Fin dal suo debutto nel 2001, la saga di Halo ha ridefinito il genere degli sparatutto in prima persona su console, diventando un'icona culturale e il fiore all'occhiello del marchio Xbox.
Attraverso battaglie epiche, una narrazione fantascientifica avvincente e un comparto multigiocatore che ha fatto la storia, le avventure di Master Chief, dell'Arbiter e di Cortana hanno catturato l'immaginazione di milioni di giocatori.
Stilare una classifica sul miglior capitolo è quindi molto complicato ma anche un bellissimo viaggio attraverso ricordi e qualche passo falso.
In questa speciale classifica, ci addentreremo nel cuore pulsante della saga, analizzando in dettaglio ogni capitolo principale della serie FPS, dal meno riuscito a quello che riteniamo essere il miglior episodio, seguendo una classifica ponderata che tiene conto di svariati aspetti, non solo legati a campagna, multigiocatore e impatto, ma anche per alcune qualità nascoste talvolta poco sottolineate.
È importante sottolineare che sono stati volutamente esclusi i titoli non appartenenti alla linea principale degli sparatutto, come gli strategici Halo Wars e gli sparatutto con visuale isometrica Spartan Assault e Spartan Strike, per concentrarci sull'esperienza FPS che ha consacrato il franchise.
8) Halo 5: Guardians
Posizionato in fondo a questa classifica, Halo 5: Guardians rappresenta forse il capitolo più controverso e divisivo dell'intera saga. Uscito nel 2015 per Xbox One, il titolo di 343 Industries si presentava con ambizioni enormi: spingere al massimo l'hardware della nuova console, evolvere il gameplay e introdurre una narrazione audace che mettesse in discussione la figura stessa di Master Chief.
La campagna di Guardians è il suo più grande punto debole. La storia, incentrata sulla caccia a un Master Chief apparentemente disertore da parte di una nuova squadra di Spartan, il Fireteam Osiris guidato dall'Agente Locke, deluse profondamente.
La tanto pubblicizzata contrapposizione tra i due super-soldati si risolve in poche, deludenti scaramucce, mentre la narrazione si perde in sottotrame complesse legate all'universo espanso, risultando quasi incomprensibile per chi non avesse letto i romanzi e i fumetti.
La scelta di far giocare la maggior parte delle missioni nei panni di Locke anziché del ben più amato Chief fu un errore di valutazione che alienò una vasta fetta di pubblico, anche considerando che lo spartan, interpretato da Mike Colter, non presentò minimamente lo stesso carisma dell'Arbiter visto in Halo 2.
La trama, che vede Cortana trasformarsi in una minaccia galattica con intenti dittatoriali, fu un colpo di scena senz'altro audace ma gestito in modo frettoloso, lasciando più domande che risposte e un finale insoddisfacente.
Sul fronte del gameplay, tuttavia, Halo 5 introdusse delle novità positive. Il sistema di movimento venne reso più fluido e moderno, con l'aggiunta dello scatto (standard e non più un'abilità), della scivolata, della spallata e della possibilità di mirare in aria (Smart Scope) per tutte le armi.
Sebbene queste meccaniche abbiano reso il gioco più veloce e dinamico, molti puristi storsero il naso, vedendole come un allontanamento dalla formula classica di Halo. Va comunque sottolineato che l'idea funzionava, anche perché resero gli Spartan molto più vicini alla lore di quanto non lo siano stati i capitoli precedenti.
Infatti, tutte queste meccaniche, hanno portato inevitabilmente a un comparto multiplayer che funzionava egregiamente e che offriva un'esperienza competitiva bilanciata e rifinita. Anche l'idea della modalità Warzone non era male, ovvero un'epica battaglia su larga scala 12v12 che mescolava elementi PvP e PvE, con l'introduzione di basi da catturare, boss controllati dall'IA e un sistema di requisizione (REQ) per sbloccare armi e veicoli.
A punire Halo 5, oltre alla campagna, fu senz'altro il ritardo della modalità Fucina, le microtransazioni troppo necessarie e la rimozione dello split-screen.
7) Halo Infinite
Halo Infinite è un paradosso. Rilasciato nel 2021 dopo uno sviluppo travagliato e un rinvio di un anno, il gioco fu presentato come un "reboot spirituale", un ritorno alle origini che avrebbe dovuto unire il gameplay classico con la modernità. E per molti versi, ci è riuscito.
La campagna di Infinite segna un netto passo avanti rispetto al suo predecessore. Abbandonando le complessità narrative di Halo 5, la storia si concentra su un Master Chief più umano e vulnerabile, naufrago su un misterioso anello Zeta Halo (se volete approfondire qui trovate la lore completa), frammentato e controllato dai Brute noti come Esiliati.
Il rapporto tra Chief, la sua nuova IA "l'Arma" e il pilota Echo 216 costituisce il cuore emotivo di una narrazione intima, ma forse fin troppo fan service, principalmente ancorata a vecchi ricordi, riferimenti all'universo espanso e con diverse mancanze narrative dovute alla volontà di supportare il gioco sul lungo periodo (che non funzionò).
Va comunque sottolineato che l'introduzione di una struttura open-world, per quanto non rivoluzionaria e a tratti ripetitiva nelle attività secondarie, offriva una libertà sandbox interessante nel gioco. L'utilizzo del Rampino è una delle migliori innovazioni mai viste nella serie, trasformando l'esplorazione e il combattimento in un'esperienza molto più dinamica e fedele all'idea originale del franchise.
Se c'è una cosa che 343 (ormai Halo Studios) non ha mai sbagliato è certamente il gameplay. Anche su Halo Infinite questo si è dimostrato sublime, uno tra i migliori FPS della generazione: un perfetto equilibrio tra la "danza dorata" (armi, granate, corpo a corpo) dei capitoli classici e la fluidità dei movimenti moderni. Il gunplay è reattivo, preciso e soddisfacente ancora oggi, segno dell'enorme lavoro svolto da parte del team.
Il vero problema del gioco fu senza dubbio il post-lancio, vero tallone d'Achille. Il multigiocatore, rilasciato in versione beta gratuita, fu acclamato al lancio per le sue meccaniche solide. Eppure, una cronica mancanza di contenuti, una progressione iniziale frustrante e la lenta implementazione di modalità fondamentali come la Forgia e la Campagna Cooperativa hanno minato la fiducia della community. L'ambizioso modello di "gioco come servizio" non è riuscito a mantenere le promesse, lasciando l'impressione di un potenziale enorme ma solo parzialmente realizzato.
6) Halo 3: ODST
Nato originariamente come un'espansione per Halo 3 e poi evolutosi in un titolo stand-alone, Halo 3: ODST è un esperimento affascinante e riuscito. Abbandonando i panni di Master Chief, siamo tenuti a vestire i panni della "Recluta", un Orbital Drop Shock Trooper (ODST), disperso nella città di New Mombasa durante l'invasione Covenant vista in Halo 2.
Ciò che rende ODST speciale è il suo cambio di tono e prospettiva. Non si è più una macchina da guerra quasi invincibile. Si è vulnerabili. La salute non si rigenera completamente e bisogna fare affidamento su medkit. Questo cambiamento si riflette in un'atmosfera unica, malinconica e quasi noir.
Vagare per le strade notturne e desolate di New Mombasa, accompagnati da una colonna sonora jazz e indimenticabile di Martin O'Donnell, è un'esperienza suggestiva e potente ancora oggi (non per altro viene considerata una delle migliori colonne sonore degli ultimi 20 anni).
Anche la struttura fu un'esperimento, visto che si allontanò parzialmente dalla linearità: esplorando la città, la Recluta trova oggetti che innescano flashback, permettendo di giocare nei panni degli altri membri della sua squadra durante gli eventi del giorno precedente.
ODST non aveva un multigiocatore competitivo tradizionale (includeva un secondo disco con l'intera esperienza multiplayer di Halo 3), ma introdusse una modalità che sarebbe diventata un classico: la Sparatoria (Firefight). Questa modalità cooperativa a ondate, in cui fino a quattro giocatori dovevano resistere a forze Covenant sempre più agguerrite, offriva una rigiocabilità notevole, fortemente ispirata all'Orda di Gears of War.
5) Halo: Reach
L'ultimo gioco della serie sviluppato dai suoi creatori originali, Bungie, Halo: Reach è un prequel di Halo: Combat Evolved e racconta la tragica storia della caduta del pianeta Reach, l'ultima roccaforte militare dell'umanità. È una storia dal finale già scritto, una cronaca di una sconfitta inevitabile, e proprio per questo risulta ancora oggi incredibilmente potente ed emozionante.
La campagna di Reach è ancora oggi apprezzatissima dalla community. Per la prima volta, impersoniamo uno Spartan che non è Master Chief, ma un membro personalizzabile del Noble Team, una squadra di Spartan-III. Questo ha permesso a Bungie di creare personaggi nuovi e di esplorare il tema del sacrificio del pianeta Reach in maniera più toccante.
Anche il tono del giocò fu molto diverso rispetto ai precedenti: cupo, disperato, e con un finale, in cui si combatte un'ultima, impossibile battaglia per la sopravvivenza, che ancora oggi è ricordato come uno dei momenti più iconici e struggenti della storia dei videogiochi.
Il gameplay subì diverse modifiche rispetto ai precedenti capitoli, introducendo le Abilità Armatura, come lo Scatto, il Jetpack e l'Invisibilità. Il multiplayer, invece, era ricco di contenuti, con una personalizzazione del proprio Spartan tra le migliori viste nella serie e modalità di gioco inedite, oltre che versione migliorata della Forgia vista in Halo 3. Reach fu il culmine della visione di Bungie per Halo: un pacchetto completo, rifinito e carico di pathos, un addio perfetto alla saga che avevano creato.
4) Halo 3
"Finish the Fight". Con questo slogan, Halo 3 arrivò nel 2007 come l'evento videoludico dell'anno, presentandosi come la conclusione della trilogia originale, il capitolo che doveva dare una risposta a tutte le domande e portare a termine la guerra contro i Covenant e i Flood.
La campagna di Halo 3 viene ancora oggi considerata la migliore della serie, non tanto per la sua narrativa, ma per lo più per la varietà che offriva. Le grandi battaglie su larga scala ed enorme campi aperti, con un uso massiccio di veicoli e un'intelligenza artificiale nemica brillante e momenti come l'assalto a due Scarab contemporaneamente o la fuga finale a bordo di un Warthog su un Halo in collasso sono impressi nella memoria di ogni giocatore (noi compresi).
Sebbene la trama non ebbe la stessa profondità introspettiva di Halo 2 e si concluse forse in maniera troppo frettolosa, riuscì a chiudere il cerchio in maniera soddisfacente, regalando un finale eroico e catartico (pur non rispondendo a tutte le domande). L'introduzione della cooperativa a 4 giocatori online per la campagna fu una novità per la serie e anche un'enorme sorpresa che ne elevò ulteriormente la rigiocabilità.
Anche il multigiocatore di Halo 3 è ancora oggi considerato da molti come l'apice della serie. Mappe iconiche come The Pit, Guardian e Valhalla sono diventate arene leggendarie, più volte replicate nei titoli successivi.
Ma la vera rivoluzione fu l'introduzione della Forgia, un editor di mappe che diede ai giocatori strumenti potentissimi per creare le proprie arene e modalità di gioco, e della Modalità Cinema, che permetteva di registrare, rivedere e condividere le proprie partite. Queste due feature crearono una community incredibilmente attiva e creativa, la cui influenza si sente ancora oggi. Con tranquillità mi sento di scrivere che Halo 3 fu più di un gioco; fu un vero e proprio fenomeno sociale.
3) Halo: Combat Evolved
Tutto è iniziato qui. Nel 2001, Halo: Combat Evolved non solo lanciò la console Xbox, ma cambiò per sempre le regole degli sparatutto in prima persona su console. Prima di Halo, gli FPS su pad erano spesso goffi e imprecisi. Bungie risolse il problema con un sistema di controllo magistrale che divenne lo standard per il genere e soprattutto diede vita al concetto "sandbox" negli FPS, preso poi come ispirazione per la realizzazione di un certo Half-Life 2.
La campagna di Combat Evolved fu la grande sorpresa. Nei panni del misterioso supersoldato Master Chief, veniamo catapultati su un'enigmatica struttura a forma di anello: Halo. Quella che inizia come una guerra contro gli alieni Covenant si trasforma in un susseguirsi di colpi di scena, sfiorando più volte anche tematiche horror.
Il senso di mistero e scoperta che pervase l'esplorazione dell'anello è ancora oggi impareggiabile. Il design delle missioni, con i suoi ampi spazi aperti che incoraggiavano l'uso di veicoli come il Warthog, era rivoluzionario per l'epoca. Certo, rivisto oggi, il level design di alcune missioni (come la famigerata "Biblioteca") può risultare certamente ripetitivo, ma l'impatto complessivo del gioco rimane straordinario.
Anche il multigiocatore, sebbene supportasse solo il System Link e lo split-screen locale, gettò le basi per tutto ciò che sarebbe venuto dopo. Mappe come Blood Gulch, Hang 'Em High e Damnation sono diventate pietre miliari del genere, ancora oggi molto apprezzate e protagoniste di una serie Machinima "poco conosciuta" (si fa per dire) chiamata Red vs Blue.
2) Halo 4
Dopo l'addio di Bungie, il timone della saga passò a 343 Industries. La pressione era immensa. Il loro primo titolo, Halo 4, non solo doveva dimostrare di essere all'altezza dell'eredità, ma doveva anche dare un nuovo inizio alla storia di Master Chief. Il risultato è, a parere di chi scrive, uno dei capitoli più sottovalutati e narrativamente più maturi dell'intera serie (e sono certo che molti non saranno d'accordo, ma è questo il bello delle classifiche).
La campagna di Halo 4 è un capolavoro di narrazione e caratterizzazione. Risvegliatosi dopo quattro anni alla deriva nello spazio, Master Chief si trova ad affrontare una nuova, antica minaccia, i Prometeici, su un mondo scudo dei Precursori chiamato Requiem. Ma il vero cuore della storia è il rapporto tra Chief e la sua compagna IA, Cortana.
Affetta dalla "rampancy", una sorta di demenza senile per le intelligenze artificiali, Cortana sta letteralmente perdendo se stessa. Per la prima volta, vediamo Master Chief non solo come un soldato, ma come un uomo disperato che cerca di salvare la sua unica, vera amica. La sceneggiatura è toccante, intima e drammatica, e il doppiaggio (sia in inglese che in italiano) alza notevolmente l'asticella, anche dal punto di vista recitativo.
Tra l'altro, dopo un terzo capitolo criticato e un Reach che poteva forse fare di più, Halo 4 era finalmente un gioco tecnicamente e visivamente impressionante, nonché il gioco più incredibile visto su Xbox 360.
Il multigiocatore fu invece più controverso. Introdusse le Specializzazioni e i loadout personalizzabili, un sistema ispirato a Call of Duty che non fu apprezzato da tutti i puristi.
Tuttavia, offriva un'esperienza veloce, fluida e ricca di contenuti, inclusa la modalità cooperativa a episodi Spartan Ops, un ambizioso (sebbene non del tutto riuscito) tentativo di fondere narrazione e multiplayer. Nonostante le critiche al suo comparto online, la forza emotiva della sua campagna merita di posizionare Halo 4 a un livello di eccellenza narrativa raramente raggiunto dalla serie.
1) Halo 2
Al primo posto, non può che esserci Halo 2. Rilasciato nel 2004, questo sequel non si limitò a replicare la formula del predecessore: la espanse, la approfondì e la rivoluzionò in modi che hanno definito il gaming online per un'intera generazione.
La campagna di Halo 2 si dimostrò una delle migliori campagne di fantascienza: epica e ben raccontata. La scelta decisamente coraggiosa di far giocare metà delle missioni nei panni dell'Arbiter, un comandante Elite dei Covenant caduto in disgrazia, fu una vera e propria sorpresa per molti, ma si rivelò sul lungo andare una mossa davvero geniale.
Questa doppia prospettiva permise di esplorare la cultura, la politica e le lotte intestine dei Covenant, trasformandoli da semplici nemici alieni a una civiltà sfaccettata e credibile. La narrazione, ricca di intrighi, tradimenti e rivelazioni, approfondì la lore dell'universo di Halo in modo esponenziale. Certo, il finale in "cliffhanger" è uno dei più famosi e frustranti della storia, ma è anche la testimonianza dell'incredibile ambizione di un progetto che voleva raccontare una storia più grande di quanto un singolo gioco potesse contenere.
Ma il vero lascito di Halo 2 è certamente il multiplayer. Fu il titolo che rese Xbox Live il servizio di riferimento per il gaming online su console. Introdusse il matchmaking, le playlist, un sistema di ranking basato sull'abilità (il TrueSkill), la gestione dei party e clan, tutti elementi che oggi diamo per scontati ma che all'epoca furono rivoluzionari.
Il gameplay venne perfezionato con l'introduzione del dual-wielding (la possibilità di impugnare due armi contemporaneamente) e della possibilità di abbordare i veicoli nemici. Le mappe pensate in maniera superba e l'equilibrio delle armi, sebbene non perfetto, creò un meta-gioco profondo e competitivo che tenne incollati milioni di giocatori per anni.
L' Anniversary Edition del 2014, con le sue spettacolari cutscene rifatte da Blur Studio, non ha fatto altro che cementare lo status leggendario di questo capitolo.
Halo 2 non è stato quindi solo un gioco. È stato un punto di svolta, un fenomeno culturale che ha plasmato il futuro degli sparatutto e del gioco online, un capolavoro la cui influenza è ancora oggi immensa e ineguagliata.