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One Piece: Burning Blood

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Avatar di Marzo

a cura di Marzo

Pubblicato il 16/05/2016 alle 00:00
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One Piece: Burning Blood, annunciato lo scorso settembre da Bandai Namco, ha un difficile obiettivo: conquistare la fanbase dell’epopea di Oda con un titolo capace di far dimenticare le promesse non mantenute dai precedenti titoli legati alla saga. L’impegno profuso dalla società giapponese è evidente, così come la volontà di produrre finalmente un titolo davvero degno di portare su schermo le avventure di Rufy e della sua ciurma di pirati. Questa volta lo sviluppo è nelle mani della software house Spike Chunsoft, già creatrice di J-Stars Victory, picchiaduro principalmente noto per l’enorme roster a disposizione e per l’accessibilità del gameplay: un compito non certo facile da assolvere, considerando le enormi aspettative dei fan e la caratura del manga che dà il nome al titolo. Dopotutto One Piece è un battle shonen dello stampo più classico, e quale genere potrebbe incarnare i valori della saga meglio di un picchiaduro dotato di un combat system votato alla spettacolarità?

L’assalto di Marineford
A partire dal menù introduttivo si percepisce lo zampino di Spike, la nuova software house incaricata dello sviluppo: One Piece: Burning Blood presenta un numero elevatissimo di modalità e contenuti pronti a soddisfare qualsiasi palato, dal meno esigente al più hardcore. La prima a presentarsi sotto i nostri occhi è chiamata Guerra Suprema, un nome altisonante per definire la più classica modalità avventura, nella quale i giocatori potranno vestire i panni di Rufy, Barbabianca, Akainu e Ace durante la leggendaria battaglia di Marineford, punto di svolta per la saga e perno centrale da cui in seguito si scatenano numerosi eventi; tra cui la Guerra della Vendetta intrapresa dalla ciurma contro i pirati di Barbanera. Il fascino di questo evento pare colto in maniera parziale a causa di un racconto forzatamente frammentato: le gesta di ogni singolo personaggio sono infatti rappresentate da un diagramma ad albero disegnato sulla mappa di Marineford, il quale non permette una narrazione fluida e efficace a causa della sua intrinseca natura. Esso collega infatti arene diverse inframmezzate da cut-scene d’intermezzo ben realizzate, ma che purtroppo non riescono a mantenere un ritmo alto e presto divengono solamente un piacevole momento d’attesa prima dello scontro successivo. Durante la prova abbiamo avuto il tempo necessario per vivere quasi fino all’epilogo le avventure di Rufy, saltando qualche battaglia qua e là: la durata media di ogni singola campagna pare assestarsi intorno alle due/tre ore, considerando anche alcuni scontri extra facoltativi giocabili durante l’avventura dei singoli personaggi. Ciò che ci ha piacevolmente colpito è il progressivo aumento di difficoltà, che rende le partite sempre interessanti e dall’esito mai scontato, sopratutto nelle battute finali dove la ciurma combatte contro le proprie nemesi.
Modalità come se piovessero
La seconda modalità presente nel menù principale di One Piece: Burning Blood è chiamata VS Ricercato e prevede un consistente numero di missioni in diverse location (oltre la decina) e dal crescente grado di difficoltà. Questo cluster di attività contiene anche due sottomodalità specifiche, “Pratica Raleygh” e “VS Ricercato Top”: la prima permette al giocatore di combattere in battaglie dagli obiettivi altamente specifici, come il bloccare un certo numero di colpi con una guardia particolare o l’uso di specifici personaggi per conseguire la vittoria, e si rivela molto utile per coloro che vogliono apprendere tutti i segreti insiti nel combat system del titolo. La seconda, “VS Ricercato Top”, propone delle sfide veramente toste in cui il guadagno di Berry – la valuta utile a comprare personaggi in-game – aumenta sensibilmente e nelle quali i nemici picchiano fortissimo, lasciando al giocatore nemmeno un attimo di tregua: entrambe la versioni hardcore e vanilla della modalità VS Ricercato saranno supportate settimanalmente dopo il lancio del gioco con nuovi contenuti generati da Spike Chunsoft stessa. Sempre parlando di tipologie di gioco è presente la più classica “Battaglia Libera”, dove un giocatore può affinare le proprie skill combattendo contro la CPU in match personalizzati oppure lottando insieme ai propri amici in scontri testa a testa, quest’ultimi con altrettanti parametri settabili utili a variare l’esperienza di gioco. Purtroppo non abbiamo avuto modo di provare la componente online, ma ci è stata offerta da Bandai Namco la possibilità di dare un’occhiata in anteprima alla modalità Pirate Flag Battle, che per certi versi ricorda la lotta tra fazioni di Mortal Kombat: all’inizio di ogni stagione il giocatore sarà costretto a scegliere tra la quindicina di ciurme disponibili – tutte rigorosamente mutuate dall’anime – per divenire parte di un gruppo mondiale di individui recanti la stessa bandiera pirata. In seguito è quindi possibile sfidare altre fazioni avversarie in scontri 1v1 online o contro la CPU per la conquista di tutte le isole della Rotta Maggiore; in modo tale che alla fine di ogni stagione verrà eletto una squadra vincitrice che potrà ottenere dei premi ‘cosmetici’ per decorare il proprio emblema. Ogni movimento della propria nave all’interno dell’arcipelago costerà alcuni punti Logpose che si andranno a sottrarre al conteggio generale, rappresentato da una barra verde posta in basso a sinistra dell’interfaccia: quest’ultima si rivela una meccanica estremamente interessante, che costringe il giocatore a un’economia di punteggio per trarre il massimo punteggio dalle proprie scorribande. 
Threesome fightin’
One Piece: Burning Blood è stato definito da Bandai Namco il punto d’incrocio tra J-Stars Victory e la celebre saga picchiaduro di Naruto Shippuden: il combattimento standard prevede l’impiego di tre combattenti per scontro, supportati da altrettanti personaggi capaci di donare power-up e modificatori in tempo reale durante la battaglia. Il roster del titolo è infatti spaccato a metà, con una parte di personaggi utilizzabile durante le partite e un’altra relegata a semplice icona nella parte bassa dello schermo, attivabile con la pressione delle frecce direzionali per scatenare i poteri singoli di ogni pirata di supporto. Gli eroi effettivamente giocabili sono circa quaranta, mentre i support si aggirano intorno alla sessantina: i primi sono ulteriormente divisi in categorie basate sul loro stile di combattimento, chi è definito potente – come il possente Barbabianca, chi bilanciato come Portoguese D. Ace e chi tecnico come la propompente Hancock; ognuno con il proprio stile di combattimento declinato dalle categorie di provenienza appena citate. Il combat system strizza l’occhio a quello più accessibile e semplicistico di J-Stars Victory, mentre la spettacolarizzazione degli eventi a schermo ricorda molto le devastanti mosse pirotecniche di Naruto Shippuden. Ogni tasto sul joypad ha una particolare funzione dedicata: il tasto quadrato è adibito alla mossa base mentre la pressione del tasto triangolo scatena la mossa specifica di ogni singolo lottatore. La parata non è direzionale ed è assegnata al tasto cerchio, mentre L1, in combinazione con gli altri tre tasti appena citati, genera tre pirotecniche mosse esclusive dei singoli eroi, due di attacco più una puramente difensiva, le quali traggono potere dalla barra Furore, ricaricabile sferrando attacchi base. Il numero di combo è abbastanza limitato e il timing della parata può risultare inizialmente complesso per coloro che non sono avvezzi al genere, rendendo questa tipologia di giocatore spesso inerme di fronte ai propri avversari. La dinamica di tag team è molto semplice: i tre lottatori possono essere alternati in qualsiasi momento con la pressione del tasto L1, sacrificando una tacchetta della barra Furore, mentre calandoli in battaglia durante il furioso attacco di un nemico divengono preziosi combo breaker al costo di due unità Furore. Nonostante il combat system sia molto semplice e abbastanza limitato nelle combo a disposizione, esso si rivela godibile sopratutto per coloro che cercano un gioco dedicato a One Piece e non per gli hardcore duri e puri maestri di picchiatutto ben più tattici e profondi. Il frame rate è rimasto stabile sui 30fps per secondo durante tutta la prova – che ci ha coinvolto per più di due ore – mentre l’impatto visivo è ottimo, seppur un gradino sotto l’ultimo Naruto Shippuden rilasciato sul mercato. Il particolare cell shading utilizzato da Spike Chunsoft riesce a ricreare perfettamente le atmosfere dell’anime, pitturando sui volti degli eroi espressioni esagerate ma pur sempre credibili: le loro movenze, che risultano particolarmente legnose tra una transizione e l’altra, sono ricostruite con grandissima cura nei dettagli e lanciare un cannone Gam Gam contro un nemico indifeso è visivamente una soddisfazione senza eguali.

– Un roster di lottatori massiccio

– Gameplay accessibile e spettacolare a livello scenico

– Tantissime modalità di gioco

One Piece: Burning Blood potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza per i videogiochi che vedono protagonista Cappello di Paglia: il titolo propone tantissime modalità e un roster invidiabile suddiviso in categorie ben distinte tra loro; mentre il gameplay, pur risultando fin troppo semplice e povero di combo, appare particolarmente soddisfacente e spettacolare sopratutto per coloro che amano divertirsi senza impegno, magari insieme a un proprio amico. Rimanete sintonizzati su Spaziogames.it: tra poche settimane avremo l’onore di poter dare un giudizio definitivo sull’ultima fatica di Bandai Namco!

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