca anche da decisioni ben precise. Tra queste c’è quella di Crytek, che nel suo presentarci Robinson: The Journey, con la stessa demo portata all’E3 e qui riproposta concedendoci anche un’intervista, sottolinea un concetto a loro molto chiaro: la VR su console Sony attualmente è molto più raggiungibile dal grande pubblico, mentre quella legata all’Oculus richiama una platea molto più di nicchia, costretta a una grande spesa per il device, seguita poi dalla ricerca di una potente macchina capace di gestire la potenza richiesta. Portare, pertanto, Robinson sul fu Project Morpheus, per Crytek, significa riuscire conquistare una community più ampia, puntando sempre sulla nostalgia.

Alla ricerca della valle incantataSembra strano apporre il termine “nostalgia” accanto a una tecnologia che sta guardando al futuro, che per Crytek sembra essere decisamente radioso. Eppure il volersi concentrare sui dinosauri nasce proprio da un concetto nostalgico: non che sia un concetto universale, perché non è reale per chi vi scrive, ma nell’azienda tedesca madre di Crysis l’idea che il primo giocattolo di ogni bambino sia stato un dinosauro è forte. Quindi non vi era soluzione migliore, tra quelle proposte negli edifici di Francoforte, che lanciare il videogiocatore in un viaggio nel mondo dei dinosauri. Robinson è uno di noi e la realtà aumentata non è altro che i nostri occhi che vedranno il mondo così com’era tanti anni fa, secondo Crytek: l’avventura di Robin, un dodicenne sopravvissuto alla distruzione della nave Esmeralda, diventa la nostra avventura, e la sua esplorazione del mondo in cui si è ritrovato catapultato diventa la nostra stessa ricerca della verità. Accompagnati quindi da un amico robotico, capace di librarsi in area e aiutarci con dei suggerimenti, ci siamo lanciati in un’esperienza in prima persona, che ci ha permesso di ruotare la testa in ogni momento per osservare la ricostruzione grafica di Robinson realizzata dall’azienda teutonica. 

Scalata verso il nidoInizio, recentemente, ad avere difficoltà nel giudicare in maniera oggettiva la capacità di un prodotto di provocare motion sickness, perché personalmente non ne ho mai pesantemente sofferto. Dal mio punto di vista, pertanto, Robinson: The Journey non ha problemi in tal senso e il lavoro di Crytek può essere assolutamente lodato, soprattutto perché il movimento sugli assi non è eccessivamente brusco e, inoltre, la direzione verso cui dirigersi, gestita sempre con la levetta destra, non è fluida, bensì a 45 gradi, il che riduce tantissimo l’effetto di eventuale motion sickness. Pur trovando, quindi, limitativa la scelta di non concedere un’esplorazione open world, ma di creare una sorta di binario anche nella VR, c’è stato modo di apprezzare l’intera infrastruttura dell’ambiente creato, che chiaramente alterna all’esplorazione anche la risoluzione di alcuni enigmi. Le azioni a noi unicamente riservate sono quelle di arrampicarsi, utilizzando una combo visiva e col pad, e di sollevare oggetti utilizzando uno strumento capace di alterare l’attività gravitazionale delle cose. Arrampicarsi è il cardine della nostra esplorazione, perché il mondo nel quale ci troviamo, e che stiamo cercando di decifrare, è realizzato su più livelli, ma quello che abbiamo testato noi non richiedeva un passaggio eccessivamente ostico dall’uno all’altro: un level design, quindi, abbastanza elementare, con una scalata verso il punto più alto che era unidirezionale. La combo di cui parlavamo poc’anzi non è altro che una semplice unione tra il nostro fissare con gli occhi la sporgenza sulla quale appendersi, per la maggior parte del tempo dei funghi arboricoli, e utilizzare i due trigger del controller PlayStation 4: non c’è molto realismo in tale azione perché le mani, staccate e corpo a sé quasi come se fossimo dei novelli Rayman, possono accavallarsi senza problemi, pertanto aggrapparsi sull’estremità sinistra utilizzando la mano destra, mentre quella mancina è ancorata all’estremità opposta, sarà possibile. Pretendere del realismo in un mondo di dinosauri sembra quasi una richiesta assurda, ma sicuramente avere un concetto di esplorazione il più vicino possibile a qualcosa di tangibilmente reale non ci avrebbe dispiaciuto. Per quanto riguarda invece gli enigmi, l’unico che ci ha richiesto un’attenzione maggiore rispetto agli altri, comunque abbastanza basilari, è stato il dover lanciare un brontosauro verso un frutto appeso a un ramo, scuotendo quest’ultimo attraverso il nostro modificatore gravitazionale. Il suggerimento, poi, che arriva dal nostro accompagnatore robotico è sempre pronto a velocizzare tutti gli enigmi, semplificando molto la risoluzione degli stessi.

Arrivati alla conclusione della nostra scalata, che ci ha portato dritti nel nido di uno pterodattile alla ricerca di un oggetto misterioso, Crytek si è lasciata andare in un’autocelebrazione dell’ambiente ricreato, che ci ha permesso di osservare dal punto più alto della demo l’intero mondo che vediamo ai nostri piedi: una ricostruzione mozzafiato, che va dalle cascate alle vegetazioni mesozoiche, con arbusti possenti attraversati da creature immense e maestose, allo stesso tempo spaventose e affascinanti. Dal brontosauro che ci osserva incuriosito, ma non interessato al mangiarci, fino agli pterodattili, spaventati per il proprio nido e pronti a scacciarvi dal loro territorio in caso di invasione; in attesa, chiaramente, di poter vedere anche altri di queste maestose creature che popolavano il periodo giurassico. Resta tutto avvolto nel mistero, per adesso, il posizionamento temporale della nostra avventura, perché l’ambiente circostante sembra più un aver ricreato un universo parallelo, piuttosto che un vero salto nel passato per Robin, che ricordiamo essere arrivato in questo mondo con un’astronave andata distrutta. Non ha mai conosciuto la Terra, non conosce il mondo esterno: questo è ciò che vede per la prima volta. Crytek punta su questo mistero e punta sull’esperienza VR, che per ora ci ha soddisfatto. Aspettiamo ora novità, per questo e per The Climb.

– Ambiente ricreato con grande attenzione

– Grande potenziale per il gameplay

– Motion sickness molto limitata

C’è del potenziale in Robinson: The Journey, ma sembra ancora molto inespresso. La storia di per sé sembra interessante, soprattutto nel momento in cui il giovane Robin deve scoprire come sia possibile arrivare in un mondo popolato di dinosauri; accanto a tale situazione c’è da sottolineare che la costruzione e la realizzazione dell’ambiente è sicuramente affascinante, oltre che precisa e piacevole da osservare in VR. Il livello di motion sickness è davvero molto basso, soprattutto per la limitazione della telecamera che ruota a 45 gradi piuttosto che in maniera fluida: un pegno per il piacere dell’esplorazione, ma un escamotage per placare il senso di nausea e favorire un’esplorazione guidata verso un mondo completamente nuovo. Resta molto da scoprire del gameplay, che speriamo possa andare oltre gli enigmi testati, fin troppo basilari, per adesso.

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