Anteprima

Medal Of Honor: Warfighter

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a cura di Mugo

Stoccolma – La settimana scorsa avete potuto leggere su queste pagine un articolo dedicato all’esperienza singleplayer di Medal Of Honor: Warfighter, al quale è seguito il nostro punto di vista sulla beta recentemente resa disponibile, ma la nostra copertura del titolo Danger Close non è certo finita! Durante il nostro viaggio nella capitale svedese abbiamo potuto passare un paio d’ore con mouse e tastiera in pugno (la versione provata è quella PC infatti) per provare alcune delle modalità multiplayer che vedremo nel prodotto finito. Non solo, perché abbiamo avuto la fortuna di incontrare una compatriota, Elisabetta Silli, la Senior Level Designer al lavoro su alcune delle mappe. 

Conquest 
Conquest è il nome che gli sviluppatori di Medal Of Honor: Warfigther hanno dato alla modalità multiplayer che chiede alle due squadre di giocatori coinvolte di conquistare e mantenere tre punti sulla mappa. Il possesso di ognuno di questi punti garantisce alla squadra che lo controlla il corrispondente punteggio, premiando così la compagine che allo scadere del tempo si è rivelata più abile del mantenere il dominio del terreno di gioco. Non si tratta certo di una novità assoluta, ma il divertimento ci è parso assicurato dall’ottimo design della mappa provata. Questa, ambientata in una cittadina somala, era un intricato groviglio di vie, viuzze e case diroccate che offriva ben più di un’opzione tattica: muoversi fulminei come un cacciatore è sembrata una buona idea in più di un’occasione, ma anche un approccio più ragionato, magari sfruttando strettoie e percorsi paralleli, ci ha ripagati in termini di uccisioni. 
Hotspot 
La modalità Hotspot, che avete già potuto provare nella beta, divide le mappe in diverse macro aree da conquistare entro un tempo limite. Per farlo la squadra attaccante deve posizionare una carica esplosiva nei punti prestabiliti e proteggerla fino al momento della detonazione, mentre i difensori hanno il compito di impedire l’avanzata degli avversari e disinnescare l’esplosivo qualora questi fossero riusciti ad attivarlo. Come nel caso della modalità Conquest, anche qui la mappa provata ci è piaciuta particolarmente: sul fianco di una collina e poi tra qualche costruzione in rovina abbiamo apprezzato l’alternarsi di fasi concitate a tu per tu col nemico, con momenti di più ampio respiro nei quali il supporto dei cecchini si rivelava particolarmente gradito.Un buon gioco di squadra ci è parso la conditio sine qua non per riuscire a trionfare sui giocatori avversari, non si può prescindere infatti da un alto livello di cooperazione quando ci si espone al fuoco nemico per posizionare le cariche esplosive, e poi una corretta disposizione di tutti gli attaccanti permette di proteggere le cariche fino alla loro esplosione. 
Homerun 
E qui le cose prendono una piega leggermente diversa, almeno per il fatto che non c’è il respawn! Si tratta di una modalità tutto sommato semplice nelle meccaniche (una squadra deve catturare la bandiera, l’altra difenderla), ma arricchita proprio dall’impossibilità di tornare in gioco una volta uccisi. Questo porta con se l’ovvia conseguenza di un gameplay veramente ragionato, nel quale il gioco di squadra diventa il vero valore aggiunto in grado di far pendere le sorti dello scontro verso la compagine che meglio riesce a coordinare le proprie azioni. Così, senza neanche il bisogno di mettersi tanto d’accordo, i vari Fireteam si comportano proprio come ci si aspetterebbe da degli operatori di Tier 1, uscendo dalle porte  disponendosi ventaglio per coprire tutto lo spettro visivo e coprendosi le spalle mentre si attraversano circospetti i corridoi.La mappa che abbiamo provato, ambientata a Sarajevo, sembrava fatta apposta per favorire un gameplay ragionato: l’assenza di respawn non ha fatto che sottolineare quanto sia indispensabile per vincere che tutti i giocatori agiscano in concerto. 
Intervista con Elisabetta Silli, Senior Level Designer
Spaziogames: Qual è stato il percorso lavorativo che ti ha portato a lavorare su Medal Of Honor: Warfighter? 
Elisabetta Silli: Ho iniziato a lavorare per Dice su Mirrorr’s Edge e sulla serie di Battlefield, poi sono passata ai Danger Close per seguire il nostro Creative Director, volevamo creare un multiplayer diverso ed era molto interessante mettere su una squadra affiatata. 
SG: A molti utenti interessa sapere quale percorso intraprendere per diventare game designer, tu che studi hai fatto? 
ES: So di cosa parli, anche per me è stata intensa la fase di ricerca, sono stata allo IED ed ho fatto il corso per game designer, dopo il quale ho iniziato a mandare curriculum per poi entrare in Ubisoft Italia, dove ho lavorato su Splinter Cell. Ho avuto il sogno di fare questo lavoro fin da piccola, direi che Ico è il mio gioco prefertito grazie ad un level design bellissimo. 
SG: In Italia il nostro settore è ancora visto come prettamente maschile, ti sei mai sentita un pesce fuor d’acqua a lavorare su sparatutto bellici? 
ES: So che in Italia c’è ancora questa immagine, ma qui in Svezia, come in America del resto, ci sono molte più giocatrici e non fa più molta notizia essere una donna che lavora nel settore, anzi, direi che colleghi sono sempre molto curiosi di sapere le mie opinioni perché do un parere diverso da quello degli uomini. 
SG: Qual’è stato il tuo ruolo nella realizzazione di Medal Of Honor: Warfither? 
ES: Ho lavorato su alcuni livelli del multiplayer, ho creato la mappa ambientata in Somalia e quella a Novi Grad. Durante la realizzazione ci siamo basati sui posti reali, dei quali abbiamo mantenuto gli elementi più iconici per utilizzarli come punti di riferimento. 
SG: La presenza dei Fireteam cambia lo sviluppo delle mappe? 
ES: Molto! Devi sempre calcolare che i Fireteam permettono ai giocatori di tornare in gioco di fianco al compagno, questo vuol dire che bisogna permettergli di avere delle zone sicure dove ripararsi per il respawn. Non parlo proprio di fortini, ma qualcosa del genere, bisogna lavorare molto sulle coperture. 
SG: Battlefield ha fatto della possibilità di distruggere le costruzioni uno dei suoi marchi di fabbrica, come mai avete preso una direzione diversa? 
ES: Noi abbiamo quella che chiamiamo micro distruzione, il perché è dato dal nostro gameplay che è parecchio diverso da quello del titolo DICE, noi ci basiamo molto sulle strettorie e sulla creazione di sentieri per lo scontro ravvicinato, dare la possibilità di distruggere le mappe voleva dire distruggere anche la giocabilità. Così abbiamo deciso di limitare la distruzione, magari al costo di un impatto visivo inferiore, ma diversamente non si poteva fare. 
SG: Quali differenze ci sono nel creare livelli per il multiplayer rispetto alla tua precedente esperienza sulla campagna? 
ES: E’ molto diverso, il multiplayer è bellissimo perché le tue mappe hanno una vita lunghissima, tutti le esplorano in maniera diversa e addirittura si scoprono cose che magari tu non avevi notato. Il single invece è più intenso, ha più animo, c’è la storia da raccontare e devi considerare come guidare il giocatore e come dare i suggerimenti e presentare gli spazi. Poi c’è da dire che anche il combattimento con l’intelligenza artificiale pone delle problematiche diverse. 
SG: Quest’anno i giocatori potranno scegliere tra due sparatutto bellici su console, quale pensi sia la caratteristica vincente di Medal Of Honor: Warfighter? 
ES: Direi la credibilità delle scene che abbiamo. E’ un po’ come paragonare un martello pneumatico allo scalpello, uno è la guerra e l’altro è lo scontro uomo contro uomo. La nostra campagna riguarda dei soldati che sono prima di tutto uomini, con i loro sentimenti e le loro emozioni.

I fireteam sono un’aggiunta interessante

Mappe molto divertenti

L’introduzione dei Fireteam ci sembra in grado di favorire il gioco di squadra e la coesione tra i giocatori a patto di mantenere alto il livello di comunicazione, se per caso si smette di coordinarsi, infatti, ecco che la magia si rompe e il gameplay prende una piega molto più generica. Le mappe provate sono sembrate tutte molto ben fatte e ricche di spunti interessanti, non ci resta dunque che attendere la versione completa per scoprire se la qualità riscontrata sia caratteristica comune a tutti i contenuti di Medal Of Honor: Warfighter.

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