Spesso si sono riempite pagine e pagine di forum, cercando la linea di demarcazione tra videogioco ed arte. Infiniti fiumi di parole che si sono rivelati privi di un affluente principale, un elemento tanto oggettivo da poter orientare i pensieri dei videogiocatori da un lato o dall’altro. Sicuramente mossi dal dio denaro, le case di sviluppo fanno di necessità virtù, sottomettendo parte del proprio estro per seguire il maggior richiamo in termini di vendite. Fortunatamente però ci sono titoli che fanno pendere l’ago della bilancia a favore dei più poetici, dei più sognatori, di quelli che vedono una sorta di “magia” dietro al nostro medium preferito. Flower per queste persone è stato un ottimo “corroborante” del loro pensiero. Un gioco/non gioco che ha decisamente “ispirato” gli animi di tutti i fortunati che lo hanno provato, offrendo paradossalmente una esperienza di un grado qualitativo inversamente proporzionale all’effettiva giocabilità del titolo, ridotta decisamente all’osso. Gli stessi sviluppatori tentano di ripetersi con il loro nuovo progetto, Journey, nella speranza di suscitare le stesse emozioni del fortunato predecessore, veicolando stavolta un messaggio diverso.
Fiore del desertoIn Flower troviamo fin da subito il senso dell’intera produzione: caos, rumori, vociare di una cupa e grigia città opposti all’essenza della natura, sublime e familiare. Ci ricordiamo della bellezza di ciò che ci circonda? Di quella tanto bistrattata oasi verde che sta occupando sempre meno posto nel nostro mondo abitato? Sappiamo apprezzare il gusto del silenzio, del ritmo pacato, della vera essenza di questo pianeta? Un titolo per certi versi estraniante, che conduceva il giocatore a guardare sotto altro occhio la propria vita di tutti i giorni. Muovere un petalo, questa era la richiesta massima pretesa al giocatore che probabilmente si presentava con lo stomaco in brontolio per aver digerito pietanze di altra portata. In Journey invece il messaggio da veicolare è diverso e, per certi versi, ancora da comprendere a fondo, oppure volutamente enigmatico. C’è chi l’ha definito un viaggio religioso, chi invece pone le basi sulla socialità. Più probabile una ricerca del proprio IO interiore. In altre parole ci si ritroverà in mezzo ad una pianura desertica, con lo scopo di raggiungere una lontana montagna illuminata da una luce. C’è la volontà di trasmettere un po’ la solitudine degli uomini, ma anche la possibilità per questi ultimi del riscatto, rappresentato dalla succitata luce, che potrebbe tanto stare a significare un “faro” di riferimento, quanto lo scopo della vita di ognuno di noi, e quanto siamo disposti a metterci in gioco per il suo raggiungimento. Come vedete, svariate sono le teorie tirate in ballo, che possono essere vere in parte o, perché no, nella loro interezza.
Il medium è il messaggioCiò che è certo, è che Journey si rivelerà come il titolo maggiormente “giocabile” secondo i classici canoni rispetto ai suoi predecessori. La sabbia infatti sarà l’elemento cruciale in cui si snoderà l’intera vicenda: oltre ad essere quasi esclusivamente l’unica cosa che vedrete in termini di ambientazioni, sarà anche possibile manipolarla o usarla per i propri fini. Gli sviluppatori a tal proposito non si sono ancora chiariti del tutto, ma ad esempio sarà possibile utilizzare le particolari caratteristiche delle varie dune per i propri benefici “platform” oppure estrarre materiale dal terreno per agevolarsi il cammino, o ancora indossare particolari vesti o accessori che permettono un diverso approccio all’intera sezione. Insomma, come avrete capito in Journey ci saranno svariati parametri da tener conto. Non ultimo la modalità multiplayer, che sarà abbastanza atipica rispetto a quanto siamo stati abituati a vedere in altre produzioni. Qui sarà possibile avere a che fare con solo un giocatore alla volta, per di più non identificato/identificabile: per comunicare con lui avremo a disposizione solo elementi disegnati sulla sabbia. Una scelta “mcluhiana”, che lascerà a libera discrezione del vostro compagno virtuale un aiuto o meno. Insomma, si conferma la volontà di far affidamento semplicemente sulle proprie forze, con la volontà un tantino cinica di testare il grado di disponibilità del prossimo a togliervi dagli impicci e permettervi di raggiungere la tanto agognata cima del monte. Ci si sente comunque sempre piccoli, forse anche impreparati, per il grande traguardo da raggiungere. Ma in fondo la metafora è perfettamente adatta alla vita di tutti i giorni che spesso ci mette dinnanzi a prove apparentemente insuperabili che mettono sotto analisi le nostre abilità di risolverle.
– Affascinante già dalle immagini
– Spessore delle tematiche trattate
– C’è anche l’online
I diretti antenati di Journey non hanno bisogno di presentazioni, avendo toccato con estrema semplicità (ma altrettanta profondità) i cuori di tantissimi videogiocatori. Quindi questo nuovo lavoro dei ThatGameCompany parte già favorito, e come se non bastasse, le prime immagini e news rilasciate confermano quanto di buono avevamo ipotizzato. Journey ci sta affascinando parecchio, lo ammettiamo e siamo pronti a scommettere che ci ritroveremo di nuovo ad un poetico e struggente capolavoro. Restate sintonizzati con noi per ogni futuro aggiornamento