Quando si tratta di vendite, quasi tutti i generi sono inseriti in uno strambo ciclo, che passa da momenti di successo strabiliante a blocchi quasi totali degli acquisti a seconda del periodo. I picchiaduro, in particolare, hanno raggiunto qualche anno fa il culmine della prosperità, al punto da portare molti sviluppatori a lanciarsi nel complesso mondo delle botte virtuali, ma si sono poi parzialmente congelati quando il mercato si è saturato di titoli della stessa tipologia.
Al momento piazzare un fighting game non è una passeggiata e le uscite sono quindi molto più rade, tuttavia ci sono comunque prodotti di qualità in sviluppo, che puntano spesso su marchi molto noti per superare i dubbi degli acquirenti (JoJo All Stars o il nuovo Guilty Gear, ad esempio). Persino Microsoft ha deciso di puntare su un marchio storico per lanciare le botte sulla sua nuova console: Killer Instinct, un nome amatissimo tra gli appassionati.
Il progetto non è stato affidato tuttavia a Rare, studio che ormai sembra bloccato in un limbo senza fine, bensì ai Double Helix, passati dallo status di “software house pessima” a quello di “promettente gruppo di sviluppatori” nel giro di un non meglio precisato nanosecondo. Nonostante la presenza di Ken Lobb, designer originale del titolo, nella squadra scelta, i dubbi erano parecchi. Parliamo pur sempre di un titolo che si è guadagnato un posto nei cuori della fighting community, improvvisamente affidato a un gruppo dall’esperienza limitata.
Noi parte di questi dubbi abbiamo voluto fugarli, e quindi abbiamo testato un po’ il gioco, cercando di analizzarne le meccaniche prima dell’uscita per valutarne parzialmente le potenzialità. Oggi vi sveliamo le nostre impressioni.
Co-co-co-co-combo breaker?
Praticamente chiunque sarà in grado di provare Killer Instinct al lancio, dopotutto Microsoft ha pensato bene di adottare un modello commerciale alquanto peculiare per questo picchiaduro, offrendolo a tutti i possessori di Xbox One a mò di demo con un singolo personaggio, e permettendo in seguito di ampliarla in vari modi. I personaggi della “prima stagione” saranno solo otto, quasi tutti già noti ai fan, e potranno venir comprati in un pack da 6, ottenuti prendendo una Ultra Edition che garantirà anche tutte le prossime uscite e costumi vari, o presi singolarmente a 5 euro l’uno a mò di DLC character. L’estensione limitata del roster non ha fatto gioire i giocatori, che hanno espresso preoccupazione anche sul modello commerciale dell’opera Double Helix. E’ però comprensibile che Microsoft voglia tentare altre strade, e sperimentare nuove vie per diffondere più rapidamente i picchiaduro nelle case, specie in una parentesi in cui le vendite sono scarsine. Certo, si poteva fare di meglio per invogliare il pubblico all’acquisto, ma ormai la porta è stata aperta.
Anche gli sviluppatori, ad ogni modo, sembrano voler puntare a una diffusione a macchia d’olio, e per farlo hanno optato per un peculiare sistema di combattimento, più stratificato del solito e nel quale la barriera da superare per divenire giocatori esperti è ben più evidente di quelle viste in altri videogame simili. Le meccaniche fondamentali, infatti, sono estremamente simili a quelle dei predecessori: tutto è costruito ancora una volta attorno a un sistema di combo spettacolari che possono venir avviate con speciali mosse opener seguite da Auto-double, input che allungano la combo a dismisura, e interrotte in seguito dall’avversario. Il nemico può bloccare la serie usando le Combo-breaker, mosse specifiche che le spezzano in certi stadi, e ogni personaggio presenta anche colpi capaci di linkare ulteriori combo o di concluderle con mosse finali che aumentano sensibilmente il danno. Ecco, fin qui è tutto piuttosto semplice, perché eseguire una combo in Killer Instinct è una passeggiata e tutti possono semplicemente sbattere la faccia sullo stick dopo un’opener e tirar fuori serie ben più lunghe di quelle viste in buona parte dei picchiaduro. Ciò che richiede abilità, qui, è l’utilizzo nel sistema delle Mosse Shadow, colpi speciali che rappresentano l’equivalente delle EX moves in Killer Instinct, rendono più arduo rompere le combo e aumentano di parecchio il danno, oltre all’uso delle mosse finali per chiudere una serie, che necessita di un discreto tempismo e porta la percentuale di danni ad aumentare a dismisura.
Not a waiting game
Non siamo davanti a meccaniche particolarmente complesse o difficili da legare tra loro, ma un giocatore abile imparerà da subito a usare sempre la mossa giusta al momento giusto, mentre un utente random tenderà a godersi la raffica di bordate schiacciando a casaccio i tasti, per imparare poi gradualmente a utilizzare le chicche del sistema guidato dal tutorial e dalle botte prese online.
Insomma, il combat system è accessibile, molto più accessibile della media, ma non significa che sia malvagio. In particolare abbiamo apprezzato la distinzione tra i vari personaggi, che ora non sono tutti semplicemente dei rushdown offensivi con una manciata di modi per far partire una combo dalla distanza, ma sono stati inseriti in categorie precise, e vantano un “gioco neutrale” nettamente più complesso e vicino a quello visto negli ultimi Street Fighter. E’ tutto leggermente meno rifinito, con cross-up (mosse che possono colpire dal lato opposto e sono quindi difficili da prevedere e parare) molto più prevedibili e opzioni leggermente più limitate, ma la velocità d’azione nettamente maggiore rende il tutto più frenetico ed esagerato, dando un tocco di unicità a Killer Instinct che non fa mai male.
In generale, il lavoro di Double Helix non ci ha dato l’impressione di essere un picchiaduro particolarmente tecnico, ma è divertente, cattura lo spirito della serie su cui si basa, e potrebbe essere discretamente ben bilanciato vista la scarsità del roster iniziale.
Ecco, la sua principale debolezza è proprio il roster, perché in un mondo dove i combattenti tendono ad aumentare di titolo in titolo, presentarsi con soli otto guerrieri potrebbe stranire molti videogiocatori. Si vedrà se in futuro quest’opera avrà abbastanza successo da giustificare una season two di guerrieri, o addirittura una terza tornata piuttosto nutrita.
Tecnicamente il gioco è molto apprezzabile: i restyle sono ben fatti, i modelli piuttosto dettagliati, le arene suggestive e gli effetti particellari delle mosse sicuramente spettacolari. Inoltre tutto si muove a 60 frame per secondo, un must per un picchiaduro che non è più poi così certo come in passato.
– Gameplay accessibile e frenetico, con qualche sensibile miglioramento
– Azione velocissima e spettacolare
– La limitazione del roster può favorire il bilanciamento
Il sistema del nuovo Killer Instinct riprende molti elementi apprezzati nei suoi predecessori, ma sembra esser riuscito a migliorarne nettamente alcune meccaniche invecchiate male. Nel complesso, i Double Helix sembrano aver puntato molto sull’accessibilità del sistema, creando un gioco che è sì stratificato, ma non pare richiedere un tempismo robotico per eseguire serie devastanti e tende a concentrarsi di più sulla frenesia dell’azione. Può funzionare, ed è riuscito a divertirci durante la nostra breve prova. In poche parole: ci aspettavamo peggio.